
«È FÌMMINA!» Così Loredana, la mia guida, mi riassume Palermo in una parola. Perché fìmmina, cioè donna – mi spiega – esprime l’essenza della città: la sua struttura matriarcale, la cucina (guai a chiedere un arancino: qui la deliziosa polpetta di riso è solo al femminile, arancina) e la storia dei quartieri centrali, disegnati dalle sante spodestate da Rosalia, la “santuzza” diventata patrona e festeggiata ogni 15 luglio. Per mostrarmi questa Palermo al femminile, Loredana mi invita a seguirla in un itinerario urbano scandito dalle donne che ne hanno fatto la storia.
Alla scoperta delle anime femminili di Palermo a teatro e al mercato

Dalla monumentale Porta Nuova, vicino al palazzo dei Normanni e alla spettacolare Cappella Palatina, arrivarono le reliquie di Santa Rosalia, ritrovate miracolosamente quattro secoli fa. Arrivavano dalla grotta del Monte Pellegrino, dove la giovane donna si era rifugiata rinunciando ai privilegi per vivere isolata. Per i palermitani, che la considerano la “femmina” per eccellenza, fu lei a salvare la città dalla peste ed è per questo che ne custodiscono le spoglie nell’imponente cattedrale. Non lontano, nella bottega della famiglia Argento, maestri pupari dal 1893, prende vita Angelica, la principessa che animò i cuori (e le rivalità) dei cavalieri dell’Orlando Furioso. Sul palcoscenico del Teatro Argento, nel vicino Palazzo Asmundo, le sue vicende sono messe in scena nelle rappresentazioni dell’opera dei pupi, patrimonio immateriale dell’umanità.

Nel Mercato del Capo, Palermo rivela invece la sua anima araba, che i Normanni hanno trasformato con chiese e palazzi, sostituendo le trecento moschee della città. Al fondo di vicolo Abbadia, un cortile si apre sull’universo di quattro donne che hanno creato un luogo dove tutto, dagli arredi ai sapori, parla di Sicilia. Persino la carta da parati riprende le piante della macchia mediterranea. La cucina attinge a ricette scovate negli angoli più sperduti della Sicilia o fra le ricette delle nonne. I loro “Dolci al Volo”, venduti al mercato, possono essere gustati passeggiando oppure seduti nel giardino delle Angeliche, a due passi.
Sfide dolci al femminile nei quartieri storici di Palermo

Il cuore della città batte ai Quattro Canti, ottagono barocco dall’aspetto teatrale. In alto, oltre le fontane dei fiumi, le statue femminili delle stagioni e quelle della casa reale di Spagna e d’Asburgo, ci sono le quattro patrone – Agata, Cristina, Ninfa e Oliva – sostituite da Rosalia perché non esaudivano le preghie-re dei palermitani che invocavano la fine della peste. Restano però nella memoria e nella topografia della città: ciascuna di loro rappresenta uno dei mandamenti in cui il viceré Maqueda riorganizzò Palermo. A dividerli c’è il viale intitolato a Vittorio Emanuele, che attraversa il capoluogo dal palazzo dei Normanni al mare; per i palermitani è il Cassaro, dall’arabo al quasr, castello. Là dove si affacciavano i palazzi nobiliari, le ricche aristocratiche passeggiavano al braccio dei galantuomini. E una volta l’anno si svolgeva la “corsa delle bagasce”, una competizione fra popolane per vincere un corsetto di raso, organizzata soprattutto per il morboso piacere degli uomini.
Piazza Pretoria è stata teatro di una sfida ben diversa, fra i conventi della Martorana e di Santa Caterina: le monache benedettine e domenicane rivaleggiavano nell’arte della pasticceria. Mentre le prime si specializzarono in pasta di mandorle sagomata a forma di frutta, le seconde ancora oggi sono celebri per i loro cannoli, considerati fra i migliori e più generosi della città. Davanti al loro laboratorio c’è sempre la coda: la pausa dolce nel giardino di Santa Caterina è la più classica conclusione della visita.
La fotografia come antidoto a una società di uomini

