Siviglia meraviglia: non può esserci rima più azzeccata per la spumeggiante capitale dell’Andalusia, che lascia senza fiato a ogni giro d’angolo. E di pagina, considerato che nella città è ambientato un avvincente noir storico, tutto al femminile, appena uscito in libreria. Abbiamo chiesto proprio all’autrice, Susana Martín Gijón, di accompagnarci in questo tour letterario. Lei, che è nata qui, ci guida alla scoperta dei luoghi che hanno ospitato le sue eroine.
Tra passato e presente, realtà e immaginazione
Di fronte a me, sul tavolino di un patio moresco, ci sono solo due oggetti: una cartina turistica e l’edizione spagnola di 1580: morte a Siviglia. La sua autrice, Susana Martín Gijón, mi siede accanto. «È stato difficile tornare nel presente, la mia mente è ancora nel Cinquecento!». Come la prostituta e la suora protagoniste del romanzo (un po’ storico, un po’ giallo) anche noi ci muoveremo tra i callejones, i vicoli di Siviglia. Non per metterci sulle tracce di un efferato assassino, ma per immaginare la città che fu. E, naturalmente, godere del concentrato di meraviglie che è oggi.
C’era una volta, all’Arenal
Immagina una città divisa al suo centro da un fiume, zero collegamenti. Così è stata Siviglia fino a metà dell’Ottocento, quando il primo ponte sul Guadalquivir ha finalmente unito le sponde dopo secoli. Le due anime della città però avevano già “divorziato”, l’una, El Arenal, su un lato del fiume, l’altra, il quartiere Triana, sull’altro.
La prima coincide con l’inizio del nostro tour e anche del romanzo di Susana. Nel Cinquecento era una grande distesa di sabbia, andirivieni di marinai, porto e porta delle Americhe. Oggi El Arenal è perfetto per una bella passeggiata lungofiume, per salire a bordo della Nao Victoria, una replica a grandezza naturale dell’omonimo leggendario galeone, e per ammirare la Torre dell’Oro, tra i monumenti più importanti della città.
Ma merita anche una deviazione verso il centro storico, fino alla Puerta del Arenal. Oggi un ordito di vie pittoresche, cinque secoli fa la Siviglia canaglia con le sue taverne e la Mancebía: lo spazio recintato, destinato alla prostituzione legale, dove viveva Damiana, una delle due protagoniste del romanzo. L’altra, suor Carlina, stava nel convento adiacente (ora dislocato). Scrive Susana: «Le più sante e le più peccatrici convivono l’una accanto all’altra, dandosi le spalle».
Cammina cammina, tra palazzi reali e dimore dei sultani
Mentre il romanzo aumenta il passo per inseguire le pericolose indagini di Damiana e Carlina – tra opulenti palazzi, vicoli oscuri e postriboli – anche noi ci avviciniamo alla zona di Siviglia in cui tutto si fa più ricco e veloce. Sulle gradinate della Cattedrale, oltre 11mila metri quadrati Patrimonio dell’Unesco, un tempo si raccoglieva il vociare dei sivigliani: «Qui si veniva per apprendere tutto ciò che di nuovo accadeva in città» mi spiega la scrittrice. Oggi invece è doveroso venirci per circumnavigare a piedi la Cattedrale e fermarsi sotto l’imponente torre Giralda; i suoi 100 metri di altezza sono la traduzione architettonica dei due principali influssi che arricchiscono Siviglia da secoli, quello moresco e quello cristiano.
La miscela culturale sivigliana per eccellenza, però, è a un minuto da lì: è il Real Alcázar, dimora dei sultani prima e dei Re Cristiani dopo. Tre i sublimi palazzi che lo compongono, cinque i secoli che si attraversano compiendo solo dieci passi. È un vero esercizio di meditazione e piacere visivo, che nel romanzo strega anche Damiana. Accorsa nella Casa de Contratación di una Siviglia ricca e cosmopolita, per incontrare un affascinante pilota alle prese con preziose mappe nautiche.
