Il pezzo di carta è importante, per la formazione e per trovare lavoro. Ma non è detto che debba essere una laurea. Sono in crescita, infatti, i percorsi di formazione professionale e tecnici, ma anche creativi e artistici, che consentono di ridurre la durata degli studi e di ottenere una specializzazione più rapida, che apre a sbocchi lavorativi interessanti (e ben retribuiti), anche per le ragazze. Ecco quali possono essere e quali sono le indicazioni dell’esperta.

Meglio la laurea o la formazione professionale dopo il diploma?

La domanda madre è sempre la stessa: meglio la laurea o no? «Non posso che rispondere “dipende”. Dipende da che lavoro stiamo cercando. Per fare alcuni lavori è ovviamente necessario avere un titolo (es. il medico o il magistrato) e anche per avere posizioni di grande responsabilità spesso le aziende richiedono la laurea, ma c’è una ampissima fetta di mercato del lavoro che può essere soddisfatta avendo titoli che non necessariamente corrispondono a una laurea triennale o specialistica», spiega Cristina Polga, orientatrice professionale e consulente di carriera.

Non solo l’università per trovare lavoro

Per trovare un lavoro, dunque, non è necessario ottenere una laurea. «Per fortuna e da sempre esistono mestieri diversi. Il mondo ha bisogno di persone, capacità e competenze differenti e quindi servono i laureati, ma anche professionalità che emergono da altri tipi di studi, come quelli tecnici degli ITS o artistici delle accademie, per esempio – spiega la Polga – La cosa che mi preme sottolineare è che in assoluto non è meglio essere laureati, ma che tutti concorrono ad uno sviluppo – si spera sostenibile – del mondo».

I vantaggi di una formazione professionale e tecnica

Spesso l’ostacolo principale nell’obiettivo della laurea è la lunghezza del percorso di studi che, di contro, si trasforma in un vantaggio se si opta per una formazione professionale e tecnica: «Spesso in 2 o 3 anni la persona è pronta per cominciare a lavorare, mentre intraprendendo un percorso di laurea si va da minimo 3 anni a 5 o più, fino a 7 se si pensa di specializzarsi. Questo implica chiaramente anche un risparmio dal punto di vista dell’investimento economico di partenza», sottolinea l’esperta. «È anche una scelta più indicata per chi non ama stare sui libri, non ama lo studio teorico, ma preferisce sperimentare e mettersi alla prova dal punto di vista pratico».

Già pronti al lavoro con la formazione professionale

Esiste poi un altro aspetto positivo e invogliante per chi avesse intenzione di scegliere gli studi professionalizzanti: trattandosi di una formazione più specializzata, «le scuole professionali e tecniche formano persone già in grado di lavorare, che non hanno bisogno di essere formate dalle aziende – chiarisce Polga – Le aziende hanno spesso molto bisogno di personale qualificato già formato e quindi trovare lavoro diventa più facile e veloce rispetto a chi invece intraprende un percorso di laurea più generico».

Le retribuzioni senza laurea

Un dubbio riguarda spesso i compensi, a seconda della scelta: statisticamente chi ha una laurea in tasca si ritiene che abbia più probabilità di guadagnare di più, «però poi bisogna “spacchettare il dato” e chiedersi: che tipo di laurea? In che settore? In quale territorio? Insomma…la ricerca della retribuzione migliore diventa complessa», spiega l’esperta di orientamento, che aggiunge: «La specializzazione tecnica, come ad esempio quella acquisita in un ITS o in un buon centro professionale, possono portare a un’ottima retribuzione nel breve periodo e, acquisendo esperienza e continuando ad imparare – azione fondamentale per tutti, laureati e non! – anche sul lungo periodo. Io penso che lo stesso valga anche per la formazione di tipo creativo ed artistico».

ITS e formazione professionale

«L’alternativa all’università che sta diventando sempre più conosciuta oggi sono gli ITS (Istituti Tecnologici Superiori) ovvero istituti di formazione post-diploma che offrono percorsi di alta specializzazione tecnica di 2 anni in settori attualmente strategici, come l’automazione industriale, l’energia e la sostenibilità, l’agroalimentare, il turismo, l’Information technology fino ad arrivare all’Intelligenza artificiale. Un grande vantaggio degli ITS è la collaborazione con le aziende che poi garantiscono un altissimo tasso di inserimento lavorativo; la media nazionale si aggira intorno all’80%, per alcuni corsi e per alcune figure professionali particolarmente richieste dal mercato il tasso di occupazione arriva a sfiorare il 100%», chiarisce Polga.

