Il riconoscimento della paternità o maternità dei figli naturali è un procedimento complesso che permette al genitore biologico o naturale di vedersi riconosciuto legalmente come padre o madre. Riconoscere la paternità o maternità dei figli porta con sé conseguenze importanti che è importante conoscere.

L’accertamento di un legame di filiazione comporta vistose conseguenze, non solo, ovviamente, sul piano affettivo, ma anche sul versante giuridico. Basti pensare agli obblighi nascenti a carico dei genitori, tra i quali, quello di provvedere alle esigenze di vita del minore, al suo sostentamento e alla sua istruzione.

NIENTE ESAME DEL DNA SE IL FIGLIO NON E’ D’ACCORDO

Nell’intento di tutelare i figli naturali, il Legislatore ha, quindi, previsto la possibilità di giungere a un riconoscimento anche nel caso in cui ciò non accada spontaneamente, ovvero contro il volere del padre o madre che sia (art. 269 e seguenti del Codice Civile). Innanzitutto, è bene precisare che legittimati a promuovere un’azione giudiziale in tal senso sono direttamente il figlio, se maggiore di età, oppure, in caso di prole minorenne, il genitore esercente la potestà (o il tutore, previa autorizzazione del Tribunale).

In questa ipotesi, tuttavia, sarà necessario ottenere anche il consenso del figlio, se questi ha già compiuto sedici anni e dovrà, inoltre, ricorrere l’interesse del minore al riconoscimento. Di regola, tale ultima condizione viene ritenuta sussistente, salvo che emergano prove di gravi rischi per l’equilibrio affettivo e psicologico del bambino e per la sua collocazione sociale.   

Di recente, la Corte di Cassazione ha, infatti, stabilito che nemmeno la grande differenza di età tra il presunto genitore e la prole e l’intenzione del primo di non voler creare alcun rapporto affettivo con il figlio fossero di ostacolo al riconoscimento della paternità. La sentenza riguardava, nello specifico, il caso di un uomo anziano, sposato con tre figli, il quale, oltre a rifiutarsi di sottoporsi al test del d.n.a., aveva dichiarato chiaramente di non voler seguire ed educare il piccolo, nato da una relazione extraconiugale con una donna molto più giovane (sentenza Cass. Civ. n. 15158/2012).

Ciò premesso, la domanda di riconoscimento si propone con ricorso al Tribunale competente per territorio, secondo le modalità descritte dall’art. 737 del Codice di Procedura Civile.  In sede di giudizio, la prova della paternità o maternità – quest’ultima certamente più semplice da dimostrare – può essere fornita con ogni mezzo, tra cui, ad esempio, sms che attestino la presenza di rapporti sessuali tra le parti, tabulati telefonici o testimonianze comprovanti l’esistenza di una relazione tra madre e padre sino all’ammissione del diretto interessato.   

Tuttavia, la dichiarazione della madre e il solo rapporto tra questa e il preteso padre, all’epoca del concepimento, non possono ritenersi sufficienti a dimostrare la filiazione. Vero è che la problematica inerente all’ammissibilità delle prove utilizzabili può ritenersi ormai superata, data la rilevanza assunta, negli ultimi anni, dalle indagini ematologiche (prelievi del sangue) e dall’esame del d.n.a., visti gli elevati livelli di probabilità, vicini alla certezza assoluta, che queste prove consentono di raggiungere.

Oltretutto, nel caso in cui il soggetto dovesse rifiutarsi di sottoporsi al test genetico, spesso proprio perché consapevole della decisività del risultato, ciò consentirebbe al Giudice di presumere comunque la filiazione, e, quindi, di fondare la dichiarazione giudiziale solo su questo elemento (sentenza della Corte di Cassazione, I Sezione Civile, del 19.11.2012 n. 20235). In altre parole, un eventuale ingiustificato rifiuto opposto dal presunto padre ben potrebbe venire inteso come implicita ammissione di paternità.

Per quanto riguarda le conseguenze dell’azione giudiziale, va precisato che la sentenza che dichiara lo stato di paternità o maternità naturale produce tutti gli effetti del riconoscimento spontaneo (che decorrono dalla data di nascita del figlio), con i conseguenti diritti e doveri di genitore in capo al padre o alla madre naturale.  

Con il medesimo provvedimento che attribuisce alla prole lo stato di figlio legittimo, il Giudice può inoltre pronunciarsi anche in merito al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dello stesso. Infine, il genitore che, sino ad allora, si è occupato del sostentamento del minore potrà chiedere contestualmente che venga rimborsata la quota degli oneri gravanti sull’altro. Nella liquidazione della somma spettante, l’Autorità Giudicante potrà procedere con una valutazione equitativa, essendo generalmente difficile determinarne il preciso ammontare.

A cura dell’Avvocato Francesca Oriali