Come spesso accade Google, il motore di ricerca più usato da tutte noi, dedica i suoi doodle a personaggi nati nel giorno specifico, che si siano particolarmente distinti per vari motivi. Oggi è la volta del poeta e scrittore russo Boris Pasternak, nato il 10 febbraio di 131 anni fa e celebre soprattutto per aver scritto il romanzo Il dottor Živago e aver rifiutato il Premio Nobel per la Letteratura nel 1958. Scopriamo di più su questo autore.
Chi era Boris Pasternak
Boris Leonidovič Pasternak nacque a Mosca da un padre pittore impressionista e una madre pianista, entrambi di origine ebraica e provenienti da quella che oggi è l’Ucraina. Ebbe la fortuna di incontrare diverse volte Lev Tolstòj, perché il padre gli illustrò alcuni libri. Dopo aver studiato composizione al conservatorio ed essersi laureato in filosofia, lavorò come insegnate privato e iniziò a frequentare i gruppi letterati del tempo. In uno di quelli, precisamente uno cubo-futurista, avvenne il suo esordio letterario, grazie ad alcune raccolte di poesie che però ottennero scarso successo. Negli anni, oltre a produrre poesia propria inizio a tradurre Shakespeare, Goethe e altri poeti, e a comporre testi in prosa.
Nel 1922 sposò Evgenija Vladimirovna Lourie da cui ebbe un figlio. Divorziò nel 1931 e nel 1934 si risposò con Zinaida Nikolaevna Neuhaus.
Nell’agosto del 1934, durante il Congresso degli scrittori sovietici, Pasternak fu indicato come il più grande poeta sovietico vivente e anche se da quel momento molti suoi colleghi intellettuali contrari al regime di Stalin scomparvero, lui si salvò. Il suo impegno civile e politico emerse con prepotenza dalle raccolte poetiche Sui treni mattutini, del 1943, e Lo spazio terrestre, del 1945, dove mostrò solidarietà col suo popolo in guerra contro i nazisti, pur non esprimendo mai atteggiamenti netti riguardanti le vicende del proprio Paese ma non solo.
Il dottor Živago
Tra il 1946 e il 1956 Pasternak lavorò a quello che sarà ricordato come il suo capolavoro, Il dottor Živago, che nel 1965 divenne anche un film diretto da David Lean e interpretato da Omar Sharif, Julie Christie e Geraldine Chaplin.
Giudicato ostile all’Unione Sovietica, non venne autorizzato in patria ma pubblicato in anteprima mondiale in Italia, il 15 novembre 1957 da Feltrinelli, che se lo aggiudicò per primo battendo la concorrenza di editori statunitensi e francesi. Il libro racconta la vita avventurosa di un medico e poeta, Jurij Andreevič Živago, diviso dall’amore per due donne, sullo sfondo della guerra civile russa e della rivoluzione d’ottobre del 1917. Le vicende sono collegate tra loro da un tema di fondo: la solitudine dell’intellettuale di fronte allo scorrere violento della storia. Anche se non fu mai definito un libro anti sovietico, sicuramente si discostava molto dalla visione della storia del Paese data dalla letteratura ufficiale del tempo.
Il Nobel per la Letteratura rifiutato
Nel 1958 a Boris Pasternak venne assegnato il premio Nobel per la letteratura «per il suo contributo significativo sia alla poesia contemporanea che alla grande tradizione della narrativa russa», come disse il segretario dell’Accademia svedese Anders Österling, durante la cerimonia del 10 dicembre di quell’anno, alla quale però lo scrittore non fu presente, perché rifiutò il premio.
Il motivo? Le forti pressioni ricevute da parte del governo sovietico. Pasternak ricevette la notizia del premio il 23 ottobre e dopo aver festeggiato con la moglie e un’amica inviò un telegramma alla segreteria del premio Nobel in cui si diceva: «Immensamente grato, commosso orgoglioso, meravigliato, confuso». Subito dopo però, iniziarono a susseguirsi pesanti insulti della stampa sovietica e le minacce del KGB circa la sua definitiva espulsione dalla Russia e la confisca delle sue già minime proprietà. A causa di questi eventi lo scrittore comunicò all’organizzazione la sua rinuncia per motivi di ostilità del suo Paese.
Da quel momento iniziò il suo decadimento fisico e psicologico e che lo portò alla morte in povertà nel 1960.
Boris Pasternak: alcune frasi celebri
- Ce ne sono al mondo di cose che meritino fedeltà? Ben poche. Io penso che si debba essere fedeli all’immortalità, quest’altro nome della vita, un po’ più intenso.
- Ora, come non mai, gli era chiaro che l’arte è sempre dominata da un duplice motivo: un’instancabile meditazione sulla morte, da cui instancabilmente essa crea la vita.
- Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, non hanno inciampato. La loro è una virtù spenta, di poco valore. A loro non si è svelata la bellezza della vita.
- Che bello essere vivi, pensò. Ma perché fa sempre così male?
- Nessuno fa la storia, la storia non si vede, come non si vede crescere l’erba.
- Bisogna essere di un’irrimediabile nullità per sostenere un solo ruolo nella vita, per occupare un solo ruolo nella vita, per occupare un solo e medesimo posto nella società, per significare sempre la stessa cosa.
- Solo i solitari cercano la verità e rompono con tutti quelli che non lo amano sufficientemente.
- L’uomo nasce per vivere, non per prepararsi alla vita
Non resta, a questo punto, che approfondire ancora di più la figura di questo autore, rileggendo i suoi classici immortali.