Tutti possiamo immedesimarci nel film Perfetti Sconosciuti diretto da Paolo Genovese. La trama della commedia drammatica che fa ridere, ma soprattutto riflettere, mette a nudo i protagonisti facendo luce su tutto ciò che potrebbe nascondersi nei nostri smartphone. E lasciando gli spettatori del film con una domanda: conosciamo davvero chi abbiamo vicino?

Nessuno ci conosce come il nostro smartphone

Perfetti Sconosciuti è una commedia dai risvolti drammatici che concentra la sua attenzione sui segreti che un cellulare può celare. Chi di noi non ha impostato un codice di sicurezza per tenere messaggi e fotografie al sicuro da sguardi indiscreti? Questo desiderio di celare il mondo virtuale (e non) è il vero protagonista del film Perfetti Sconosciuti.

Il film ruota attorno a cosa succederebbe se, durante una cena, sette amici mettessero al centro del tavolo i propri smartphone pronti alla condivisione di whatsapp, direct, telefonate e sms.

Uscito nelle sale nel 2015 è ancora perfettamente attuale e anzi, oggi forse ancora di più.

La saggezza popolare dice che non basterebbe una vita per conoscere davvero chi abbiamo accanto; il film però ci racconta che forse potrebbe bastare una sbirciatina nel cellulare per capire chi abbiamo davvero vicino. La cosa ovviamente è speculare e dalla storia si capisce che tutti abbiamo qualcosa che non vogliamo o non possiamo dire.

Tra i temi toccati dal film ci sono il sexting con l’invio di foto hot tramite app di messaggistica, il tradimento fatto per ritrovare la passione, l’esclusione da alcuni legami di amicizia e l’omosessualità che porta con sé la difficoltà di fare coming out.

Le doppie vite dei personaggi di Perfetti Sconosciuti sono anche le nostre

Una celebre citazione del film dice “ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata e una segreta”. Se un tempo, i nostri segreti venivano custoditi dal cuore, dalla mente e dai ricordi oggi è tutto nelle mani di uno spazio di archiviazione online. Ma cosa succederebbe se si scoprissero le carte?

Il gioco dei cellulari, secondo quanto dichiarato dal regista, sarebbe dovuto durare solo una scena. Tutto è cambiato quando Genovese ha capito che il vero protagonista non sarebbero stati tanto i personaggi quanto i loro segreti custoditi all’interno del cellulare.

Sette protagonisti, o forse sarebbe meglio dire quattordici perché i personaggi che vediamo a tavola non hanno nulla in comune con le persone che dovrebbero essere dai segreti contenuti nel loro smartphone.

Lo smartphone diventa la via per una seconda possibilità

I cellulari e in modo particolare i social diventano il palcoscenico di una seconda possibilità, una fuga dal grigiore per riportare colore nella propria vita. Non è tanto lo scandalo che dovrebbe attirarci come spettatori quanto più l’esigenza che a volte abbiamo di trovare un’evasione dalla realtà.

Il gioco di Perfetti Sconosciuti ci fa tornare adolescenti

Il gioco che sarebbe dovuto durare solo una scena è diventato il fulcro di tutto il film e ricorda in modo marcato quello di “obbligo o verità” che facevamo da adolescenti ma è senza dubbio più cinico, forse perché la posta in gioco è molto più alta.

Paolo Genovese è un maestro del cinema italiano e per aiutarci ad immedesimarci nei personaggi ha convocato un cast stellare composto da Kasia Smutniak, Alba Rohrwacher, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Giuseppe Battiston e Valerio Mastandrea.

Dall’ 11 gennaio 2021, il film è tra le novità della piattaforma Netflix che mette a disposizione degli abbonati il capolavoro firmato da Genovese nel 2016 e ancora perfettamente attuale per le tematiche sociali trattate.

La sincerità è sempre la cosa migliore?

Il regista con questo film non vuole limitarsi ad alimentare la curiosità nello scoprire i segreti più nascosti della vita dei personaggi ma desidera spingere noi spettatori verso una riflessione.

Faremmo mai questo gioco? Cosa abbiamo da nascondere? Quali sono i nostri segreti? E soprattutto, cosa avremmo da perdere se tutto venisse a galla?

In novanta minuti di dialoghi gli attori sfruttano il potere della parola per affrontare la verità che si accende come una miccia. Una verità scomoda e a volte necessaria che porta inevitabilmente anche noi spettatori a farci un’altra analisi. Il racconto però non dà una morale, preferisce lasciare a noi spettatori trarre le conclusioni su quale sia il male minore.

La socialità vs i social

Una cena in compagnia diventa il pretesto per una critica alla doppia vita online o comunque alla concentrazione di energia sprecate sui social a discapito di quelli che sono gli affetti reali e tangibili nella vita dei personaggi, e un po’ anche nelle nostre.

Il regista concretamente non demonizza i social e gli smartphone ma l’utilizzo che ne facciamo tanto che sembra volerci suggerire un po’ di digital detox.

Il film può essere paragonato ad un selfie senza filtri, estremamente realistico, cinico a tratti perché non risparmia nessuno e ci fa dubitare non solo di chi abbiamo attorno ma anche di noi stessi.

Una critica all’uso che facciamo dei social più che ai social stessi e un’analisi che ci spinge a domandarci perché abbiamo tanto bisogno di evadere dalla nostra realtà.