Per 1 giovane su 10 il primo rapporto sessuale arriva anche prima dei 13 anni. Eppure sul tema ci sono ancora molti dubbi e tanti tabù, soprattutto in famiglia. A dirlo sono i dati dell’Osservatorio Giovani e Sessualità, indagine condotta da Durex in collaborazione con Skuola.net. Un appuntamento che da oltre 6 anni mostra la fotografia delle tendenze di ragazzi e ragazze in tema di sessualità e che restituisce una fotografia chiara degli orientamenti nella fascia tra gli 11 e i 24 anni.

Sesso: si abbassa l’età della prima volta

Da tempo si parla di precocizzazione del sesso e il quadro fornito dall’indagine la conferma. «Da un punto di vista culturale, oggi le informazioni sono molto più accessibili e immediate, e i giovani hanno maggiore facilità nel venire a contatto con la sessualità, alimentando la curiosità naturale su questo tema. Tuttavia, il sesso continua a essere un argomento tabù nelle conversazioni familiari, spingendo i giovani a cercare un confronto tra coetanei o a ricorrere alle piattaforme online per esplorare e conoscere questo mondo», osserva Filippo Nimbi, Psicologo clinico, Psicosessuologo, Dottore di ricerca presso l’università di Roma La Sapienza e responsabile scientifico del progetto A Luci Accese di Durex.

Il sesso come performance fisica

Il modello di sesso più diffuso e stereotipato è quello della performance. «La pornografia mainstream ne è un esempio emblematico, spesso rappresentando il primo contatto che i ragazzi hanno con la sessualità. Un altro fattore cruciale è la carenza di educazione in tema di affettività e sessualità nel nostro paese, che invece potrebbe spiegare cosa sia la sessualità, aiutando i giovani a creare relazioni più sane e rispettose – spiega lo psicosessuologo – Invece sia i giovani che le loro famiglie sono spesso lasciati soli nel comprendere come vivere la propria sessualità e le relazioni, in un contesto culturale che promuove l’idea del “tutto e subito”, dove aspettare spesso è sinonimo di frustrazione o di esclusione».

Il sesso sempre più un tabù in famiglia

Nonostante i riferimenti sessuali sempre più numerosi ed espliciti nella società, di sesso in famiglia si continua a non parlare. Secondo l’indagine il 44,7% dei giovani non si sente a proprio agio nell’affrontare l’argomento con i genitori, il 32,4% non ne sente il bisogno, mentre il 15,1% non ne parla perché il sesso in casa è considerato un tabù. «Meno di un decimo dei giovani percepisce la famiglia come il principale interlocutore a cui rivolgersi per domande sulla sessualità. Questo dato è preoccupante, considerando che le famiglie hanno un ruolo fondamentale nel supportare i ragazzi nell’acquisizione delle informazioni e competenze di base per la loro salute», conferma Nimbi.

Perché si fatica a parlare di sesso

«Molti giovani non si sentono a proprio agio a parlarne, non ne sentono la necessità o considerano la sessualità un argomento tabù in famiglia. In particolare, il “non sentirsi a proprio agio” può riflettere sentimenti di imbarazzo o difficoltà nelle interazioni familiari». Una condizione che non è tipica solo dei giovani di oggi. Ma «ancora più allarmante è la percezione della famiglia come un luogo in cui la sessualità è un argomento proibito, fattore che può ostacolare la comunicazione, specialmente in situazioni di emergenza», sottolinea Nimbi, che aggiunge: «In questo, sono i genitori a doversi tirare su le maniche per iniziare un dialogo. È essenziale che a loro volta siano supportati e formati, senza sostituire loro né i loro valori, ma fornendo loro gli strumenti per comprendere e dialogare con i giovani su queste tematiche».

Genitori in imbarazzo

L’imbarazzo, però, riguarda anche madri e padri, nonostante i cambiamenti sociali rispetto ai modelli e alle dinamiche familiari del passato. Insomma, i genitori spesso si sentono più vicini ai figli (e in alcuni casi provano a instaurare persino rapporti di “amicizia”), ma se si tratta di parlare di sesso fanno un passo indietro. Quasi 1 su 3 (32,2%) non ha mai ricevuto domande sul sesso dai propri figli e il 19% prova vergogna e imbarazzo (7,6%), senso di smarrimento e impreparazione (6,2%), timore e paura (5,2%) se sono i figli a porre domande.

