Trasferimento figlio competenza Tribunale
Capita sempre più di frequente che un genitore, senza il consenso dell’altro, decida di trasferirsi altrove con il minore. Un comportamento di questo genere determina una violazione del regime di affidamento condiviso e risulta essere, pertanto, un atto illegittimo oltre che improduttivo di effetti giuridici.
Separazione: il trasferimento del figlio in un'altra città
La residenza del minore, da intendersi come il luogo in cui egli ha stabilito la sede principale dei suoi interessi ed affetti, rappresenta, infatti, uno degli elementi di fondamentale importanza per la vita del fanciullo. Ecco perché il luogo di residenza abituale dei minori deve essere stabilito dai genitori di comune accordo, e ciò anche nell’ipotesi in cui l’originario nucleo familiare sia venuto meno e nell’eventualità in cui sia stato fissato un regime di affidamento monogenitoriale.
Ciò detto, in situazioni come quella appena descritta, quale deve ritenersi l’Autorità Giudiziaria competente a decidere in ordine al regime di affidamento ed alle condizioni allo stesso connesse? Quello della vecchia residenza o quello del luogo ove il minore è stato trasferito?
Trasferimento del minore: la sentenza
La Corte di Cassazione ha stabilito che il luogo di residenza del minore deve essere individuato valutando tutti gli elementi che caratterizzano la sua esistenza, senza che si dia esclusiva rilevanza al solo aspetto anagrafico dell’avvenuta modifica formale della residenza o ancora del tempo trascorso dalla data dell’avvenuto trasferimento (Corte di Cassazione, sez. sesta civile, ordinanza del 5 settembre 2014 n. 18817).
Il caso oggetto della decisione trovava origine da un “contrasto” tra il Tribunale di Foggia e quello di Milano rispetto alla competenza a decidere un procedimento promosso da una madre ed avente ad oggetto la richiesta di affidamento esclusivo dei minori, di mantenimento degli stessi, di regolamentazione del diritto di visita paterno e di autorizzazione dell’iscrizione dei figli presso una scuola del capoluogo lombardo.
La donna nel proprio ricorso aveva precisato come il trasferimento da un comune della Provincia di Foggia unitamente alla prole fosse stato determinato dai ripetuti maltrattamenti subiti ad opera del convivente, aggiungendo che a seguito di ciò i propri figli avevano iniziato a frequentare stabilmente la nonna e la zia paterna ed erano stati iscritti presso un istituto scolastico del luogo.
La Suprema Corte, esaminata la vicenda, rilevava come dalla nuova collocazione abitativa per i minori fossero conseguite una stabilità oggettiva – da individuarsi nella circostanza che gli stessi, a seguito dello spostamento dall’originaria residenza pugliese alla città di Milano, avessero iniziato a frequentare con regolarità la nuova scuola – e una soggettiva – derivante dal miglioramento delle condizioni di vita della madre che si era allontanata dal padre nei confronti del quale aveva in precedenza sporto denuncia-querela per riferiti maltrattamenti e che qui aveva potuto trovare il supporto dei parenti più prossimi.
In sostanza, a giudizio della Corte di legittimità, la circostanza che con il trasferimento i minori avessero beneficiato di una solidità affettiva derivante dalla frequentazione della nonna e della zia paterna ed avessero costruito relazioni nel nuovo contesto scolastico e territoriale, doveva far deporre per l’esclusione della possibilità di rientro presso il precedente contesto territoriale e per la fissazione della dimora abituale dei piccoli presso la nuova residenza. In ragione di questi elementi la Suprema Corte ha annullato l’iniziale provvedimento di incompetenza territoriale emesso dal Tribunale di Milano, così chiamato a decidere in ordine alle domande avanzate dalla madre.