Le madri sono considerate più “amichevoli”, i padri più “problematici”. Ma, soprattutto, i figli considerano sempre di più la madre come una figura autorevole. A dirlo sono i risultati di una ricerca, condotta dalla Fondazione Foresta Onlus, che ha indagato come il contesto familiare influisca sui giovani. «Aumentano le famiglie monogenitoriali, anche a causa del maggior numero di separazioni. Ma mentre si presta molta attenzione alle norme che regolano assegni di mantenimento e tempi di visita dei figli con i genitori, si sottovalutano le ricadute psicologiche sui ragazzi, che devono riorganizzare la propria idea di famiglia», spiega Carlo Foresta, già professore di Endocrinologia all’Università di Padova e presidente della Fondazione Foresta Onlus.
I padri perdono autorevolezza?
«Agli occhi dei figli l’autorevolezza di un padre separato si dimezza (dal 45 al 23% nei maschi, e dal 30 al 15% per le femmine); il rischio di apparire indifferente aumenta di 2-3 volte, e di risultare problematico fino a 4-5 volte rispetto ai padri coniugati. Questa svalutazione sembra più intensa nei figli maschi, per i quali crolla il padre come figura di riferimento autorevole», spiega Foresta. Dallo studio emerge il peso della separazione, che porta in genere i figli a cercare autorevolezza proprio nella figura materna.
La madre diventa più autorevole dopo la separazione
Da anni impegnata nell’analisi dei comportamenti dei giovani, la Fondazione nel 2024 ha voluto chiedere ai ragazzi come percepiscano «il ruolo genitoriale all’interno della famiglia, tra amichevole, autorevole, indifferente e problematico, distinguendo tra madre e padre», premette Foresta, che spiega: «Complessivamente la figura materna è vista più frequentemente come amichevole (51,8% vs 44% dei padri). Per le ragazze quella paterna è invece più spesso percepita come problematica (10% vs 5% dei coetanei maschi). Ancora più marcata è la differenza nel ritenere autorevole il ruolo paterno: lo è ancora per il 42,2% dei maschi, ma solo per il 27,7% per le femmine».
Perché le madri diventano più autorevoli rispetto ai padri?
A crescere in autorevolezza, quindi, è la madre, che diventa figura di riferimento per metà dei ragazzi (50%) e per circa un terzo delle ragazze (32,8%). «È quasi una reazione obbligata, visto che il 90% vive con la madre. Le reciprocità tra genitori viene meno: il padre si riduce a colui che deve sopperire agli obblighi economici o a quello, per me terrificante, di “dover” vedere i figli un weekend ogni due. Il risultato è vedere molto spesso i padri in pizzeria o al ristorante col figlio o la figlia adolescente, senza dialogo, quasi “costretti” a stare insieme, ma magari ciascuno davanti al proprio cellulare», osserva Foresta.
Padri in crisi: in realtà manca una nuova idea di famiglia
In una società che cambia, dove aumentano le separazioni o le nuove forme familiari (magari monogenitoriali), Foresta sottolinea come finora «non abbiamo saputo proporre un’alternativa di famiglia, ma organizzazione esclusivamente normativa: è stato stabilito chi e quanto occorre pagare come assegno di mantenimento, o a quanto tempo di frequentazione ha diritto ciascun genitore. Le norme servono, certo, ma queste non sono famiglie: mancano troppo spesso il dialogo, la partecipazione, l’esempio». «Non si possono attribuire colpe per questo, ma forse abbiamo trascurato le conseguenze di questi cambiamenti sociali e ora è il momento di occuparsene. Le famiglie oggi non sono più quelle del passato, anche anagraficamente», osserva ancora l’endocrinologo.
Genitori più vecchi e meno dialogo
«Oggi i genitori sono mediamente più “adulti”, a livello anagrafico. Rispetto al 2005, quando il progetto è partito, è quadruplicata l’età media dei genitori: quando il ragazzo ha 18 anni la madre ne ha in media 50,7, il padre 54. È come se fosse saltata una generazione tra genitori e figli. Inoltre aumentano i figli unici e un ragazzo ogni cinque ha genitori separati o divorziati. Questo porta a un sempre maggiore isolamento familiare e a un processo di destrutturazione del modello patriarcale», fa notare Foresta.
Il modello patriarcale sta scomparendo?
«Se chiediamo oggi a un ragazzo cosa intenda per figura maschile, in genere la associa a caratteristiche come “potenza”, “capacità”, “volontà” e “tenacia”, quindi caratteristiche che rimandano a un immaginario antico e patriarcale. Ma nei fatti quel modello è tramontato o almeno non è associato alla figura reale del padre. Lo stesso accade per la figura femminile: viene descritta come “dolce”, “delicata” e “attenta”, mentre la madre oggi ha cambiato il suo ruolo, accrescendolo e diventando nella gran parte dei casi la vera figura di riferimento – spiega Foresta – C’è, insomma, una dissociazione tra l’immaginario e la realtà».
Pro o contro la famiglia patriarcale?
«L’affrancamento da un’idea patriarcale di famiglia è spesso desiderabile e necessario. Tuttavia, le conseguenze di questo cambiamento possono influire sui figli. La nuova famiglia monogenitoriale talvolta porta indipendenza economica per le madri e per i loro figli. Un’altra caratteristica che abbiamo notato è che spesso questi ragazzi hanno maggiore disinvoltura di comportamenti: a volte fumano di più, anche marijuana, o hanno una maggiore e più precoce attività sessuale. Tutto ciò non è necessariamente negativo, se lo si intende come maggiore apertura alle esperienze della vita», ma, come sottolinea Foresta, «si rende indispensabile ragionare anche sui possibili effetti negativi: spesso questi giovani hanno maggiore insicurezza emotiva, chiedono più aiuto psicologico e assumono più psicofarmaci».
Più attenzione ai bisogni dei giovani
«Alla luce di questi dati e analisi è indispensabile tornare a ragionare sulle dinamiche simboliche, psicologiche e sociali che si innescano all’interno delle famiglie contemporanee, che sono in evoluzione. Tutto questo rimescolamento strutturale rischia di perdere di vista un obiettivo centrale: il benessere delle generazioni di domani e un senso di continuità armonica tra le diverse generazioni. Se si sta abbandonando un sistema di valori patricentrico e patrilineare, dobbiamo allora domandarci: qual è la nostra visione del futuro? Speriamo che con queste analisi, condotte con l’ASL di Lecce, l’Università del Salento, l’Università Pegaso, valide a livello nazionale, si possa stimolare una riflessione da parte di sociologi, psicologi e psichiatri», conclude Foresta.