Le altre scuole tecniche e artistiche

«Poi ci sono le scuole di Specializzazione tecnica, pubbliche ma più spesso private, per professionisti in campi specifici come design, moda, cucina, informatica e programmazione. Ad esempio, scuole di cucina per chef, accademie di bellezza per estetisti, o scuole di coding per sviluppatori software – prosegue l’esperta – Mi piace citare anche le Accademie di Belle Arti, le Accademie di Teatro e Cinema, le Scuole di Musical e Performing Arts, le Scuole di Design e Animazione, i Conservatori e le Accademie di Musica. Esistono poi i Centri di Formazione Professionale (CFP) o i percorsi di formazione professionale finanziati dalle regioni o dal Fondo Sociale Europeo. Si rivolgono a chi vuole acquisire competenze in settori specifici (meccanica, saldatura, amministrazione, informatica, ristorazione, estetica, edilizia, logistica, sicurezza, ecc.) e possono durare da poche settimane a qualche mese. Vengono spesso integrati con stage aziendali».

I lavori più richiesti senza università

Un’ultima alternativa, decisamente non didattica, è il sistema di apprendistato in cui le persone acquisiscono una qualifica professionale mentre lavorano. Ma quali sono le figure più richieste una volta terminati gli studi? «Senz’altro i mestieri tecnici. Molte aziende IT faticano a trovare informatici e sviluppatori. Questo settore si muove alla velocità della luce e c’è continuo bisogno di nuove risorse e nuove competenze. L’Intelligenza artificiale ha accelerato un processo che era già veloce in precedenza – spiega Polga – Ma anche i mestieri di cura come infermieri, assistenti sanitari, tecnici di laboratorio, operatori sociosanitari (OSS) sono sempre più richiesti e non semplici da trovare nel mercato del lavoro».

La possibilità di carriera anche nel digitale

Tornando al settore digitale, questo rappresenta uno dei campi in maggior espansione, come conferma l’esperta: «È uno dei settori in cui gli ITS e le scuole di Specializzazione tecnica stanno investendo di più. Ci si può formare, ad esempio, come Data Analyst, figura altamente richiesta che analizza e interpreta i dati per aiutare l’azienda a prendere decisioni strategiche; oppure è richiesto il Digital Marketer ovvero colui o colei che promuove prodotti e servizi online utilizzando i canali digitali; o, infine, come Web Designer / UX/UI Designer, cioè chi progetta l’aspetto visivo e l’esperienza utente dei siti web, creando interfacce funzionali, intuitive e per gli utenti».

I vantaggi per le donne

A proposito di donne, forse è arrivato il momento in cui si è sfatato (o si dovrebbe sfatare) il falso mito secondo cui i percorsi tecnici sono più adatti ai soli ragazzi: «La strada è ancora lunga, ma per esperienza noto che le ragazze che frequentano i corsi tecnici non solo sono molto brave, ma portano un approccio e una modalità diversa e nuova alle tematiche affrontate che non solo fa bene a loro, ma fa bene al mondo, oserei dire», osserva l’esperta.

Il consiglio alle ragazze

Dall’esperta, infine, alcuni consigli alle ragazze: «Mi piace citare un’amica e collega, Beatrice Trentanove, secondo cui “il mondo della sostenibilità e dell’energia, oggi abitato in gran parte da uomini, ha fortemente bisogno di un punto di vista diverso che sappia portare innovazione, senza considerare che l’urgenza climatica in cui versiamo non può permettersi di perdere metà della sua forza lavoro!”. Sono d’accordo. Inoltre, molti mestieri tecnici portano ad essere qualificate, assunte e ad avere una buona retribuzione, caratteristiche non sempre scontata per il genere femminile, soprattutto in alcuni territori e tessuti sociali. Quindi il mio invito alle ragazze è quello di guardarsi intorno, ascoltarsi, capire quali sono i loro interessi e le loro ambizioni e dimenticare i pregiudizi di genere, pensando che hanno tanto da dare e tanto da ricevere dal mondo della tecnologia, della sostenibilità, dell’innovazione».