«L’India è una scelta» ripeteva Roberto Rossellini, riferendosi al tempo stesso al suo omonimo, denso documentario, e alla terra dove incrociò fatalmente lo sguardo velato di kajal di Sonali Das Gupta, sceneggiatrice che sarebbe scandalosamente diventata la sua terza moglie. Oggi, complici voli diretti che fanno raggiungere la capitale del subcontinente più velocemente che New York, la scelta rosselliniana è meno estrema ma non meno avvincente, se ci si prefigge di abbandonare i percorsi che, con l’aprirsi del Paese al turismo di massa, centinaia di migliaia hanno tracciato prima di noi. Li descrivo qui e, con le illustrazioni di Carola Zerbone, in Indiamania (Rizzoli), volume dedicato alla terra delle mie origini, perennemente venerata quanto a lungo mistificata.
A Mumbai, tra arte, cultura e divertimento
La megalopoli che vivo come una seconda pelle, rispetto ai tempi della mia infanzia ha perso molti dei suoi volti tragici, magistralmente tracciati da Suketu Mehta in un romanzo-inchiesta che le ha conferito un nomignolo quasi più iconico del coloniale Bombay: Maximum city. I suoi eccessi oggi sono glam, ovvero scena culturale esplosiva, che si scopre camminando tra le ombreggiate viuzze del quartiere di Colaba che, dal Taj Mahal e dal dirimpettaio Gate of India, si sviluppano con britannica precisione fino al porto dei pescatori di Sassoon Dock. Si parte dalle ultime aperture, le gallerie Aequo (design) e DAG (icone dell’arte contemporanea), non distanti dalle lussuose Tarq e Jhaveri, ospitate in due magnifici edifici in stile gotico vittoriano e Art déco. Si termina in vere oasi adagiate nel caos del vicino mercato, le gallerie Project 88, Sakshi, Maskara e Chatterjee and Lal. La sera si scappa a nord, a Bandra, per un drink e uno spuntino al nuovissimo (che è il significato del suo nome) Nava, al godurioso Fatty Bao, o al ritrovo delle star di Bollywood (la Hollywood indiana), House Of Nomad. Per una IPA (India Pale Ale) c’è Toit Brewery.
A Delhi, nei giardini amati da Obama
Il centro politico d’India è una metropoli che non dorme mai ma che d’inverno raggiunge picchi d’inquinamento soffocanti e d’estate punte di calore sfibranti. Ma i suoi abitanti possono contare su angoli di verde frescura dove rifugiarsi, come i magnifici giardini di Lodhi, prediletti dalla coppie innamorate sin dall’epoca del Sultanato di Delhi, oppure, non distante dal Forte Rosso, alle fontane del parco di Hayat Bakhsh Bagh, gloriosamente decorato in stile mughal. A sud il purpureo minareto di Qutub è a breve distanza dal Giardino dei Cinque Sensi che, al calar della sera, è pura visione. In direzione del fiume Yamuna, ecco il dolente marmo nero dell’elegante Raj Ghat, il memoriale dedicato al Mahatma Gandhi, addolcito dalla presenza di centinaia di alberi, molti dei quali donati da personalità come Barack Obama e la regina Elisabetta, che gli hanno reso tributo.
A Jaipur, dove sussurrano i gossip reali
Figlioccio di re Carlo d’Inghilterra, il giovanissimo e visionario maharaja di Jaipur Padmanabh Singh (Pacho per gli amici), campione di polo e icona di moda internazionale, vive nel sontuoso City Palace: è possibile avvistarlo soggiornando una notte nella Gudliya suite di palazzo reale che il principe ha appena messo su Airbnb per beneficenza, oppure facendo un salto al ristorante adiacente, il Baradari, inno di contemporaneità tutto marmo e ottone, pacatamente immerso nello storico contesto. In alternativa, per un mood gentilizio, ci si può recare al magnifico palazzo dei venti Hawa Mahal (costruito a fine Settecento per le donne di corte che così dalle finestre potevano assistere alla vita cittadina senza essere viste). Imperdibile anche l’opulento Forte di Amber antica capitale e residenza reale che si sviluppa su quattro livelli, ognuno con un cortile: un susseguirsi di corti decorate e giardini curati. Conosciuta come la Città Rosa, per il colore che caratterizza i palazzi del centro storico, Jaipur è la capitale mondiale delle pietre preziose: è d’obbligo una visita al mondiale delle pietre preziose: è d obbligo una visita al celebre Gem Palace dove sovrani e star hollywoodiane da sempre acquistano i loro monili.
