Una scienzata, una pedagogista ambiziosa e rivoluzionaria, l’inventrice di un metodo di apprendimento che ancora oggi, a distanza di un secolo, seguono migliaia di bambini in tutto il mondo. Vanta anche alunni d’eccellenza: da Jeff Bezos ai fondatori di Google Larry Page e Sergey Brin, da Taylor Swift al principino George. Ma Maria Montessori è stata anche una fervente femminista e una madre che ha sfidato le contraddizioni del suo tempo. Una Nouvelle femme, come il titolo del film appena uscito che racconta il suo lavoro iniziale con i piccoli disabili psicofisici: protagonista Jasmine Trinca, diretta da Lea Todorov.
Maria Montessori, dalla volontà di ferro
«Per una donna di fine ’800 non bastava essere brillante e talentuosa, era anche necessario avere una volontà di ferro, una determinazione incrollabile e un sogno di successo che superava il comune» ha detto la regista, affascinata dalla storia privata dell’educatrice così come dalle sue teorie didattiche che al tempo ne fecero una vera celebrità.
Marchigiana, nata nel 1870, Maria Montessori fu una delle prime donne a laurearsi in Medicina in Italia: si specializzò in neuropsichiatria infantile e divenne direttrice dell’Istituto ortofrenico di Roma, dove conobbe il padre di suo figlio Mario, nato in segreto fuori dal matrimonio e affidato a una famiglia di campagna. Il film affronta questo spartiacque fondamentale nella vita di Maria Montessori: il rifiuto di sposarsi per non sottomettersi alla legge patriarcale dell’epoca, la necessità di essere indipendente, la scelta di privilegiare la missione che sentiva di dover seguire – “liberare l’infanzia” – rispetto alla maternità.
Dopo l’ostruzionismo del governo fascista (che prima approfittò della sua fama e poi bandì i suoi istituti), la scienziata nel 1934 decise di andare all’estero, dove il metodo trovò sostegno e si diffuse nel mondo. Morirà nei Paesi Bassi nel 1952, accanto a lei il figlio Mario, con il quale riuscì a ricongiungersi quando lui aveva 15 anni e che non lasciò mai più.
Un metodo ancora attuale
Da allora il metodo Montessori ha conquistato 22.000 scuole in 145 Paesi, la maggior parte in America e in Germania ma se ne contano anche in Mongolia, Messico, Nuova Zelanda. In Italia il numero è esiguo: ci sono circa 200 istituti tra nidi, scuole dell’infanzia e primarie, sia statali sia paritarie, che attuano la didattica differenziata. Dal 2021 il ministero ha autorizzato la sperimentazione anche nelle secondarie di primo grado. Nonostante la prima “Casa dei bambini” sia stata fondata nel 1907 nel quartiere San Lorenzo di Roma, sono circa 10.000 le famiglie che scelgono oggi questo percorso per i loro figli, ritenendolo nel 2024 ancora attuale, preferibile sia alla scuola tradizionale sia alle esperienze didattiche più all’avanguardia e iperdigitalizzate.
Maria Montessori, un metodo con i bambini al centro
«Perché il metodo di Maria Montessori è ancora moderno? Perché diversamente da altri giganti della pedagogia, Maria Montessori osservò da vicino i bambini. Era un medico, una neuropsichiatra di altissimo livello e capì in anticipo, senza gli strumenti diagnostici di cui disponiamo oggi, come funziona il cervello quando apprende» spiega Benedetto Scoppola, matematico, presidente dell’Opera Nazionale Montessori. «Le sue scoperte sono confermate dalle teorie neuroscientifiche degli ultimi 30 anni. Non usava test cognitivi, ma si era resa conto che ci sono aspetti comuni nell’apprendimento e che i bambini sono protagonisti assoluti di ciò che fanno e imparano».
Il metodo funziona ancora perché il cervello dei bimbi non cambia
Nelle classi Montessori ogni allievo è libero di scegliere l’attività del giorno e si prende il tempo che gli serve per imparare, «ma è un metodo direttivo che va guidato da insegnanti adeguatamente formati» continua il professor Scoppola. «I docenti devono essere in grado di ritrarsi davanti alle difficoltà degli alunni, devono avere fiducia che il bambino, quando è incuriosito da un tema, è in grado di risolverlo da solo. Il Montessori funziona nel 2024 come nel 1920 perché il cervello infantile non è cambiato, anche se siamo in società diverse. La scienziata diceva che le mani sono l’organo dell’intelligenza: ha capito che fino a 10 anni di età si impara tanto utilizzandole e ha inventato lei stessa dei materiali che portano a certi traguardi cognitivi. Ma ogni bambino è autonomo e sceglie il suo percorso: il gioco di parole è “non fa quello che vuole, vuole quello che fa”».
Maria Montessori, alla base del metodo c’è l’autoapprendimento
Tra le critiche mosse al metodo c’è proprio il timore che negli step scolastici successivi alla primaria gli alunni non sappiano stare al loro posto e partecipare a lezioni più classiche. Sorride Sabrina Crippa, responsabile marketing milanese, una figlia di 11 anni e un ragazzo di 15, socia fondatrice dell’associazione “Montessori Scuola pubblica” che da un decennio promuove la diffusione del metodo anche negli istituti statali.
«Da madre posso testimoniare che grazie all’autoapprendimento e all’autoproduzione i bambini vivono i concetti, non studiano in modo mnemonico, sono autonomi e responsabilizzati. Ora che il grande è al liceo, gli insegnanti hanno notato la sua apertura mentale, proprio quello che doveva essere l’obiettivo del percorso che abbiamo scelto per lui fin dalla scuola primaria». Sabrina è riuscita, con altri genitori “panzer” e con molta dedizione, a far attivare nel 2015 la seconda scuola Montessori pubblica in Lombardia, a Cinisello Balsamo, dopo quella di Milano.
L’iter è complicato: un gruppo di famiglie deve fare richiesta al dirigente scolastico, il collegio docenti deve approvarla, il provveditorato richiede l’autorizzazione al ministero e, se tutti sono d’accordo, si devono trovare e assegnare i docenti abilitati al metodo. Un viaggio tortuoso che spesso scoraggia, nonostante la crescente richiesta in tutto il Paese e gli sponsor illustri come il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, che sta promuovendo lo studio delle materie Stem fin dalla scuola dell’infanzia ispirandosi proprio all’idea montessoriana del “bambino naturalmente scienziato”.
Ora al cinema
Maria Montessori – La Nouvelle Femme racconta l’incontro della pedagogista marchigiana con Lily D’Alengy, parigina mondana, libera, disinibita e madre segreta di una bimba disabile. Un escamotage narrativo (Lily è un personaggio di finzione) utilizzato dalla regista Lea Todorov per raccontare gli esordi del metodo Montessori e l’amicizia tra due donne di primo ’900 entrambe in lotta per emanciparsi. Nei panni della protagonista c’è l’attrice Jasmine Trinca, che ha definito questo ruolo emotivamente duro. «Maria Montessori ha rinunciato alla maternità personale» ha dichiarato. «Ma la maternità può essere vissuta in varie forme, anche come desiderio».