Parlano la nostra lingua. Non hanno bisogno di essere lavati, vestiti, cambiati, cullati, addormentati. Talvolta sono simpatici. Possono essere ottimi interlocutori capaci di pensieri elaborati e ragionamenti complessi. Sono esilaranti compagni di viaggio. Sanno leggere e scrivere anche se non sempre ne approfittano. Hanno buone idee e opinioni ferme. Alcuni esemplari amano cucinare e possono, se necessario, provvedere al proprio e all’altrui sostentamento con un piatto di pasta, delle uova sode o dei biscotti al cioccolato. Si può chiedere loro di fare la spesa, lavare i piatti o spazzare a terra (con risultati alterni). Hanno raggiunto un livello di empatia così elevato da riuscire a domandare «Come stai?» con interesse genuino. Se le circostanze lo richiedono possono addirittura prendersi cura del prossimo con inaspettata sapienza.
Quando i figli diventano grandi
Di recente ho avuto un periodo difficile. Ero preoccupata e di pessimo umore. Mio marito era lontano e coltivavo il mio sconforto sotto copertura, facendo finta di essere sana, perché i lati oscuri materni, pensavo, vanno tenuti nascosti. Mio figlio maggiore se ne è accorto e, con il silenzio ruvido e accogliente dei maschi, mi è stato accanto con commovente sollecitudine, portandomi per mano fuori dal tunnel. E ho realizzato appieno la bellezza di avere figli grandi, esseri pensanti e autonomi e non più botoli indemoniati e irrazionali. Perché l’età avanza per tutti, anche per loro, per nostra fortuna. E se possiamo legittimarci a rimpiangere ogni tanto la nostra primavera tonica e sfrenata, sono convinta che dobbiamo solo rallegrarci per esserci lasciate alle spalle quella terra insonne di maternità intensiva e di accudimento senza tregua.
Ricordi e fatiche della maternità
Ricordo un arrancare esausta dietro minuscole creature inarrestabili; ricordo la fatica del passeggino, dei pannolini, del corso di nuoto e degli incessanti «Perché?»; ricordo gli accompagnamenti forsennati di tre bambini a nido, materna ed elementari nell’arco degli stessi venti minuti; ricordo i «Voglio gli stivali e i guanti» in piena estate, i «Mamma mi scappa la cacca» in un pullman senza bagno, i «Non mi sento bene» il lunedì mattina, ricordo l’irresistibile tentazione di fingermi morta, come fanno alcuni animali in situazioni di estremo pericolo. Ricordo soprattutto il peso schiacciante del carico mentale e dell’indispensabilità.
Avremo nostalgia dell’infanzia dei nostri figli?
«Un giorno avrai nostalgia di questo periodo» mi diceva mia suocera quando il mio desiderio più torbido e inconfessabile era dormire una notte di sonno ininterrotto. L’adolescenza dei figli può avere picchi devastanti ma mai quanto la loro prima infanzia. L’interazione con creature parlanti e vagamente razionali è sempre preferibile. Quindi godiamoci la loro indipendenza, il piacere di una conversazione, il brivido di ridere insieme e la consapevolezza che con noi, diventano grandi pure i figli.