Abbraccia l’arco di tempo tra le due ultime decadi del Diciannovesimo secolo e gli anni Sessanta la mostra «Ninfa e Musa. Un secolo di femminile nell’arte» che la Galleria Russo di Roma propone dal 21 febbraio al 13 marzo. In esposizione le opere dei maestri del Novecento, selezionate dai curatori Daniela Fonti e Francesco Tetro. Attraverso 53 opere di 28 grandi pittori e scultori, l’esposizione ripercorre l’idea di bellezza, l’evoluzione artistica e sociale della figura femminile, i cambiamenti del costume e le nuove tendenze della creatività per arrivare a comporre il mosaico del rapporto tra Arte e Donna.

Dai ritratti di John Singer Sargent alla donna futurista di Balla

Il percorso ideale della mostra inizia con John Singer Sargent e la sua Princess de Beaumont, realizzata nel 1884, «un periodo in cui – spiega Fonti – in tutta Europa il ritratto si afferma come una moda di grande successo per la media borghesia che vuole vedere consacrato uno status di benessere e riconoscimento sociale da poco raggiunto. Il dipinto raffigura una donna altera, perfettamente consapevole non solo del suo status sociale ma anche del suo personale potere». L’opera di Antonio Mancini, Figura Femminile (1890-1900), porta l’osservatore a una rivisitazione dell’intimità e della psicologia della donna, catturandone la bellezza in un momento sospeso.

Alla Cariatide di Amedeo Modigliani, avvio di un ciclo realizzato tra il 1910 e il 1914, si affianca il Ritratto di bambina (1911) di Umberto Boccioni, che anticipa le novità del Futurismo rappresentate dalle due opere esposte di Giacomo Balla: se La Pazza (1904) esplora aspetti della follia, La Figlia del Sole (1933) orienta in senso contemporaneo la rappresentazione della donna ispirandosi alle tecniche «popolari» della fotografia e del cinema e al mondo glamour dei rotocalchi.

Percorso espositivo tra le opere di De Chirico e Matisse

Altra opera fondamentale in esposizione, Bagnanti sopra una spiaggia (1934) di Giorgio de Chirico ritrae figure femminili in un contesto sospeso tra realtà metafisica e quotidiano. Gino Severini propone due interpretazioni della danzatrice, una del 1913 e una del 1958, Duilio Cambellotti rappresenta l’influenza dell’Art Nouveau in Italia, mentre Henri Matisse con Nu debout (1908-1909) esplora forme che rendono il corpo della donna espressione di purezza e libertà.

L’esposizione continua con Pianto sulla porta chiusa (1919) di Adolfo Wildt, disegno che l’artista dona a Margherita Sarfatti, sua grande sostenitrice, protagonista anche di un’opera di Mario Sironi del 1916-1917 che esprime la natura psicologica del soggetto.

Omaggio alla figura femminile nell’arte

Altre visioni della figura femminile si aggiungono con le opere di André Derain, Achille Funi, Antonio Donghi, Carlo Socrate, Scipione, Carlo Levi, Fausto Pirandello, Felice Casorati, Arturo Martini e con le sculture di Giacomo Manzù fino alla Danzatrice di Mirko Basaldella del 1956 e la Nascita di Venere (1950) di Alberto Savinio che chiude il percorso espositivo.