Una piazza che non è una piazza, catalizza la movida di turisti e graisan (“gradesi” in dialetto). È una bella e larga strada pedonale incorniciata da case color pastello che corre parallela al mare. I local la chiamano “piazza grande” anche se il nome ufficiale è Duca d’Aosta, ed è qui che si svolge la vita di Grado, dallo struscio alle pause gastronomiche nei ristoranti con dehor aperti tutto l’anno. Il perfetto punto di partenza per immergersi nell’anima di questa cittadina costruita su un’isola ma saldamente collegata alla terraferma da due ponti, con un piede nell’Adriatico e l’altro nella laguna, che deve la sua fortuna a un’antica tragedia narrata nei libri di storia: la distruzione della vicina città di Aquileia. È li che inizia il nostro viaggio alla scoperta di cosa vedere, fare e mangiare a Grado.

Da Aquileia verso il centro storico di Grado, tra botteghe e spritz

È proprio dalla Storia che bisogna partire per capire e conoscere Grado. Nel V secolo, dieci chilometri più a nord, sulla terraferma, Attila re degli Unni assedia e devasta la città romana di Aquileia – visita imperdibile: è il primo sito Unesco del Friuli-Venezia Giulia e la sua Basilica vanta 760 mq di pavimento musivo perfettamente conservato – costringendo gli abitanti a rifugiarsi su quest’isola, che fortificano e arricchiscono di due gioielli paleocristiani tuttora esistenti: la Basilica di Santa Eufemia e quella di Santa Maria delle Grazie.

Entrambe del VI secolo e a pochi metri l’una dall’altra, le due chiese con le mura in pietra e i pavimenti a mosaico sono il baricentro del gomitolo di campi e campielli d’impronta veneziana che tratteggia il centro storico, fra atmosfere sospese nel tempo, strade acciottolate e l’anzolo (l’angelo San Michele, dono della Serenissima) che dall’alto del campanile indica con il dito la provenienza del vento.

Il laboratorio orafo Oricalco di Francesco Mansi. Foto: Mario Callegari

Sbirciando nei vicoli, piccoli spazi museali come la Casa della Musica e un potpourri di belle botteghe orafe (come Oricalco, che crea gioielli unici in oro e pie tre preziose naturali) lentamente accompagnano verso il Mandracchio, che da vecchio porto peschereccio a forma di “Y” costruito dai veneziani è diventato il salotto all’aperto della città, pieno di bar e ristoranti con dehor per ammirare il tramonto sorseggiando un bicchiere di spritz.

Con il taxi boat attraverso la laguna di Grado (a ritmo slow!)

Il tramonto è ancora più bello visto dal mare, sulla spiaggia o dalla passeggiata in pietra bianca nata ai tempi dell’imperatore Francesco Giuseppe, che nell’Ottocento trasformò il litorale semi-paludoso dell’isola (ma con un microclima a dir poco eccezionale) in “stazione di cura e soggiorno” dei viennesi. Sono di quel periodo i primi stabilimenti balneari e le eleganti costruzioni liberty destinate all’aristocrazia mitteleuropea, da Villa Imperiale, ora ribattezzata Reale, alle cinque architetture color ocra del barone Leonhard Bianchi, trasformate anni fa in hotel diffuso.

Un frangiflutti protegge il litorale sud dalle mareggiate, dando respiro ai 10 km di spiagge dove sventola un’onnipresente bandiera blu. Tutt’intorno, l’orizzonte di acqua a perdita d’occhio confonde l’orientamento, ma i graisan sanno bene in quale punto il mare incontra la laguna. Per contemplare da vicino la magia di quella distesa liquida che muta colore in base alla luce e alle maree, si può noleggiare un taxi boat al Mandracchio e trascorrere la giornata zigzagando a ritmi slow fra gli isolotti dove una comunità di pescatori ha vissuto per secoli, fino al dopoguerra, in un isolamento quasi totale. La loro storia è raccontata nel Museo della Pesca e della Civiltà Lagunare, inaugurato da poco nel cuore di Grado per volontà di Luciana Marchesan, direttrice-curatrice e grande esperta di quella civiltà che, in un passato non troppo lontano, ha ispirato scrittori e artisti del calibro di Pasolini: alla fine degli anni Sessanta il regista era infatti arrivato in laguna per girare alcune scene del film Medea, con Maria Callas protagonista.

Cosa vedere a Grado: isola di Barbana e isola della Cona

Una veduta dell’isola di Barbana. Foto: Ulderica da Pozzo

Sempre in taxi boat e, nei weekend, anche con le corse giornaliere dei traghetti, da Grado in pochi minuti si sbarca sull’isola di Barbana: un luogo dell’anima, un rombo di terra verde cinto da una corona di pini marittimi e cipressi, con al centro un santuario mariano abitato solo da otto frati benedettini con la loro gatta Cleopatra (la trovi facilmente nella navata sinistra della chiesa, acciambellata su un inginocchiatoio).

La ciclovia Alpe Adria. Foto: Nicola Brollo

In barca o in bicicletta, pedalando lungo la Ciclovia del Mar Adriatico in direzione Trieste, si arriva invece a due gioielli naturalistici nati dall’incrocio di terra e acqua: l’isola della Cona, che a dispetto del nome non è un’isola ma un promontorio nella Riserva Naturale della Foce dell’Isonzo, paradiso del birdwatching e casa di una ventina di cavalli di razza Camargue allo stato semi-brado (riservafoceisonzo.it).

Escursione con i cavalli nella Riserva Naturale della Foce dell’Isonzo. Foto: Francesco Marongiu

E la riserva naturale Valle Cavanata, punto di sosta per gli uccelli migratori e le numerose colonie di fenicotteri, bianchi come la neve, arrivati a migliaia dai climi freddi per svernare. «Sono golosi di gamberetti, ma quelli che ci sono qui non contengono carotene, per questo hanno un piumaggio chiaro anziché rosa», spiega la guida naturalistica Paul Tout. Contemplarli dai sentieri che abbracciano gli stagni, insieme a cigni e folaghe, è un’esperienza che da sola vale il viaggio (vallecavanata.it).

Altre cose utili da sapere

Dove dormire a Grado

Hotel Ville Bianchi è un complesso di cinque ville liberty sul lungomare di Grado, all’interno di un piccolo parco ombreggiato da pini secolari. Doppia da 189 euro (villebianchi.com). Progettato dallo studio Archest e da Patricia Urquiola, il Laguna Faro Suites si affaccia invece sul porto turistico, e nei colori e nei materiali è ispirato ai casoni della laguna. Camere doppie da 197 euro (lagunafarosuites.com).

Dove (e cosa) mangiare a Grado

Il boreto, piatto tipico della cucina gradese. Foto: Francesco Cecconi

In piazza Duca d’Aosta, il ristorante Alla Pace ha un menu mare e terra basato sulla spesa del mercato: crudités di pesce freschissimo e ottime tartare di carne bovina (allapace.it). Mentre quello della Tavernetta All’Androna è l’indirizzo giusto per assaggiare il boreto, pesce dell’Adriatico cotto nell’olio, nell’aglio e nel pepe e servito accompagnato da polenta bianca (androna.it).

Per informazioni

grado.it, grado.info, turismofvg.it/it/grado.