La nostra vita è un viaggio, a volte più lineare altre più tortuoso, che però può prendere direzioni inaspettate e sorprendenti. Lasciandoci talvolta confuse e disorientate. Ma regalandoci anche momenti di grande gioia e serenità. Dipende da noi capire dove andare, a quale bivio girare e quando decidere di fermarsi o fare inversione a U. Cosa non sempre facile. Per questo abbiamo deciso di dare voce a quelle donne che sono state capaci di cambiare senso di marcia e prospettiva, affrontando senza paura discese a perdifiato o strade tutte in salita. Senza navigatore, con coraggio e fantasia, avventurandosi su sentieri non battuti o addirittura disegnando percorsi alternativi.
E per raccontare le loro avventure abbiamo pensato che il modo migliore fosse intervistarle in macchina, metafora per eccellenza del viaggio, della vita, dello scorrere del tempo. E quale auto più adatta per i cambi di rotta, anche i più impervi, se non la nuova Jeep Avenger, simbolo di indipendenza, divertimento e praticità? «Jeep è da sempre sinonimo di libertà e avventura, valori che si riflettono anche nel nostro impegno per l’inclusività e la parità di genere. Crediamo fermamente che ogni donna debba avere la possibilità di prendere in mano la propria vita e percorrere nuove strade con coraggio e determinazione».
«Attraverso la serie Svolte – Storie di donne che hanno preso in mano la loro vita, vogliamo celebrare storie di cambiamento e resilienza che ispirano e dimostrano la forza delle donne. Questo progetto non è solo un tributo alla loro audacia, ma anche un passo concreto verso una società più equa e rispettosa, dove la parità non è solo un ideale, ma una realtà tangibile» dice Novella Varzi, Country Manager Jeep® Italia.
Paola Maugeri, una guida speciale
Per accompagnarti in questo viaggio fatto di cambiamenti repentini, nuove emozioni e avventure impreviste, abbiamo scelto una “guida” speciale, Paola Maugeri, che di svolte e piani B ne sa qualcosa. Conduttrice radiofonica e life coach, 56 anni, Paola nel 2021 decide di dare un taglio con la sua vecchia vita e, con grande coraggio, cambia strada: lascia Milano e si trasferisce in Svezia con suo figlio. «I primi segnali di questo desiderio di cambiare sono arrivati durante il Covid. Un giorno ho sentito mio figlio Timo piangere sotto la doccia. Ho capito che qualcosa mi stava sfuggendo e quello stop forzato era l’occasione per ascoltarsi e provare a cambiare. L’urgenza è esplosa un giorno di pioggia, quando per correre da un posto all’altro mi sono dimenticata dove avevo parcheggiato la macchina. Mi sono messa a piangere e ho capito che quello che facevo non mi rispecchiava più. Ho chiesto ai miei capi di poter registrare dall’estero e ho parlato col padre di mio figlio. Poi ho venduto tutto, la casa, l’auto, i vestiti, e sono partita».
Appena a Malmö sceglie una casa vicino a uno skatepark perché Timo fosse felice e, insieme, ripartono da zero. All’inizio abitano in un appartamento minuscolo poi, quando il padrone di casa googlando su Internet capisce che Paola non è la speaker di una piccola rete online che pensava ma una professionista con migliaia di ascoltatori, la segnala alla stampa locale e grazie alla visibilità riesce ad avere una di quelle meravigliose case che sognava, di fronte all’oceano. E in quella nuova casa, in quella nuova vita Paola rinasce: aveva voglia e bisogno di cambiare strada, perdersi totalmente in un Paese dove non conosceva nessuno e non capiva la lingua per (ri)trovarsi a un livello più profondo, più intimo. E così succede.
Cambiare lavoro per ritrovare se stessa
Il lavoro che aveva, producer di moda, le piaceva. E non poco. «Questi 20 anni per me sono stati un’esperienza incredibile. Ogni momento imparavo qualcosa di nuovo. Ed è stata una grandissima fortuna perché questo lavoro mi ha permesso di mettermi costantemente alla prova, di andare sempre un pochino avanti, oltre il mio limite, oltre le mie paure» racconta Virginia, con un sorriso dolce e accogliente. Ma nonostante l’amore per il suo lavoro a un certo punto Virginia capisce che non ci sta più dentro e che deve cambiare strada. «Me lo ricordo benissimo: era l’anno scorso, a luglio, c’era un temporale fortissimo a Milano e lì ho sentito che si era rotto qualcosa, che quell’equilibrio che avevo si era spezzato definitivamente» spiega. Questo bisogno, però, Virginia non lo mette a fuoco subito, come spesso succede nei cambiamenti. Le ci vuole un po’ di tempo, di calma: «Quello che mi è stato subito chiaro è che non mi sentivo più a mio agio a fare quello che avevo fatto per 20 anni, non mi faceva più stare bene» spiega.
