Si sente spesso parlare di logopedia e, a volte, i genitori restano spaesati quando viene consigliato loro di portare i figli dal logopedista. Poi, vi sono quelle mamme e quei papà preoccupati perché il piccolo non parla oppure distorce le parole e i suoni. Abbiamo intervistato la dott.ssa Anna La Guzza (psicologa e direttrice di Amamente, Centro Psicologico e Logopedico a Milano), per fare chiarezza sul concetto di logopedia, sui suoi obiettivi e sulle sue modalità.
Cos’è la logopedia
La prima domanda che abbiamo posto alla dott.ssa La Guzza, riguarda proprio lo stesso significato di logopedia e i suoi campi di applicazione.
«La logopedia è la branca della medicina che si occupa di studiare il linguaggio e le sue eventuali problematiche. Non sempre, infatti, l’apprendimento del codice linguistico è per il bambino un percorso semplice e senza ostacoli, a volte possono esserci difficoltà, ritardi o intoppi che solo la logopedia e i suoi specialisti possono aiutare a riconoscere e a superare, grazie all’ausilio di specifiche strategie. Il logopedista, in équipe multidisciplinare, può intervenire nei percorsi di abilitazione neuropsicologica qualora siano presenti disturbi specifici di apprendimento, come la dislessia » spiega l’esperta.
«Il logopedista è, infatti, il professionista sanitario che si occupa della prevenzione, della valutazione e della riabilitazione dei disturbi della voce, della comunicazione, del linguaggio in età evolutiva, adulta e geriatrica attraverso programmi riabilitativi individuali o di gruppo. Il suo principale compito è proprio quello di potenziare il linguaggio, correggendo difetti di pronuncia o veri e propri disturbi legati alla verbalizzazione» continua la dott.sa La Guzza.
L’esperta specifica, inoltre, che le problematiche più comuni dell’età evolutiva riguardano principalmente i ritardi dello sviluppo del linguaggio, i difetti di articolazione e di pronuncia, la povertà lessicale e inerente alla strutturazione della frase o alla narrazione (scritta e orale). Ma non solo, in età evolutiva possono anche presentarsi problemi organici di deglutizione deviata, detta deglutizione atipica.
Campanelli d’allarme
Abbiamo poi chiesto alla dott.ssa La Guzza, quali siano i segnali rintracciabili in età evolutiva, che possano rendere necessario l’intervento da un logopedista.
«L’apprendimento del linguaggio è un processo molto soggettivo. Le linee guida ci dicono che un bambino di due anni dovrebbe saper pronunciare dalle 100 alle 200 parole circa, oltre ad alcune frasi semplici. Se il piccolo per esempio pronuncia meno di 50 parole, è consigliato un controllo per intercettare precocemente, e superare, eventuali difficoltà» spiega l’esperta.
«Un bambino di 4 anni invece, oltre a comunicare regolarmente e chiaramente, dovrebbe riuscire a pronunciare correttamente tutti i suoni della lingua. Se così non è, diventa opportuno chiedere l’intervento del logopedista. In linea generale, possiamo affermare che molti bambini “parlatori tardivi” recuperano spontaneamente eventuali difficoltà, collocandosi tra i tre e i quattro anni nella media per competenze verbali. Una piccola parte di essi invece ha bisogno di un aiuto esterno, senza il quale potrebbe maturare un ritardo del linguaggio e/o un conseguente disturbo del linguaggio (che sarà possibile determinare con esattezza attorno i 3-4 anni di età). Un intervento di consulenza o potenziamento precoce può, in alcuni casi, servire a prevenire difficoltà future che diversamente verrebbero diagnosticate tardi» continua la dott.ssa La Guzza.
Come funziona la logopedia
In pratica, in cosa consiste la logopedia? Abbiamo domandato all’esperta quali siano le modalità d’intervento del logopedista e come lo specialista, poi, interagisca con educatori e insegnanti.
«Le sedute dedicate ai bambini sono molto divertenti e utilizzano lo strumento del gioco. Grazie alla collaborazione dei genitori (che possono essere coinvolti per poter apprendere gli esercizi per casa), è possibile recuperare in breve tempo le difficoltà» afferma la dott.ssa La Guzza.
«Il logopedista fa “da ponte”, ovvero fornisce a educatori e insegnanti informazioni cliniche, strumenti pratici e strategie per permettere al bambino di affrontare e superare le difficoltà che incontra nell’apprendimento e nella comunicazione, valorizzando i suoi punti di forza» continua l’esperta.
«A tal proposito, Il logopedista può produrre una relazione senza fini diagnostici ma esclusivamente valutativi. Grazie alla collaborazione in équipe con figure abilitate alla diagnosi dei disturbi del linguaggio (psicologo e neuropsichiatra infantile), sarà possibile intraprendere un percorso di valutazione neuropsicologica, che potrebbe produrre una certificazione valida per la scuola» conclude la dott.ssa Anna La Guzza.
L’esperta sottolinea, dunque, l’importanza di rivolgersi a centri abilitati e competenti, in grado di identificare precocemente possibili difficoltà e sostenere la famiglia nel suo complesso.