L’ultima in ordine di tempo è stata Brigitte Nielsen, diventata nuovamente mamma (per la quinta volta) della piccola Frida a due settimane dal 55esimo compleanno. Prima di lei Heather Parisi, che a 50 anni ha dato alla luce due gemelli, Janet Jackson, che ha avuto il primo figlio, Eissa, a 50 primavere e Gianna Nannini, che ha accolto l’arrivo di Penelope da 54enne. Di recente, però, il fenomeno delle madri over 50 sta aumentando. L’età media della prima gravidanza continua ad alzarsi. I dati Istat (2017) dicono che in Italia l’età media delle madri è di 31,7 anni, quella dei padri di 35,3 e il nostro è il Paese dove la natalità è più tardiva, con una crescita delle mamme over 40.
La scienza, grazie alla fecondazione medicalmente assistita (FMA) e alla donazione di gameti, permette anche di conservare gli ovuli per poter procreare più in là nel tempo, magari dopo aver raggiunto un traguardo lavorativo agognato o anche dopo aver superato una malattia, in genere un tumore. Ma quali sono i rischi per le donne (e per il feto)? Oltre all’aspetto psicologico, gli esperti mettono in guardia su alcuni aspetti forse sottovalutati.
Sempre più “mamme-nonne”
Nel 2008 le mamme over 40 erano appena il 6,2%, ma già nel 2015 sono arrivate al 9,3%, con un trend in crescita, almeno quanto l’età in cui alcune donne decidono di diventare madri. Nel 2001 le cosiddette “mamme-nonne”, che avevano avuto figli dopo i 50 anni erano state 84, per diventare 264 nel 2012 e poco meno di 300 nel 2015 (Istat). Lo scorso novembre, poi, aveva scatenato polemiche il caso di una donna di 62 anni diventata madre dopo aver fatto ricorso alla procreazione assistita in Albania.
Esiste un’età limite in cui procreare?
“Il fatto di ritardare la gravidanza non ha a che fare solo con l’invecchiamento degli ovociti: il problema è che la gravidanza in età avanzata è molto complessa, sia da un punto psicologico sia per gli aspetti fisici. Le moderne possibilità di conservazione di ovociti o frammenti di ovaio possono essere molto importanti per coloro che, magari a causa di una malattia oncologica, perdono le fertilità. Ma occorre essere molto cauti” spiega il ginecologo Carlo Flamigni, accademico, scrittore di libri sul tema della fecondazione assistita e membro del Comitato Nazionale di Bioetica e del Comitato Etico dell’Università Statale di Milano.
Le difficoltà per il fisico di una gravidanza a 50 anni
La parola d’ordine è “prudenza”. Le legge prevede come limite anagrafico per accedere alla procreazione medicalmente assistita l’età di 43 anni, che però da tempo è stato superato in diverse regioni. In Alto Adige, ad esempio, si è arrivati a 46 anni, ma in Veneto anche a 50: “I 50 anni sono l’età limite al momento, nelle strutture pubbliche regionali, anche perché rappresentano l’età media della menopausa. Vanno tenuti presente, però, alcuni possibili effetti delle gravidanze ottenute con donazioni di gameti (femminili, dunque ovuli, ma anche maschili, ovvero sperma). In questi casi, generalmente la prima parte della gravidanza prosegue bene perché è legata soprattutto all’età dell’ovulo. Dal 7° mese in poi, invece, interviene l’utero: in una donna in età non più giovane la vascolarizzazione è inferiore, il feto rischia di non essere nutrito come sarebbe necessario, quindi il bambino potrebbe soffrire. La conseguenza è una maggiore possibilità di parti prematuri o cesarei, che non a caso sono molto aumentati” spiega l’esperto.
E per la donna? “Per la madre non vanno sottovalutate possibili malattie che subentrano col passare degli anni: occorre tenere presente eventuali problemi di ipertensione, obesità, malattie del rene, del fegato o del cuore. La gravidanza spesso scatena il diabete latente e il figlio di una donna diabetica potrebbe correre rischi seri. Non dimentichiamo, poi, che quando nasce un figlio occorre adattarsi alle sue esigenze di bambino, che stravolgono il ménage di una persona matura. Per questo è molto importante valutare ogni caso singolarmente” dice Flamigni.
Le 50enni di ieri e di oggi
Se pensiamo alle donne di 50 anni di un tempo, è inevitabile che ci sembrino più “vecchie” di quelle di oggi. Lo stile di vita, l’atteggiamento verso il presente e il futuro, il modo di affrontare la vita sono molto più dinamici e proattivi di un tempo. Ma questi cambiamenti sono avvenuti anche nel fisico? “Si chiama ‘paradosso femminile’: le donne oggi vivono un po’ più a lungo degli uomini, ma si ammalano di più. La genetica garantisce loro una salute migliore fino a una certa fase della vita, dopo la quale però la situazione spesso si inverte. L’attesa di vita, insomma, è migliorata, ma quella della salute no e ciò non va sottovalutato” spiega il ginecologo. “Chi, per esempio, decide di conservare parte del proprio tessuto ovarico per posticipare la gravidanza, deve tenere presente che, se avrà figli, tornerà ad avere anche un ciclo mestruale in un’età in cui generalmente l’attività ormonale si è spenta. Le implicazioni sono ancora in gran parte da scoprire. Anche nel caso degli uomini la scienza è impegnata nello studio delle paternità tardive. Nel frattempo, agli uomini che vogliono donare il seme si è posto il limite di età di 35 anni ” dice l’esperto.
I progressi della scienza
La scienza oggi permette di superare molti ostacoli fisici che in passato non potevano essere aggirati, anche per coloro che, magari a causa di una malattia tumorale, perdono la propria fertilità. “Il problema sta nel limite. Negli Usa la ricerca scientifica si sta concentrando sulla scrittura del genoma umano (oggi sappiamo solo leggerlo). Significa che un giorno si potrà scrivere il genoma umano e, ipoteticamente, scegliere come si vuole un figlio. È il fronte dell’eugenetica, che apre le porte a problemi enormi” spiega Flamigni.