Multe, due notizie ci aspettano in questo inizio di settembre. La buona è che, in caso di accertamenti o notifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate, dal 1° settembre ci sarà la possibilità di “pagare meno”. Quella meno buona è che il cosiddetto “scudo anti-sanzioni” non sarà valido per tutti e in qualunque caso.

Si tratta, comunque, di una novità prevista dal decreto legislativo dlgs 87/2024 attuativo della delega fiscale (legge 111/2023), che riguarda la comunicazione di irregolarità o la notifica accertamenti da parte del Fisco. Qui tutte le informazioni utili per capire in cosa consiste, quando e come usufruirne.

Multe meno salate dall’Agenzia delle Entrate

L’arrivo di una comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate non è mai accolta con favore, ma in questo caso la sorpresa potrebbe essere meno amara. Dal 1° settembre, infatti, scatta il cosiddetto scudo anti-sanzioni, che prevede la depenalizzazione, e quindi multe più leggere, per le violazioni che i contribuenti fanno a causa di interpretazioni che si discostano da quelle ufficiali dell’Agenzia delle Entrate: parliamo quindi di circolari su tasse, imposte e dichiarazioni dei redditi emesse dall’Agenzia delle Entrate. Si tratta, insomma, di uno strumento che consente di “alleggerire” eventuali multe.

Cos’è lo scudo anti-sanzioni?

È, quindi, una sorta di depenalizzazione che riguarda le eventuali violazioni contestate dal Fisco, che potrebbero risultare non confermate e non “prova” di un reale comportamento fiscale errato da parte del cittadino. Il Fisco, infatti, pubblica periodicamente circolari e pareri contenenti precisazioni su tasse, imposte, dichiarazioni dei redditi e le interpretazioni da dare alle norme che man mano vengono emanate. Queste interpretazioni, però, non hanno forza di legge e in teoria non dovrebbero essere vincolanti. Le violazioni contestate, dunque, sarebbero solo teoriche e non indicano necessariamente comportamenti fiscali errati.

Per questo viene data la possibilità di non pagare le sanzioni aggiuntive a quei contribuenti che presentano una dichiarazione integrativa entro 60 giorni dalla comunicazione dell’irregolarità da parte dell’Agenzia delle Entrate, oppure quando il Fisco pubblica circolari con le quali precisa le norme di applicazione dei tributi. Ma quali sono i criteri e i beneficiari dello scudo? Qui tutte le risposte dell’esperto, Gianluca Massini Rosati, esperto in materia e presidente di Allcore spa.

Quando si applica, concretamente, lo scudo anti sanzioni?

«Una rapida premessa: il nostro sistema normativo è complesso, ci sono molti cavilli, e dunque ogni giorno gli Enti sono chiamati a interpretare le normative. In particolare, tra l’emanazione di una legge, come può essere una Finanziaria o un decreto, e la sua applicazione pratica nella consuetudine, può esserci un momento in cui sorgono dubbi interpretativi. A questo servono i documenti di chiarimento che periodicamente sono emessi, per esempio, proprio dall’Agenzia delle Entrate. Ma prima dell’uscita di queste circolari può capitare che si sia un buco normativo e il contribuente potrebbe agire interpretando la legge in un modo che poi si rivela differente da quello dell’Agenzia delle Entrate. Se ciò accade, sono previste multe che, grazie allo scudo, verranno invece meno», risposte l’esperto.

Lo scudo si applica solo in caso di errore del contribuente?

«In realtà no, perché non è detto che una notifica da parte dell’Agenzia significhi che il contribuente ha sbagliato. Può capitare che il Fisco notifichi quella che è la sua posizione, ma un cittadino può sempre essere convinto di essere nel giusto e può fare ricorso. In genere ci si adegua e si paga, ma con lo scudo si potrà pagare meno, perché ci si limiterà a liquidare l’eventuale differenza nella contribuzione, senza le sanzioni», chiarisce Massini Rosati.

Chi sono i beneficiari?

«Sono coloro che, specie nel periodo di vuoto normativo oppure di propria iniziativa, hanno provveduto a un pagamento sbagliando, però, l’interpretazione di una norma e non avendo la certezza di averla compresa correttamente. Sono dunque chiamati a integrare il pagamento secondo la circolare dell’Agenzia delle Entrate: se lo fanno entro 60 giorni si limiteranno alla differenza, senza le sanzioni. Facendo un esempio concreto: un datore di lavoro che abbia liquidato un TFR in modo non corretto, in buona fede, potrebbe ricevere la notifica dal Fisco ed essere chiamato a ricalcolare l’importo. Grazie al decreto non avrà spese aggiuntive».

Quali sono i requisiti per usufruire dello scudo?

«Sicuramente il fatto di provvedere al ravvedimento entro 60 giorni, ma anche l’aver agito proprio in buona fede, senza dolo accertato. Se un contribuente sapeva di doversi comportante in altro modo rispetto a quanto ha fatto, invece, non potrà usufruire della possibilità di pagare una “multa leggera”. Vale, ad esempio, se si sono utilizzati documenti inesistenti: l’Agenzia potrà disconoscere la possibilità di avvalersi dello scudo, mentre questo non sarà applicabile se il ravvedimento è fatto con dolo», spiega ancora Massini Rosati.

Quali sono le scadenze e le date di validità?

«Il provvedimento non è retroattivo ed è in vigore dal 1° settembre. Quindi significa che tutte le notifiche e le multe precedenti rispetto a questa data non possono rientrare sotto lo scudo e si dovranno continuare a pagare le sanzioni piene. D’ora in poi, invece, per ogni circolare emessa dall’Agenzia delle Entrate (e sono decine e decine all’anno) sarà possibile utilizzare questo strumento».

Ci sono limiti di importo?

«No, lo scudo vale come principio, non in base al valore dell’eventuale multa. L’unico discrimine fondamentale è relativo al dolo o meno. Volendo trovare un limite, questo riguarda il fatto che l’unica a valutare in confine tra la buona e cattiva fede è proprio l’Agenzia delle Entrate. È un aspetto discutibile del decreto, nato per ridurre i contenziosi, ma che rischia di alimentarne di nuovi», sottolinea il Presidente di Allcore spa.

Quali altri vantaggi per il contribuente?

«Un aspetto molto positivo è che il provvedimento appena approvato riduce effettivamente alcune sanzioni, ponendo un limite massimo: concretamente, finora potevano arrivare anche del 240%, cioè due volte e mezza l’importo. Poteva accadere, per esempio, in caso di infedele dichiarazione dei redditi o altre casistiche analoghe. Adesso la soglia massima è rappresentata dal 120%: questo è vantaggio non da poco», chiarisce Massini Rosati.

Quali sono le criticità?

«La più grande, a mio avviso, è rappresentata dal fatto che si affida all’Agenzia delle Entrate un potere legislativo che non le spetta, perché è solo del Parlamento. Il fatto che sia il Fisco a emettere circolari o documenti esplicativi non rientra tra i suoi compiti, che riguarderebbero invece la sola riscossione delle tasse – L’Agenzia, invece, di fatto si esprime sull’interpretazione delle norme, ma non è detto che lo faccia in modo sempre corretto, come dimostrano le numerose sentenze della Cassazione a cui alcuni contribuenti si sono rivolti in passato. Credo si tratti di una distorsione normativa», conclude l’esperto.