L’ultimo libro di Stefano Zecchi, “Dopo l’infinito cosa c’è, papà?” fa bene: l’Autore, un padre d’eccezione, racconta con sorprendente tenerezza e un po’ d’ironia, cosa significa oggi crescere un figlio.
Stefano Zecchi insegna Estetica all’Università degli Studi di Milano, è romanziere, saggista ed editorialista, e – fra mille titubanze – è da poco diventato papà, all’età di 59 nove anni: un padre maturo, che confessa apertamente che suo figlio, “Frick”, è stato la vera sorpresa della sua vita.
Per il figlio, Zecchi è disposto a rinunciare a molto: impegni lavorativi che lo allontanano da casa e partecipazioni ai programmi televisivi: è più importante insegnare a pescare a suo figlio o guardare insieme le partite di calcio, tifando per il Milan.
In questo libro sorprendente, Stefano Zecchi racconta, attraverso la sua esperienza diretta, quale debba essere secondo lui il ruolo della figura paterna, in una società “mammocentrica”, e come affronta – ogni giorno – i piccoli e grandi interrogativi che suo figlio gli pone.
Ogni bambino chiede al proprio papà di spiegargli che cos’è la realtà, anche attraverso i suoi comportamenti quotidiani, e poi chiede sicurezza e protezione. Un padre però, dice Zecchi, deve insegnare anche a sognare, e poi a trasformare i sogni in idee, e le idee in realtà.
Un papà oggi, a differenza del passato, deve anche conoscere la tenerezza di un’educazione ferma; che non significa essere “mammo”, bensì sostenere l’autorevolezza delle regole senza caparbietà, appunto con dolcezza. Perché se la ragione ti aiuta a gestire le tue insicurezze è solo il cuore che ti consente di avvicinarti nel modo più sensibile alla creatura che hai messo al mondo.