È come quando con gli acquarelli intingi il pennello, scegli un colore e poi lo stendi. Così ho pensato vedendo il mare delle Whitsundays e arrivando a Whitehaven Beach, la spiaggia più estesa di queste 74 isole (ben 7 km). Il colore del mare turchese si mescola al bianco abbagliante della sabbia composta per la maggior parte di silice, il resto lo fanno il vento e le onde che danno vita a curve sinuose, pennellate sulla superficie ogni volta in modo diverso. Per arrivare fino a qui, nello stato del Queensland, venendo dall’altra parte del mondo, bisogna avere delle buone ragioni e la prima è davanti ai miei occhi. A queste isole si può approdare in tanti modi: a bordo di un veliero o di un catamarano, io ci sono arrivata su un battello rigido gonfiabile, perfetto per chi ama il brivido di cavalcare le onde a ritmo di musica (non fate i superiori come me e indossate la cerata, in ogni caso non sistematevi a poppa, oceanrafting.com.au/). Una volta sbarcati, il mio gruppo si è disperso nell’immensità della spiaggia, un po’ come se fossimo nel deserto e ognuno prendesse una direzione diversa, solo che alle spalle c’era il Mar dei Coralli e di fronte il verde fitto di alberi che un cartello, all’inizio di un sentiero, annunciava essere un parco protetto. L’obiettivo era salire fino a Hill Ilnet, una passeggiata di circa mezz’ora su passerelle di legno per vedere dall’alto questo spettacolo della natura. Il tempo di fissare negli occhi i colori unici, mai visti, e poi in quel turchese ci si immerge per fare snorkelling, diving o pagaiare in kayak da una baia all’altra. Le possibilità sono infinite, ma c’è anche chi sulla candida sabbia stende un pareo e, ultraprotetto, si gode il sole. A poca distanza si trova quella che viene considerata una delle sette meraviglie del mondo, la seconda ragione che mi ha spinta fin qui, sulla costa Est dell’Australia.
Fra i coralli alla ricerca di Nemo
Come sta la Grande Barriera Corallina? La domanda è inevitabile mentre si sale a bordo della nave della compagnia Cruise Whitsundays (cruisewhitsundays.com) ad Airlie Beach e si prende il largo. Questo paesaggio unico al mondo si estende per oltre 2.300 km lungo la costa del Queensland, un ecosistema complesso che deve difendersi dall’aumento della temperatura dell’oceano. Ma ci sono buone notizie. Il programma dell’Istituto australiano di scienze del mare, che monitora le sue condizioni (LTMP, Long term monitoring program), ha registrato il più alto livello di crescita della barriera negli ultimi 36 anni. E questo riguarda in particolare la parte sud e quella centrale, che vedrò io dopo tre ore di navigazione. L’avvicinamento all’Hardy Reef è lento, c’è la curiosità di vedere da vicino un’area che non ha paragoni al mondo, con le conformazioni coralline che la disegnano, uno scontorno nell’oceano in cui si può individuare un cuore, diventato un’icona. Ma siamo ancora lontani e in navigazione il team dà informazioni a chi vuole partecipare alla lezione per la sua prima immersione (20 divers sono pronti a prendere i visitatori letteralmente per mano) e su come prepararsi una volta arrivati: prima di abbracciare il Pacifico bisogna indossare, oltre a maschera e pinne, una tuta leggerissima che protegge da eventuali meduse. Il segno che la barriera è vicina si annuncia all’orizzonte con una striscia turchese che spezza il blu dell’oceano e un pontone galleggiante a cui la nave si appoggia e dove si dà il cambio ogni sette giorni una squadra della compagnia. Per chi sa nuotare, l’esperienza più bella è lo Snorkeling Safari: una chiatta motorizzata porta al largo e, insieme a una guida, si ritorna verso la nave. Peter Farrell è il Master reef che guida il mio gruppo, dà una grande sicurezza ma l’oceano oggi è tranquillo. Il gioco qui è cercare Nemo, che non si fa vedere, in compenso ci sono coralli blu zaffiro che non lo fanno rimpiangere. Non ci si sente sicuri o ci sono dei bambini? Allora si rimane nel perimetro su un lato della nave. La barriera è davvero per tutti.
