Nel mondo, Italia compresa, è in corso un’emergenza educativa senza precedenti che ha un enorme impatto sui bambini e sulle loro comunità oggi. Ne sa qualcosa Souneang, 15 anni, che da quando ha smesso di andare a scuola aiuta i suoi genitori nel negozio di frutta e verdura di famiglia. Ma lei è tra i “fortunati”. In tanti hanno dovuto trasferirsi per gli effetti travolgenti del Covid-19.
La pandemia globale ha acuito ed esteso l’emergenza educazione, già in essere anche prima del Covid, e non solo nel “Sud del Mondo” o nei paesi in guerra come la Siria, ma anche a casa nostra, in Italia, in certe periferie. Lo sottolinea WeWorld, onlus da sempre in prima linea per la lotta alla garanzia del diritto all’educazione universale. La parola d’ordine è una sola: #RiempiamoiBanchi. Davanti al virus ci sentiamo inermi, ma qualcosa che possiamo fare c’è e passa da una piccola crocetta su un foglio: il 5×1000.
Scuola e pandemia
Il Covid-19 ha moltiplicato le disuguaglianze soprattutto a scuola, tra i più penalizzati dalla pandemia. Nel marzo 2020 la maggior parte dei Paesi ha introdotto la chiusura a livello nazionale di servizi di istruzione alla prima infanzia, scuola e università, colpendo oltre il 91% della popolazione studentesca mondiale, più di 1,5 miliardi di alunni e alunne (Dati WeWorld Index 2020).
La maggior parte dei governi ha lanciato programmi di apprendimento a distanza attraverso radio, tv e web, ma ciò non è bastato. Fare affidamento solo sull’accesso a Internet ha aggravato le disuguaglianze perché non c’è ovunque, per tutti, per tutte le classi sociali e nelle diverse aree geografiche.
Sono 214 milioni i bambini e le bambine in tutto il mondo (UNESCO, gennaio 2021) che oggi non possono più andare a scuola né frequentare le lezioni a causa della pandemia. Non hanno più un luogo sicuro dove crescere e costruire un futuro migliore. L’effetto sul futuro di questi ragazzi e sulle condizioni economiche delle famiglie, delle comunità e della società nel suo insieme potrebbero essere devastanti.
«Il 2020 ha fermato (quasi completamente) la scuola in molte aree del mondo, incluso il nostro Paese – commenta Marco Chiesara, presidente di WeWorld – Le conseguenze di questo mondo sospeso non per tutti sono le stesse. Al di là del ritardo generalizzato nell’educazione di cui pagheremo tutti le conseguenze, in alcuni contesti togliere i bambini da scuola per qualche mese significa toglierli per sempre con un’”esplosione” di matrimoni precoci e il moltiplicarsi di lavoro minorile (principalmente, ma non solo). E non ci riferiamo solo al Burundi o al Benin. Questo succederà, sta già succedendo, in molte periferie d’Italia. Dove la scuola non è una priorità uno stop come quello provocato dal Covid significa un aumento drammatico della povertà educativa. Per questo è fondamentale intervenire ora, per garantire a tutti i bambini e le bambine il diritto all’educazione».
Nell’attesa che la situazione sanitaria migliori, qualcosa possiamo farla anche noi.
Cosa è stato già fatto in Cambogia
Dal 2009 WeWorld è presente in Cambogia con programmi incentrati su educazione e protezione dei diritti dell’infanzia. Gli sforzi si concentrano per contenere il fenomeno di abbandono da parte dei bambini nati in famiglie vulnerabili, soprattutto nelle aree rurali. Ma non solo. La onlus lavora per proteggere donne, bambine e bambini da matrimoni precoci, abusi sessuali, traffico di esseri umani e tratta dei migranti.
Per contrastare il problema dell’accesso all’istruzione, da luglio 2015 a giugno 2018, WeWorld e i suoi partner hanno lavorato per incrementare la partecipazione scolastica attraverso il dialogo con insegnanti e bambini membri dei Consigli Studenteschi. L’organizzazione ha lavorato su diversi progetti per fermare la violenza domestica attraverso attività di counseling per le ragazze nelle scuole primarie. Per questo
Cosa è già stato fatto in Benin
In Benin, oltre al Covid-19, si lotta già da qualche tempo contro Ebola, influenza aviaria e febbre di Lassa. Qui la prolungata chiusura delle scuole non è una novità e non è solo legata a fattori sanitari. Per questo la popolazione si adatta facilmente a situazioni nuove, come il dover indossare le mascherine (che alcuni hanno già iniziato a fabbricare).
Ma la situazione è grave. Il Paese non può chidere le frontiere: ha bisogno del turismo per sopravvivere. Non ci sono dispositivi di sicurezza, gel disinfettante, acqua pulita per tutti. Il sistema sanitario è molto povero e gli estremisti sono sempre in agguato.
Ma per fortuna i bambini e le bambine del Benin sono tornati a scuola ed è lì che WeWorld sta lavorando con campagne sulla sensibilizzazione all’igiene delle mani; con la distribuzione di mascherine riutilizzabili e kit igienici; insegnando il distanziamento fisico. La missione è solo una: permettere ai bambini di ricominciare a costruire il loro futuro.
#RiempiamoiBanchi, cosa c’è da fare
Il fenomeno della dispersione scolastica non è solo un fenomeno “esotico”, che riguarda Paesi lontani dal nostro. Nel 2019 in Italia il tasso di abbandono scolastico è stato del 13,5%, con ampie differenze tra nord (9,6%) e sud (16,7%) e la spesa pubblica per l’istruzione è tra le più bassa dell’UE.
Per questo è importante supportare il lavoro di WeWorld donando il 5×1000. Con 158 progetti attivi in tutto il mondo, Italia compresa, oggi la onlus si occupa di quasi 50 milioni di persone tra bambine, bambini, donne e giovani, attori di cambiamento in ogni comunità.
«Il diritto all’educazione è un diritto umano che non ammette discriminazioni o esclusioni – commenta Chiesara – Educazione per tutti è anche l’obiettivo 4 dell’agenda 2030. Siamo convinti che un’educazione di qualità sia il mezzo per realizzare il potenziale di ognuno e il progresso della società, uno strumento per favorire la cittadinanza globale».