Quando si scopre di essere incinta e si lavora, uno dei primi pensieri più pragmatici dopo aver fatto il test di gravidanza riguarda proprio la gestione della maternità all’interno del mondo del lavoro. Le normative in merito al congedo di maternità sono in continuo mutamento ma ancora non sembra si sia arrivati a “normalizzare” gravidanza e maternità rendendole condizioni assolutamente compatibili con la professione e la continuazione di una serena carriera lavorativa.
In Italia, nonostante alcuni passi in avanti del welfare, un test positivo di gravidanza può scatenare imprevedibili conseguenze sul posto di lavoro. Imparare a conoscere alla perfezione i propri diritti e non avere timore di farli valere, è il primo passo per vivere serenamente e consapevolmente la condizione di mamma lavoratrice e anche per aiutare la società e il mondo del lavoro a evolvere, diventando finalmente “civile”.
Cos’è il congedo di maternità
Si chiama anche astensione obbligatoria per maternità e si tratta di un periodo di assenza dal lavoro (determinato per legge nella sua durata, nonché nel suo inizio-conclusione) retribuito e riconosciuto obbligatoriamente prima e dopo la nascita del bambino (e con analoghe modalità in caso di adozione o affido) alle mamme lavoratrici.
Il congedo di maternità è obbligatorio in quanto si tratta di un diritto indisponibile. Un diritto indisponibile è un diritto a cui non si può rinunciare. In breve, anche se si sta benissimo e si potrebbe continuare a lavorare ininterrottamente fino al giorno del parto, per legge a un certo punto si è obbligate a stare a casa. Per quanto concerne al situazione italiana, le normative in merito al congedo di maternità non hanno subito particolari e incoraggianti evoluzioni in senso nordeuropeo con alcune piccole eccezioni (per esempio, introduzione di una sospensione del congedo di maternità in caso di ricovero del neonato).
Chi ha diritto al congedo di maternità
Ora vediamo chi può beneficiare del congedo di maternità. Hanno diritto al congedo: tutte le lavoratrici dipendenti e parasubordinate, le lavoratrici autonome, che lavorano a domicilio, in agricoltura, che hanno un contratto di apprendistato, le collaboratrici a progetto, le donne disoccupate, le socie lavoratrici presso società cooperative, le colf. Non tutte queste categorie, però, beneficiano del congedo di maternità nelle stesse modalità. Anzi, le differenze sono sostanziali e specifiche ed evidenziano quanti passi in avanti vi siano ancora da compiere in merito a tale materia.
A volte le donne sono disinformate riguardo ai loro diritti, soprattutto se lavorano con contratti non canonici oppure “nuovi”. Per questi motivi, è fondamentale informarsi in merito a ogni cavillo contrattuale relativo alla propria situazione professionale. Nel caso, è consigliabile affidarsi a un ente preposto (sindacato) oppure a un esperto in materia.
Durata del congedo di maternità
L’astensione obbligatoria per maternità dura in tutto cinque mesi ma può essere utilizzata secondo diverse modalità. La donna può scegliere se stare a casa i due mesi precedenti alla data presunta del parto (aggiungendo anche i giorni tra data presunta e data effettiva) e i tre mesi successivi al parto. Oppure, si può scegliere di lavorare fino a un mese prima della data presunta del parto e stare a casa i quattro mesi successivi al parto.
In quest’ultimo caso, perché sia possibile lavorare fino alla conclusione dell’ottavo mese di gravidanza, è necessario presentare un certificato medico che escluda la presenza di eventuali rischi per la salute di mamma e/o bambino. Ovviamente, se sopraggiungono imprevisti o malattia, è prevista flessibilità.
Casi particolari
Vi sono poi diversi casi in cui il congedo di maternità segue regole differenti ovvero quando la gravidanza o il parto presentano complicazioni o imprevisti. Per esempio, se il parto è prematuro la mamma dovrà aggiungere al congedo anche i giorni precedenti alla data presunta del parto. Se la gravidanza è gemellare, invece, non sono previste variazioni.
Nel caso in cui si verifichi un’interruzione di gravidanza dopo 180 giorni dall’inizio della gestazione, la donna ha diritto all’intero congedo di maternità (come se avesse partorito) ma può scegliere di tornare al lavoro anche prima che siano trascorsi cinque mesi.
In caso di adozione o affido, i cinque mesi previsti si utilizzeranno dopo l’ingresso del minore nella famiglia adottiva o affidataria. Nel caso la mamma affidataria o adottiva debba recarsi all’estero prima dell’ingresso del minore in famiglia per espletare le relative pratiche, tale periodo rientrerà nei cinque mesi di congedo di maternità.
Per usufruire del congedo di maternità, è necessario presentare domanda all’Inps e al datore di lavoro entro due mesi prima della data presunta del parto. Ricordiamo che in questi cinque mesi di congedo obbligatorio, la donna lavoratrice percepisce intera retribuzione.