Ma cos’è che spinge Virginia a mollare tutto e a licenziarsi? «Avevo bisogno di rallentare, di diventare padrona del mio tempo, dei mie momenti, di tornare a poter scegliere». E così sceglie di intraprendere una nuova strada, legata al mondo dell’agricoltura. «Da un anno seguo l’azienda vitivinicola che con mia mamma abbiamo in Toscana. Le mie giornate oggi sono completamente diverse, nei ritmi e nell’organizzazione: innanzitutto a volte mi fermo, non faccio nulla. E per imparare a farlo mi è servito parecchio tempo. E poi ho capito che non dovevo più avere paura di cambiare, di provare nuovi percorsi. Perché per essere felici serve coraggio». E Virginia l’ha avuto.
Il commento della psicologa
L’idea di cambiare lavoro spesso ci spaventa. «Innanzitutto dovremmo provare a modificare la prospettiva e vedere il cambiamento non solo come qualcosa di faticoso, come l’ennesimo step in cui dobbiamo cercare di migliorarci ma come una trasformazione, piccola o grande che sia, che ci fa stare meglio» spiega Valeria Locati, psicologa e psicoterapeuta sistemico-relazionale (@unapsicologaincitta). Proprio come ha fatto Virginia. «E per riuscirci, soprattutto quando parliamo di lavoro, dovremmo reimparare a desiderare e a non rimanere incastrati in preconcetti, falsi miti e schemi che ci autoimponiamo o che ci impongono. Perché l’idea di lavoro dovrebbe avere a che fare con qualcosa che ci piace e non con l’ennesimo compito che dobbiamo eseguire» conclude l’esperta. Solo così possiamo autorizzarci a cambiare strada, per trovarne una, non per forza migliore, ma in cui sentirci più comode.
Riaprirsi alla vita dopo una perdita
Una premessa: Vasiliki è abituata a cambiare direzione e lo fa dolcemente, senza paura. Un po’ perché il viaggio è nel suo Dna (suo papà era capitano di nave) e un po’ perché la vita la costringe spesso a cercare un’altra strada. Greca, nasce a Kalamata, nel Peloponneso, e a 18 anni lascia la sua città per studiare a Patrasso. Anche questa volta però decide di partire e dopo la fine di una relazione sale sulla nave e arriva in Italia. «È stato amore a prima vista. Mi sono sentita subito a casa» racconta.
E così nel nostro Paese Vasiliki studia, trova un lavoro, lo cambia ma nel 2012 un po’ per caso riapre quei cassetti della sua infanzia che la riportano a casa sua, in Grecia: «E nasce il mio primo catering: facevo la cuoca a domicilio perché avevo realizzato che volevo fare qualcosa con le mani, che la mia felicità girava attorno all’accoglienza, alla cura, alla cucina» dice. Vasiliki, però, non si ferma. E nel 2016 apre un ristorante, Vasiliki Kouzina, un salotto in cui far conoscere la sua terra attraverso il cibo, i sapori, i profumi. Ma i cambi di strada o le frenate improvvise non sempre possiamo pianificarli. Come succede a Vasiliki che nel 2021, al quinto mese di gravidanza, perde la sua bambina. «È stato il più grande evento della mia vita. Un dolore immenso che ha messo a dura prova la mia femminilità, la gioia di essere donna, il rapporto con mio marito. Una strada solitaria che mi ha fatto fermare e mi ha fatto vedere come ero arrogante e prepotente verso il mio corpo.
Ma il dolore, anche il più terribile, può trasformarsi se ci concediamo del tempo per elaborarlo. All’inizio ho fatto fatica a capirlo: avevo fretta di sostituire quel lutto con una nuova possibilità e con mio marito ho provato subito ad avere un altro figlio con la fecondazione assistita, ma senza riuscirci». Il 9 agosto dell’anno scorso però Vasiliki diventa mamma di Leonidas e per l’ennesima volta la sua vita prende un’altra direzione, bellissima.
Il commento della psicologa
A volte siamo noi a decidere di cambiare, altre siamo costrette a farlo. Come in caso di una perdita, di una separazione o di una malattia. «In queste situazioni prendere un’altra strada non significa, però, far finta di niente, dimenticare quello che è successo, nascondere il proprio dolore, andare a mille» spiega Valeria Locati, psicologa e psicoterapeuta sistemico-relazionale (@unapsicologaincitta). Tutt’altro. Significa darsi tempo, prendersi cura di noi stesse, ascoltarsi, proprio come è riuscita a fare Vasiliki. «Dobbiamo cercare di integrare quel cambiamento forzato, non di eliminarlo come fosse un pezzetto di pongo che non ci piace perché siamo anche quella cosa lì che ci dà una forza e una prospettiva nuove».