Le risposte arrivano da internet

Solo il 6,9% dei giovani, infatti, chiede informazioni in ambito affettivo e sessuale ai propri genitori, come indica la ricerca, mentre più della metà dei giovani (55,3%) consulta Internet per chiarire i propri dubbi. Non solo «i siti web istituzionali o sanitari (che sono fonti autorevoli e scientifiche), ma anche tutte le risorse online, dalle piattaforme social ai contenuti pornografici, cioè un vasto mare di informazioni spesso non filtrate, accessibili facilmente tramite uno smartphone anche dai minori. Il giovane, perciò, si trova di fronte tantissime informazioni senza una chiara guida su come riconoscere quelle più affidabili o meno. Un maggior accesso all’informazione, però, non garantisce automaticamente l’adozione comportamenti più salutari», sottolinea l’esperto.

Una “gara” senza emozioni

Il rapido cambiamento della società e dei mezzi di comunicazione nell’ultimo decennio segnano la differenza rispetto al passato: «Ad esempio, il sesso è uno dei tanti aspetti della vita che è sempre di più influenzato dal “culto della performance” che, in caso di fallimento, porta a senso di inadeguatezza o sfida, per sentirsi all’altezza degli altri. Ciononostante, un elemento che non è cambiato negli anni è il forte legame tra sessualità ed emozioni, specialmente per i giovani alle prese con le prime esperienze. L’ ansia, il desiderio misto a timore di vivere qualcosa di nuovo e la paura del confronto con l’altro sono sensazioni che da sempre caratterizzano le “prime volte” e rappresentano forse l’aspetto più autentico di tali esperienze», spiega Nimbi.

Il risvolto psicologico

Alle implicazioni psicofisiche di questo approccio, si aggiunge il fatto che le prime esperienze avvengono, come indica la ricerca, a un’età sempre più bassa. «La letteratura scientifica mostra ampiamente come un debutto sessuale più precoce sia connesso, ad esempio, a un maggior numero di esperienze sessuali non consensuali (violenza), gravidanze indesiderate, malattie sessualmente trasmissibili e altre patologie dell’apparato riproduttivo. Dal punto di vista psicologico, spesso non ci sono le conoscenze e le competenze psicoemotive necessarie per adottare comportamenti sessuali più sani e consapevoli», spiega Nimbi, che indica come conseguenze anche «un approccio più superficiale nei confronti dell’intimità fisica e delle relazioni, con poca attenzione agli aspetti emotivi e relazionali, vivendo il sesso anche come una “sfida”, come emerso da alcuni recenti fatti di cronaca».

Poca conoscenza e poca prevenzione

La mancanza di dialogo, di fatto, aumenta il rischio di conoscere poco e male il mondo del sesso, in particolare gli aspetti che riguardano la prevenzione. Il 37% dei giovani non ne ha mai parlato e il 23% lo ha fatto solo una volta. Non solo: meno di un giovane su due (44%) usa regolarmente il preservativo e solo il 4% ha ricevuto dai propri genitori indicazioni su come utilizzarlo. I più a rischio sono i giovanissimi tra gli 11 e i 13 anni, con solo 1 su 4 (26,5%) che lo utilizza sempre. Per questo emerge anche che uno strumento utile ad aumentare la consapevolezza potrebbe essere l’educazione sessuale nelle scuole, ritenuta importante per il 71,4% dei genitori e l’81% dei giovani.

Un aiuto a genitori e figli

Tra le altre iniziative che potrebbero supportare le famiglie ci sono programmi di educazione affettiva e sessuale, come A Luci Accese, promosso da Durex, che offre la possibilità di usufruire di una seduta gratuita con uno psicoterapeuta, in collaborazione con Serenis, centro medico online per il benessere mentale. Inoltre, in collaborazione con Edulia dal Sapere Treccani, polo Edtech dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Durex ha anche sviluppato un corso digitale di 4 video pillole. «I programmi di educazione sessuale comprensiva possono supportare i giovani nel posticipare il debutto sessuale, perché incoraggiano una riflessione critica su cosa significhi la sessualità e l’intimità con un partner, oltre a favorire l’ascolto del proprio corpo e delle proprie emozioni, aiutando così i ragazzi a individuare il “momento giusto” per vivere le prime esperienze sessuali», conclude lo psicosessuologo.