Storia di una bulla
Sara ha 17 anni e mezzo e per molto tempo è stato il terrore delle coetanee nel suo quartiere nella periferia di Milano. Sara era una bulla e costringeva i più deboli a obbedirle.
Lo faceva con la violenza, picchiando altre ragazze per farsi consegnare soldi e cellulari con cui riempiva il vuoto di un padre mai conosciuto e una madre totalmente assente.
Poi la svolta. Una coetanea trova il coraggio di denunciarla e lei viene portata in un centro di recupero di Pisa dove si trova da un anno e dove ha iniziato una nuova vita. Con l’aiuto di psicologi ed educatori ha capito che il suo voler essere dominante era in realtà un modo di essere qualcosa, di trovare un’identità. Intervistata da Vanity Fair ha raccontato:
Per quanto mi riguarda non posso certo dire che ero contenta di quella vita. Ma gli altri avevano paura di me e questo mi dava sicurezza. Senza quell’abito non ero niente. Tutti mi conoscevano come quella cattiva, e quanto meno ero qualcosa.
Giuliana, la direttrice del centro, ha spiegato cosa significa avere a che fare con ragazze con le problematiche di Sara:
Dietro a chi compie atti di bullismo c’è sempre qualcosa che riguarda un disagio. C’è sofferenza e c’è solitudine. Sono ragazze non guardate e dire questo non significa giustificarle ma guardare al fenomeno minorile con uno sguardo più profondo. I genitori sono assenti, disattenti, incapaci di fare da guide, incapaci di fare gli adulti. Spesso queste sono ragazzine che abbandonano la scuola. Davanti gli si aprono giornate completamente vuote, il delirio del niente, il non interessarsi a nulla, l’essere tagliati fuori da tutto. Si comincia da lì.
Ora Sara sta bene, ha preso la terza media e spera di poter andare presto a vivere da sola con un’amica. Noi le facciamo i migliori auguri.