Una nuova avventura a fine carriera
Fino a qualche anno fa la vita lavorativa di Rossella procede su una linea retta, senza troppe frenate né svolte. «Dopo aver fatto il liceo linguistico e la scuola per interpreti un po’ per caso un po’ per gioco ho iniziato a lavorare come giornalista di moda e nel 1986 sono entrata nella redazione di Gioia dove sono rimasta per tutta la mia vita» racconta, con una serenità che traspare dai suoi grandi occhi. Nel 2018 poi, dopo più di 30 anni di lavoro, Rossella va in pensione. E lo fa serenamente, nonostante in molte donne questo cambiamento faccia scattare la paura di diventare invisibili, di dover riempire quel vuoto che inevitabilmente si crea.
Ma in Rossella questo timore, quest’ansia non c’era. «Stavo bene, ero felice. Non mi mancava il passato che avevo appena chiuso e non mi sentivo messa da parte. Sentivo invece che avevo ancora un tempo davanti a me da costruire, non qualcosa di residuale da far scivolare via. E poi stare a casa per me è sempre stato un gran piacere, non una costrizione» spiega. E così com’era successo molti anni prima, a Rossella si presenta un po’ per caso una nuova strada. E lei non si tira indietro. «Ho sempre avuto la passione per i kimono ma siccome non ne trovavo come volevo, ho iniziato a farmeli fare da una sarta. Ma ogni volta che andavo in giro mi fermavano per chiedermi di che marca fossero. E allora, visto che tutti insistevano, mi sono detta: “Forse devo decidermi”. Così a marzo del 2019, pochi giorni dopo la pensione, ho aperto il mio primo pop up a Milano. E da lì non ho più smesso. Ne produco pochi, solo pezzi unici e li vendo in temporary shop. Voglio avere ancora spazio per me e la mia vita». Che magari prenderà una nuova e inaspettata direzione.
Il commento della psicologa
Per Rossella non è stato così, ma per molte di noi la pensione può rappresentare un salto nel vuoto, una svolta difficile da affrontare. «Per rendere questo passaggio più soft dobbiamo toglierci dalla testa l’idea che con la pensione perdiamo chi siamo» spiega Valeria Locati, psicologa e psicoterapeuta sistemico-relazionale (@unapsicologaincitta). Continuiamo a essere noi stessi, ma in una versione nuova, a cui forse né noi né le persone che ci stanno attorno sono abituate. «Dovremmo autorizzarci a essere anche quella parte a cui abbiamo dato meno spazio durante la vita lavorativa. Perché dobbiamo vederci sempre uguali? Perché dobbiamo essere sempre quella persona lì?». È questo il mantra che dovremmo ripeterci quando sentiamo il desiderio di cambiare strada o quando la vita ci mette difronte a una svolta.
Un’ottima compagna di viaggio
Come immaginavamo la nuova Jeep Avenger si è dimostrata la macchina perfetta per affrontare con coraggio e libertà queste avventure. È stata una compagna di viaggio indimenticabile: solare, quel giallo dorato mette subito di buon umore silenziosa, la versione full-electric che unisce un nuovo motore elettrico e una nuova batteria offre 400 km di autonomia che diventano 550 km in città.
3 MINUTI
di ricarica per percorrere 30 km
Ricaricare la nuova Jeep Avenger è semplicissimo. Tramite un cavo da 100 kW in corrente continua collegato al punto di ricarica veloce, sono sufficienti tre minuti di ricarica per percorrere 30 km oppure 24 minuti per caricare le batterie dal 20 all’80% di carica. Spaziosa, la nuova Jeep Avenger è la più capiente della sua categoria: 34 litri di spazio anteriore per riporre gli oggetti. Progettati all’insegna della flessibilità e della modularità, i divisori del tunnel centrale possono essere spostati per adattarsi alle dimensioni dei vari oggetti o addirittura rimossi per fare spazio a quelli più grandi.
Un ulteriore spazio utile è disponibile sotto i pulsanti del cambio automatico: in questo spazio è possibile ricaricare un telefono cellulare e riporre contemporaneamente una bottiglia d’acqua da 1,5 litri. Moderna, tutte le versioni hanno uno schermo radio Uconnect Infotainment da 10,25 pollici abbinato a una plancia completamente digitale. Sicura, Jeep Avenger regola automaticamente la velocità e la traiettoria e si avvale dell’Adaptive Cruise Control e del Lane Centering. Il sistema ti aiuta a seguire la corsia e a mantenere l’auto al centro della corsia e a una distanza di sicurezza dal veicolo che la precede, offrendo così un’esperienza di guida serena.
FULL-ELECTRIC
Inoltre, include il Traffic Jam Assist, per una guida rilassata e confortevole anche in caso di traffico intenso. Il nuovo modello propone inoltre la Automatic Emergency Braking con riconoscimento di pedoni e ciclisti, che rallenta il veicolo fino ad arrestarlo per ridurre il rischio di possibili incidenti.
Svolte
storie di donne che hanno preso in mano la loro vita
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