Se manca la capacità di mettersi in discussione o di mettere in discussione la relazione stessa da parte di entrambi i membri o da parte di uno  di essi, ecco che si cerca d’individuare la soluzione più facile, quasi una bacchetta magica che tutto risolve: facciamo un figlio. Ma fare un figlio non risolve niente . Vediamo perché:
 

Sposta solo il problema nel tempo perché esaurita la fase della gravidanza e i primi anni di vita del bambino i problemi della coppia si ripresentano come prima se non addirittura accentuati.

– Quella di concepire un figlio potrebbe diventare una modalità ricorrente di risoluzione dei problemi. Ci sono coppie che in ogni fase di critica della relazione concepiscono un figlio. Questo avveniva soprattutto nel passato.

– Fare un figlio al massimo può rafforzare il legame di coppia genitoriale ma non quello di coppia coniugale che prescinde dalla presenza di figli.

– Se concepire un figlio è un desiderio solo di uno dei due componenti della coppia (di solito la donna) potrebbe legare l’altro a rimanere in coppia solo per un vincolo genitoriale e non coniugale.

– Ma la cosa più importante di tutti è che un figlio dovrebbe essere desiderato e non frutto di un momento di crisi della coppia. Col passare del tempo il figlio stesso potrebbe capire che la sua nascita doveva contribuire a salvare la coppia e non frutto di un amore. Si può immaginare come tale vissuto può avere ripercussioni psicologiche sul bambino e poi sull’adulto che sarà.

“….Il matrimonio moderno è soprattutto un’istituzione di salvezza e non di benessere. Ma gli psicologi, i consulenti matrimoniali, gli psichiatri ecc. continuano a ripetere che soltanto i matrimoni felici sono buoni matrimoni, ovvero che i matrimoni dovrebbero essere felici. In verità ogni percorso di salvezza passa anche per l’inferno. La felicità, nel modo in cui viene proposta ai coniugi d’oggi, rientra nella sfera del benessere e non in quella della salvezza. Il matrimonio è un’istituzione volta prima di tutto alla salvezza, per questo è così pieno di alti e di bassi; è fatto di sacrifici, di gioie e di dolori. Ciascun partner, ad esempio, prima o poi è destinato a scontrarsi con il lato psicopatico dell’altro, vale a dire con quel lato del suo carattere che non è modificabile e che tuttavia ha conseguenze dolorose per entrambi. Affinché il matrimonio non vada in pezzi, uno dei due partner deve arrendersi, e generalmente è proprio quello che nella relazione si dimostra meno psicopatico. Se uno dei due è emotivamente freddo, all’altro non resta che dimostrare in continuazione sentimenti d’amore, anche quando la reazione del partner è debole e spesso inadeguata. Tutti i buoni consigli che si danno alle mogli o ai mariti, del genere: “Questo non và bene, è intollerabile, una moglie/un marito non può lasciarsi trattare così”, sono perciò sbagliati e dannosi. Un matrimonio funziona soltanto quando si riesce a tollerare proprio ciò che altrimenti sarebbe per noi intollerabile.”

A.Guggenbuhl-Craig – Il matrimonio. Vivi o morti, Moretti e Vitale, Bergamo.