Con l’arrivo dell’estate e le scuole ormai finite, è tempo di lavori estivi per i ragazzi, che possono cogliere l’opportunità di guadagnare con qualche impiego a tempo. Baristi, camerieri, ma anche bagnini sono solo alcune delle possibilità. Ma da che età si possono fare? Con che regole e retribuzioni? Lo abbiamo chiesto a due esperti. Ecco le indicazioni per capire anche se le offerte rispettano le norme in quanto a orari, giorni di riposo e pagamenti.
Lavori estivi per ragazzi: da che età possono iniziare?
È tempo di chiudere i libri per la maggior parte degli studenti. Ad eccezione di chi deve sostenere l’esame di Maturità, per molti altri il periodo estivo coincide con quello in cui è possibile svolgere qualche “lavoretto”. Occorrono, però, alcuni requisiti, a partire dall’età. «Il lavoro dei minori in Italia è sottoposto ad una tutela specifica finalizzata a preservarne la maturazione psicofisica. Un minore, quindi, che sia cittadino italiano o straniero può lavorare solo se ha compiuto i 16 anni di età e ha assolto il cosiddetto obbligo di istruzione». Spiega Carolina Casolo, consulente fiscale e previdenziale.
Attenzione all’obbligo scolastico
Se per lavorare occorrono almeno 16 anni, dunque, non bisogna dimenticare l’altro requisito obbligatorio, cioè aver concluso il ciclo minimo di studi dell’obbligo: «La legge prevede che almeno 10 anni di istruzione ed è obbligatoria a partire dall’anno scolastico 2007/2008», precisa Antonello Orlando della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro. L’obbligo di istruzione si assolve avendo frequentato per almeno 10 anni una scuola e avendo conseguito un titolo di studio di scuola secondaria superiore. Oppure una qualifica professionale di durata almeno triennale – aggiunge Casolo – Questo perché il minore che ha compiuto i 16 anni di età ma non ha assolto all’obbligo d’istruzione, per legge è tenuto fino ai 18 anni a conseguire una qualifica di durata almeno triennale per poter lavorare».
Quanto “conta” l’alternanza scuola-lavoro
C’è, però, anche un’altra possibilità. «L’ultimo anno per il completamento del dovere di istruzione ad un totale di 10 anni può essere assolto con l’apprendistato di primo livello (art. 43, D.Lgs. 81/2015) con un’età minima di 15 anni. La legge 53/2003 ha introdotto, al posto dell’obbligo scolastico, il diritto dovere di istruzione e formazione oppure alternanza scuola-lavoro. Si intende una metodologia didattica che consente agli studenti che frequentano le superiori di svolgere una parte del proprio percorso formativo presso un’impresa o un ente. Questo è possibile grazie a convenzioni con le imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza. Con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti pubblici e privati, inclusi quelli del terzo settore (turismo o servizi, NdR) disponibili ad accogliere gli studenti, di età compresa tra i 15 e i 18 anni», spiega Orlando.
Gli under 16 possono “lavorare” in programmi tv o pubblicità?
La risposta naturalmente è sì. «Si tratta di piccole attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo, pubblicitario e nel mondo dello spettacolo, previa autorizzazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro e dei propri genitori. Io, per esempio, ho molti clienti minorenni che sono attori per serie tv di NETFLIX canale KIDS». Racconta Casolo, che ricorda cosa è necessario per poter seguire questa strada: «Serve l’assenso dei genitori all’attività lavorativa; il via libera dell’Ispettorato del Lavoro a seguito di specifica richiesta. Infine, un certificato medico dell’ASL che attesti l’idoneità del minore allo svolgimento dell’attività lavorativa. Sarà poi l’Ispettorato del lavoro, una volta forniti tutti i documenti, a verificare la compatibilità e la possibilità per il ragazzo o la ragazza a lavorare. Non va dimenticato che sarà verificata anche la salute psicologica oltre che fisica», chiarisce Casolo.
Lavori estivi per ragazzi: quante ore possono lavorare i minori?
Ma esistono orari “speciali” e a quanti riposi si ha diritto? «I minori non possono essere adibiti al lavoro notturno, cioè tra le 22 e le 6 o tra le 23 e le 7, ad eccezione dei seguenti casi: – bambini addetti alle attività specificatamente consentite (culturali, dello spettacolo, pubblicitarie, sportive), purché entro il limite delle ore 24 e con diritto a riposo compensativo di almeno 14 ore consecutive; – adolescenti con 16 anni compiuti, ma in via eccezionale e per il tempo strettamente necessario se ci fosse un caso di forza maggiore che ostacola l’azienda e che impedisca che sia effettuato da adulti. Deve comunque essere compensato con un riposo equivalente entro 3 settimane e il datore di lavoro deve comunicare alla Direzione Territoriale del Lavoro i nominativi dei minori impiegati, le condizioni di forza maggiore e il numero delle ore prestate», spiega Orlando. In generale, invece, i minori possono lavorare al massimo 8 ore a giorno per un totale di 40 ore settimanali.
Quanto devono pagati e a che riposi hanno diritto i ragazzi?
A parità di lavoro i minori hanno diritto alla stessa retribuzione del lavoratore maggiorenne e più in generale a un adulto. «In caso di apprendistato è legittimato un sotto-inquadramento, per cui si può avere retribuzione riferita a livelli più bassi», risponde Orlando. Quanto al riposo, «i ragazzi possono lavorare al massimo per 4 ore e mezza consecutive (3 ore, per lavori pesanti, come previsto dal contratto di riferimento), cui deve seguire una pausa di almeno 1 ora (riposo intermedio). I quindicenni con contratto di apprendistato possono lavorare al massimo 7 ore giornaliere e 35 settimanali», spiega Casolo. Vanno poi assicurati due giorni di riposo a settimana, se possibile consecutivi e uno dei quali dovrebbe essere la domenica. «Per ragioni di ordine tecnico-organizzativo, si può ridurre il riposo che però non può essere inferiore a 36 ore consecutive – aggiunge Orlando. – Si può sostituire la domenica con un altro giorno nel caso di minori impegnati nello spettacolo, in attività culturali, pubblicitarie e sportive. Ma anche per gli adolescenti impegnati nel settore turistico, alberghiero o della ristorazione, nonché nelle attività artigianale di produzione di paste fresche alimentari (Min. Lav., interpello n. 45/2010)».