Notte stellata tra le onde
Il pontone non serve solo per sbarcare e scendere in acqua. C’è chi rimane a dormire qui una notte per godersi il tramonto e di nuovo il reef, quando cala il silenzio dopo che la nave si è allontanata per rientrare. A disposizione ci sono due reefsuites: niente tv ma, davanti al letto, una “finestra” sul mare, sul via vai dei pesci e sulla danza argentata delle sardine, spettacolo ipnotico come quello che offre l’Osservatorio, un’altra attrazione per vedere la vita che scorre in profondità. All’aperto, i reefsleepers possono invece fare glamping in 20 tende dalla forma tondeggiante e super comode: le stelle si guardano distesi su un soffice materasso. La mia esplorazione è finita, saluto la barriera dall’elicottero (che può essere prenotato per sorvolarla) ed eccolo lì l’Heart Reef, perfettamente distinguibile. Rivedo dall’alto le Whitsundays e scendendo ringrazio il pilota, che mi dice: «Piacere, sono Davide, di Ascoli», una sorpresa dopo averlo sentito parlare tutto il tempo in inglese. Ma non c’è da stupirsi, il nostro Paese qui è di casa e il turista se ne accorge quando va al ristorante: l’italian style vince su tutti.
Immersi nella natura
Un viaggio in Australia è un viaggio nella natura. Io, a Hamilton Island (altro punto da cui si possono raggiungere le isole e la barriera) sono stata accolta dai cacatua bianchi e salutata alla fine del viaggio dal più raro cacatua nero. Gli uccelli, fra cui i lorichetti arcobaleno, sono uno spettacolo e se volate nella vicina Gold Coast ne avrete un assaggio al Currumbine Wildlife Sanctuary (currumbinsanctuary.com.au). Qui verrete rapiti dai koala, arrampicati sugli alberi e intenti a mangiare tutto il tempo foglie di eucalipto.
Il surf nella Gold Coast
La Gold Coast è il regno dei surfisti, con le spiagge senza fine su cui si affacciano grattacieli e alberghi come l’avveniristico e lussuoso The Langham (langhamhotels.com) oppure il più raccolto QT (nella foto qui a sinistra, qtqtgoldcoast.com). Un contrasto incredibile, in altezza e in lunghezza, ma tutto trova una dimensione più equilibrata seguendo il flusso di runners, bikers e pensionati salutisti che fin dal mattino popolano la strada lungo l’oceano. Un mondo diverso da quello appena lasciato ad Airlie Beach dove, ingenuamente, durante un giorno di pioggia, ho annunciato nell’albergo sulla collina: «Scendo in spiaggia a fare una nuotata». E mi sono fermata davanti al cartello “Niente bagni, ci sono i coccodrilli”. Meglio vederli in un altro modo, anche per loro c’è un safari perché qui, dall’altra parte del mondo, il divertimento e la meraviglia vanno di pari passo.
L’Opera House compie 50 anni
È il simbolo australiano per eccellenza, quello che tutti vogliono vedere arrivati a Sydney. Con la sua architettura a vele bianche, circondata dal mare della baia, l’Opera House è stata celebrata quest’anno con un festival a ottobre e con Play it Safe, omaggio musicale scritto e composto dal cantante australiano Tim Minchin per celebrare i 50 anni di un edificio che ha messo alla prova i limiti dell’ingegneria e del design, cambiando per sempre il volto della città. Io l’ho vista anche dal mare, a bordo di una barca nel corso di 7 ore di visita alla città. Sette ore sembrano poche sulla carta ma, in attesa del volo, è stato possibile avere un assaggio di Sydney grazie all’organizzazione di See My Sydney, agenzia di Peta Lesnie che organizza tour tailor made. Dopo l’Opera House e il Sydney Harbour Bridge (saliteci con bridgeclimb.com, 3 ore di emozioni per l’altezza della struttura e per il racconto di come venne costruita), siamo andate a Bondi Beach, la spiaggia iconica della città, con una sosta a pranzo da Promenade e la visita delle famose piscine viste dall’Iceberg Club. Tornate in città abbiamo preso un caffè al bar di Capella: là dove ai primi del ‘900 venne costruito un edificio che ha ospitato il Dipartimento dell’Istruzione, ora c’è un albergo di lusso con bar aperto al pubblico, ampio, luminoso e con installazioni di DRIFT, fiori che magicamente si aprono in alto creando un’atmosfera incantata (capellahotels.com). E per finire, visita all’Albion Hotel a Surry Hills, in un bellissimo quartiere di cui mi sono innamorata (crystalbrookcollection.com). Sette ore sono sufficienti per capire che a Sydney bisogna tornare.
Il sito da consultare
australia.com