Raggirata da una cartomante e da due operai edili che hanno prelevato somme cospicue dai suoi conti, un’anziana milanese è stata nei giorni scorsi al centro di un’indagine della Polizia che ha condotto a tre arresti. Ma le vittime di truffe non sono solo signore indifese: appartengono a ogni categoria anagrafica e sociale, specie ora che gli imbrogli viaggiano anche online. Secondo una ricerca di mUp Research e Norstat, nel 2024 ben 2,8 milioni di italiani (+9% rispetto al 2023) hanno subito una truffa o un tentativo di frode nel commercio elettronico, per un danno complessivo di oltre 500 milioni di euro. Tra gli strumenti più utilizzati ci sono i finti siti web e le false email e oltre una frode su 4 è arrivata attraverso i social o le app di messaggistica istantanea.

I giovani sono le vere vittime delle truffe online

Insospettabilmente, a subire più di frequente tentativi di frode non sono gli anziani, bensì i giovani, forse per una mancata capacità di distinguere il vero dal falso tra ciò che circola in Rete. A fronte di una media nazionale del 6,7%, nelle fasce 25-34 e 45-54 anni, i raggiri riusciti superano l’8%. Non solo: le più colpite sono le persone con un titolo di studio universitario, tra le quali l’incidenza è più del doppio rispetto alla media.

«A dispetto dell’immaginario, molte volte a essere imbrogliati sono individui facoltosi, colti, che ricoprono ruoli importanti» dice lo scrittore Francesco Casolo, che per il suo nuovo romanzo Il truffatore (Feltrinelli) si è ispirato alla vicenda reale di un ex manager truffato da un operatore bancario. «Non va dimenticato, infatti, che il privilegio si può accompagnare alla solitudine e che le fragilità personali non risparmiano le persone di successo. Tutti noi abbiamo un punto debole e quando le difese si abbassano è più facile essere fregati». Lo dimostra anche il documentario L’impostore, in onda il 28 aprile su Sky Crime e in streaming su Now: ripercorre la vicenda di Alessandro Proto che, sotto le mentite spoglie di un uomo d’affari, ha ingannato mezzo mondo, comprese alcune star di Hollywood, prima di essere arrestato.

Non è ingenuità: ci truffano quando siamo fragili

«Nelle giuste circostanze chiunque può diventare un bersaglio» aggiunge Maria Konnikova, laureata ad Harvard e giocatrice professionista di poker, che alla fiducia malriposta ha dedicato il saggio The confidence game (Il gioco della fiducia, non ancora tradotto in italiano). «Non si cade nella trappola perché si è ingenui o avidi, cioè per un tratto della personalità, ma per uno stato mentale.

Siamo tutti più inclini a essere truffati quando siamo emotivamente vulnerabili e soli

È allora che ci facciamo impressionare dal gentile sconosciuto che si presenta con una soluzione facile, tendendo a soffocare quella voce interiore che ci mette in guardia». Inoltre, mentre quasi tutti si credono bravissimi nel capire quando qualcuno mente, la letteratura scientifica indica che rileviamo le bugie solo nel 54% dei casi: appena meglio del lancio di una moneta. Secondo Konnikova, succede perché ai fini evolutivi è vantaggioso fidarsi degli altri. Per esempio, se un neonato non si fida di chi si prende cura di lui e non mangia quanto gli viene dato, non sopravvivrà.

Il pensiero veloce ci rende ciechi di fronte alle truffe

Ciò premesso, a volte non ci accorgiamo della menzogna «perché attiviamo quello che lo psicologo Daniel Kahneman ha chiamato “pensiero veloce”» spiega Federica Sandi, psicologa e vicepresidente dell’Ordine delle psicologhe e degli psicologi del Veneto. «Un ragionamento, cioè, basato su scorciatoie logiche, semplificazioni ed emozioni. Questo sistema si attiva quando non vogliamo fare la fatica di approfondire o siamo presi da un senso di urgenza, legato a un’apparente occasione irripetibile o a un pericolo». Non a caso, l’emergenza della figlia o della nipote che ha avuto un incidente, e per la quale bisogna consegnare subito a un emissario tutti i soldi che si hanno in casa, è una delle truffe più diffuse.

«L’opposto è il pensiero lento che usiamo quando ci prendiamo tempo, studiamo una questione o adottiamo un approccio critico nei confronti delle parole altrui». È il ricorso al pensiero veloce che ci induce in errore: la rapidità ci spinge a selezionare solo le informazioni che confermano le nostre credenze o a vedere regole dove non ci sono, come nel caso di investimenti a rischio in cui, dopo iniziali guadagni, ci buttiamo a scommettere tutti i nostri risparmi.

La vergogna delle vittime e il potere di parlarne

D’altra parte, i manipolatori sono estremamente perspicaci nel leggere le debolezze altrui. E se spesso possiedono tre caratteristiche specifiche, ovvero narcisismo, psicopatia e machiavellismo, la personalità da sola non fa il truffatore. Come sottolinea Konnikova, molti soggetti con questi tratti diventano infatti avvocati o addetti al marketing… Quando però una persona priva di scrupoli incappa in qualcuno che “ragiona veloce”, ecco che succede il disastro.

Questa connivenza tra malvivente e truffato spiega perché quasi una vittima su 2, riferisce ancora la ricerca mUp Research e Norstat, sceglie di non denunciare l’accaduto. Il 16,9% non parla perché si sente uno stupido, il 9,2% perché non vuole che i familiari scoprano l’accaduto. «Le persone si vergognano dei loro abbagli e detestano sentirsi impotenti» argomenta la psicologa Federica Sandi. «Tuttavia denunciare è importante. Un truffato non dovrebbe pensarsi come un reietto della società, ma come qualcuno che, condividendo le sue disavventure, ha il potere di aiutare a neutralizzare i malintenzionati». L’avvertenza è ancora più valida oggi: nelle fasi di incertezza economica, le persone temono la scarsità futura di risorse e i truffatori sfruttano la paura promettendo guadagni mirabolanti. Se non possiamo vivere sospettando continuamente degli altri, è bene adottare comunque qualche accortezza.