Qual è il peso specifico di un insulto? Facendo un paragone azzardato potremmo dire che può superare quello dell’osmio, il materiale più pesante del mondo. Infatti, una volta lasciate libere di colpire, le parole d’odio sono in grado di fare danni devastanti, di lacerare, stracciare, atterrare.
A sottolinearlo è una sportiva eccellente, l’attaccante del Milan Deborah Salvatori Rinaldi, che in un’intervista esclusiva a DMNow ha commentato la sigla del Milan al Manifesto della comunicazione non ostile per lo sport, ideato dall’Associazione Parole O_Stili, che dal 2017 porta avanti un importante progetto di sensibilizzazione contro l’uso violento delle parole.
La sportiva è partita dai suoi esordi per ricordarci qualcosa cui dovremmo dare più peso: «Per arrivare fin qui ho fatto tanti sacrifici e ho affrontato difficoltà come la lontananza dalla mia famiglia, gli infortuni e molto altro. So quanto pesano le parole. E quando sono in campo ricordo che di fronte a me c’è una persona che ha solo una maglia diversa, ma che ha sicuramente fatto tanti sacrifici. E ha affrontato altrettante difficoltà, proprio come me».
Sì, perché è troppo facile lasciarsi andare quando si cerca di vincere. Ed è anche più facile diventare verbalmente violenti quando si tifa, quando si incitano gli atleti. Invece, dovremmo riflettere prima di emettere ogni suono.
A tal proposito, la Salvatori Rinaldi ci porta subito nel cuore del manifesto – che si concretizza in dieci semplici principi di stile a cui ispirarsi per ristabilire un contatto diretto, sincero e fondato sui valori nobili dello sport, così da evitare un linguaggio ostile nel tifo e nella comunicazione – specificando: «Mi ha molto colpito il principio numero 9 del Manifesto: Gli insulti non sono argomenti – Ricordo che lo sport è fair play: gioco leale. L’agonismo è confronto positivo, mentre l’insulto è debole, vigliacco, incivile. Aggredire è il contrario di competere. Questo perché sono stata educata a non giudicare le persone che mi circondano e i loro comportamenti. Sono infatti una persona prima di essere un’atleta».
Le parole dell’attaccante sono essenziali e sottolineano il fatto che il Manifesto della comunicazione non ostile per lo sport nasce proprio per ricordare che tutti siamo persone.
Che ognuna di noi ha le sue debolezze, la sua fragilità. E basta poco, davvero poco, per ingigantirle e farle diventare insostenibili. Dal 2017, Parole O_Stili, porta avanti un importante progetto di sensibilizzazione contro l’uso violento delle parole.
Un progetto che diventa sempre più necessario, considerando che secondo le ultime rilevazioni SWG, odio e falsità in rete rappresentano la normalità secondo il 71% degli intervistati.
Il fatto che uno dei più importanti club calcistici d’Italia si sia fatto portavoce del Manifesto, siglato dalla Presidentessa di Parole O_Stili Rosy Russo e dal CEO di AC Milan, Ivan Gazidis, è un messaggio notevole. Anzi, fondamentale.
Per dirla con le parole di Gazidis è «un importante passo nel percorso di consolidamento della responsabilità sociale del Club che, attraverso la campagna RespACT, mira a creare un ambiente sportivo più inclusivo, aperto e responsabile, ispirando tutte le componenti del settore verso un positivo cambiamento».
Un cambiamento positivo che deve venire anche dall’utilizzo consapevole della parola nel linguaggio quotidiano, soprattutto nel “campo di gioco” più frequentato del mondo: i social. Abbiamo chiesto a Deborah Salvatori Rinaldi come si comporta sulle sue pagine 2.0, e la sua risposta è stata esemplare:
«Cerco di trasmettere lo stile Milan, un grande club non solo a livello nazionale ma anche internazionale. Dobbiamo sempre essere consapevoli che i social non debbano essere usati con troppa disinvoltura: essere sé stessi, ma essere anche responsabili di quello che si dice, perché il commento può colpire inconsapevolmente una persona che sta affrontando le sue battaglie».
Infine, conclude la sportiva, «I social possono essere un’arma a doppio taglio, mentre noi abbiamo il dovere di amplificare solo le cose positive. Non è nel mio stile insultare in campo, cerco di evitare. Ma non sono per il mutismo, soprattutto quando si affrontano tematiche che colpiscono soprattutto le donne come il cat calling, il body shaming: tematiche che contrastiamo da anni».