A Goa, nella piccola Lisbona
Il passato coloniale di Goa si rivela attraverso le architetture portoghesi, la cucina delicata, l’indole calma – susegad – dicono i suoi abitanti. Oggi viene chiamata la piccola Lisbona e il cliché di psichedelica terra hippie è relegato al passato: se si evitano i numerosi (a nord) pur confortevoli ritiri di yoga, oggi lo stato si presenta come una destinazione verde e rigogliosa, da vivere tra rive selvagge e un entroterra punteggiato di piantagioni di spezie. Con due angoli straordinari, ancora segreti: all’estremo nord, a picco su un mar Arabico solcato dai delfini, il forte di Tiracol, con i bastioni creati in difesa dai pirati, è oggi un elegante boutique hotel a pochi passi da un pittoresco villaggio di pescatori, con il quale condivide iniziative ecosostenibili e sociali. A sud, vicino allo sciame di chiese di Goa Vecchia e alle facciate policrome della capitale Panjim, si trova un piccolo eden incantato: l’isola di Divar, una riserva di volatili, dai maestosi aironi ai famosi Kingfisher dal piumaggio azzurrino.
A Varanasi, dove praticare yoga all’alba
Nella città santa hindu, cuore della vita spirituale, ci aspettano otto chilometri di ghat, le banchine lungo il sacro Gange, che guardano rigorosamente a est al sorgere del sole. Tra i più suggestivi il Manikarnika Ghat, che ospita il più importante campo crematorio di Varanasi, e il Dashashwamedh Ghat, dove ogni sera avviene l’avvincente rito infuocato di Aarti, tra le invocazioni dei presenti e i canti degli officianti. La mattina successiva, dopo aver praticato yoga all’alba ad AssiGhat, tra il sonnolento ruminare delle mucche, si osserva la vita scorrere dall’alto del solitario Man Mandir, l’impressionante osservatorio astronomico creato nel 1700 dal Maharaja di Jaipur a Varanasi. Vicino al crematoio principale si trova il leggendario Blue Lassi Shop, con le sue oltre 90 varietà della tradizionale bevanda allo yogurt, da sorseggiare seduti sugli scalini, osservando il sole che, accompagnato da decine di fedeli, s’immerge nelle sacre acque.
Sai comprare?
LA SETA Tradizione vuole che ci siano tre metodi per identificare la vera seta: farla passare attraverso un anello, in cui dovrebbe scorrere senza tirare oppure osservarla alla luce da diverse angolazioni: la fibra della seta dovrebbe rifrangerla e il tessuto dovrebbe dare la sensazione di cambiare colore. Se invece è sintetica, brillerà di luce bianca. Ma c’è un altro sistema (attente alle dita!): provare a bruciare un filo. La seta produce polvere nera con l’odore di capelli bruciati, mentre il poliestere puzza di plastica fusa.
LA PASHMINA Si fa spesso confusione tra i termini pashmina e cashmere, nome derivato da una pronuncia errata della regione del Kashmir. Entrambi si riferiscono a una lana molto simile, anche se il cashmere deriva dal pelo di una specifica razza di capra himalayana, allevata dalla Mongolia all’India. La fibra del cashmere poi è più spessa e più facile da lavorare: per questo la pashmina è più preziosa del cashmere.
Come arrivare in India
La compagnia di bandiera indiana Air India (airindia.com) vola non stop tre volte alla settimana tra Milano Malpensa e New Delhi a partire da 355 euro a tratta. Gli aerei di IndiGo (goindigo.in) raggiungono gli aeroporti di New Delhi e Mumbai, via Istanbul, dagli scali di Milano Malpensa, Venezia e Roma Fiumicino a partire da 249 euro a tratta. Da New Delhi e Mumbai sono molto frequenti, veloci ed economici, i collegamenti aerei diretti con le cittadine di Jaipur, Goa e Varanasi operati dagli aeromobili di Air India, IndiGo e Air India Express (airindiaexpress.com), la compagnia area low cost filiale di Air India. Per ottenere le migliori tariffe, su entrambe le rotte, internazionale e nazionale, è sempre consigliato prenotare con largo anticipo.