Gli smartphone e i tablet sono la salvezza dei genitori separati? A tutta prima è naturale affermare che facilitano molto la relazione fra il figlio e il genitore non collocatario, permettono al papà o alla mamma in questione di essere in contatto con il bambino ogni momento e, inoltre, offrono anche la possibilità di vedersi attraverso lo schermo.

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Da una parte si può quindi dire che lo smartphone abbatte la distanza fisica ed espande i limiti temporali entro i quali è costretta la relazione genitore – figlio e ciò naturalmente è da considerarsi un fattore positivo. Tuttavia un articolo di Arabella Watters pubblicato su Wired ha spostato l'attenzione su un altro aspetto della questione.

Secondo Clifford Nass, studioso della Stanford University, l'uso eccessivo dello smartphone (o di qualsiasi altro mezzo di comunicazione che possiamo definire multitasking) avrebbe anche delle ricadute negative e ciò in special modo sugli individui che dovrebbero, secondo il ragionamento fatto prima, trarne il maggior beneficio: i figli di genitori divorziati.

Il primo punto che viene messo in evidenza è il graduale sostituirsi o sovrapporsi della comunicazione attraverso mezzi tecnologici a quella genuina, face-to-face per capirci. In questo senso il vantaggio di poter raggiungere ovunque il proprio figlio è fiaccato dal fatto che i mezzi che rendono possibile questo contatto, come ad esempio lo smartphone, sono iper presenti, possiamo quasi dire che si intromettono, anche quando padre e figlio (o madre e figlio) trascorrono del tempo insieme.

Durante i giorni e le ore di visita infatti, parte del tempo viene speso dall'adulto ad esempio a controllare il cellulare, sottraendo istanti preziosi alla relazione. Mentre si è impegnati a rispondere o a scrivere sullo smartphone o simili, si interrompe il contatto visivo con il bambino e cala inevitabilmente l'attenzione nei confronti di ciò che in quel momento sta dicendo.

In questo senso la tecnologia invece di venire in aiuto della relazione diventa un vero e proprio distrattore. Secondo Clifford Nass infatti: "[i bambini] non evolvono, non apprendono la capacità di comprendere le emozioni se uno fa più cose contemporaneamente invece di prestargli attenzione"