Fuori da Palermo le foto vengono diverse. Lo diceva Letizia Battaglia, nata nel 1935 e cresciuta in un mondo di uomini in cui si è fatta largo raccogliendo immagini di vita quotidiana e diventando paladina della lotta alla mafia. Alle spalle del Teatro Massimo, che racconta della rivalità fra Donna Franca Florio e la soprano Lina Cavalieri, quello di Letizia è uno dei volti raffigurati sul più lungo murale della legalità d’Italia. Questo nastro colorato di 70 metri addobba via San Gregorio, accanto alla caserma dei Carabinieri, e rende immortali vittime e combattenti della mafia.
I giganteschi ficus di piazza Garibaldi, invece, crescono dove un tempo si trovava il patibolo per le “avvelenatrici”, cui si ispirò Luigi Natoli nel libro La Vecchia dell’Aceto. Racconta la storia di Giovanna Bonanno, la più celebre di queste donne vissute fra ‘600 e ‘700, a cui si rivolgevano mogli oppresse che volevano liberarsi da mariti o amanti violenti. La soluzione era sempre un’ampolla di veleno: Giulia Tofana e sua figlia ne svilupparono uno, insapore e inodore come l’acqua, che da loro prese il nome di acqua tofana. Furono scoperte e finirono sul rogo come Giovanna Bonanno, che preparava un composto di veleno per pidocchi, a base di arsenico e aceto. Per camuffarne l’odore terribile, c’era bisogno di mescolarlo a pietanze dal sapore forte. Come la caponata, oggi diventata simbolo della gastronomia palermitana: servita ogni sera, in un paio di settimane aiutava a conquistare la libertà.
Informazioni utili
Come arrivare
L’aeroporto intitolato a Falcone e Borsellino (aeroportodipalermo.it) è collegato al centro di Palermo da un bus navetta. Il tragitto dura 50 minuti, ha diverse fermate e si conclude alla stazione centrale; corsa semplice 6 euro, andata e ritorno 10 euro (prestiaecomande.it). Comodo anche il collegamento ferroviario Trenitalia con fermate urbane ed extraurbane (1 ora, 6,80 euro, trenitalia.com). Uscendo dall’aeroporto, sulla destra, si trova il taxi sharing delle cooperative palermitane. La corsa per il centro costa 8 euro a persona (minimo 4, massimo 8 passeggeri).
A chi chiedere
L’itinerario al femminile è una delle proposte di Loredana Cannova, guida turistica di Palermo e della Sicilia (320 0787880, loredanacannova@gmail.com).
Dove dormire
Suite 136, in pieno centro, ha camere moderne e ben arredate. Niente colazione, ma accanto c’è un ottimo bar. Da 60 euro la doppia solo pernottamento in bassa stagione (suite136.it). Il Palchetto BB invece è il regno di Silvia, che accoglie gli ospiti come faceva la bisnonna Angelina in un’antica locanda palermitana. Le tre camere hanno i nomi delle sante Ninfa, Rosalia e Oliva. Da 60 euro la doppia con prima colazione (bbilpalchetto.it).
Dove mangiare
Al bistró Le Angeliche, in un tipico cortile palermitano, la cucina ritrova le tradizioni della campagna: semplicità e abbondanza. Piatti siciliani da mangiare sul posto o da portar via in cesti da picnic completi di accessori in carta riciclata, posate in bambù, matite e quaderni per i bambini e lozione antizanzare (leangeliche.it).
Dove fare shopping
Spazio a tempo, gestito da due artigiane e designer siciliane, è un po’ galleria d’arte, un po’ laboratorio, un po’ negozio di oggetti di vario tipo: ceramiche, bigiotteria, tessuti ispirati ai colori e ai motivi della Sicilia (@spazio_a_tempo).