E vissero felici, a Triana
Terminata l’ipnosi è tempo di tirare le fila della storia, ma raggiungendo l’altra sponda del fiume. Damiana e Carlina lo facevano su un ponte rudimentale e instabile costituito da barche ormeggiate le une accanto alle altre. Noi invece percorriamo il ponte in ferro che unisce il cuore di Siviglia al quartiere di Triana. Poggia su ciò che resta del Castello di San Jorge, per secoli sede e prigione della Santa Inquisizione. «Sorgeva imponente come simbolo di potere e oppressione: dall’altra parte del fiume tutti, anche i miei personaggi, lo vedevano incombere minaccioso» mi racconta Susana.
Oggi sul sito del castello è installato il Mercato coperto: senti il vero mood sivigliano camminando qui, con un bicchiere di sangria in una mano e il cellulare nell’altra, a immortalare le tipiche piastrelle andaluse. Colorate e vivaci come Triana, l’antico quartiere gitano oggi perfetto per tapear. Fatto di persone autentiche e abitudini semplici, culla della meravigliosa arte del flamenco. E a proposito di meraviglia… ricordi la rima baciata del titolo? Viene da uno dei più antichi e famosi proverbi della Spagna, l’ho sottolineato in fucsia mentre leggevo il 76esimo capitolo del romanzo di Susana: «Chi non ha visto Siviglia, non ha visto meraviglia». E mai ci fu detto più vero.
L’altra metà della storia: intervista all’autrice Susana Martín Gijón
Nella capitale dell’Andalusia Susana Martín Gijón prima ci è nata. Poi ci ha ambientato, con un salto all’indietro di cinque secoli, il suo ultimo romanzo. 1580: morte a Siviglia, bestseller in Spagna, arriva in Italia pubblicato da Ponte alle Grazie.
Che legame ha con la città?
«È il posto della mia infanzia. Ogni volta che metto piede a Siviglia sento una forte energia, per questo l’ho inserita spesso nei miei libri. Nell’ultimo romanzo, però, per la prima volta ho viaggiato indietro nel tempo».
Come mai ha scelto proprio il 16esimo secolo?
«Il Cinquecento è stato un periodo glorioso per la capitale dei due mondi e per la Spagna. Io però ho voluto cambiare il punto d’osservazione: Siviglia era una città potente, ma la maggior parte di chi la abitava rimaneva privo di risorse. Le donne, soprattutto. È a loro che ho voluto restituire visibilità e voce».
Il libro si apre infatti con una dedica a tutte le donne che non hanno fatto la Storia.
«O che l’hanno fatta, ma senza che qualcuno ce lo abbia raccontato. Come Damiana e le altre prostitute della Mancebía. O come María de San José (realmente esistita, ndr), la religiosa più colta del suo tempo, sostenitrice dei diritti delle donne, penna tanto raffinata quanto dimenticata. Anzi, cancellata. Come si può capire la Storia se ce la racconta solo metà della popolazione? In quanto scrittrice sento il dovere di ricordare sempre, dentro e fuori i miei libri, le donne».
Come Damiana e Carlina.
«Esatto. Le due protagoniste del romanzo sono una prostituta e una suora che hanno cercato di salvarsi da sole, in modi diametralmente opposti. Vendere il proprio corpo o santificarlo: per le donne di allora, le uniche vie di fuga dal carcere del matrimonio. Per le due amiche, la possibilità in primis di sopravvivere».
C’è un personaggio del romanzo a cui è più affezionata?
«Damiana, una ragazza tosta e inarrestabile, che non poteva essere altrimenti se voleva sopravvivere nella dura Siviglia del Cinquecento. Mi piace anche il primo pilota Eugenio de Ron. Come Damiana, anche lui è un orfano con origini umili. In quanto uomo, però, ha avuto più possibilità e ha potuto scalare la gerarchia di bordo. Forse è per questo che, rispetto alla protagonista, è meno implacabile e ha qualche crepa in più».
Nel libro scrive che 1580: morte a Siviglia è stato il suo progetto più complesso. Come mai?
«Perché ha richiesto due anni di documentazioni. Ho camminato all’infinito per Siviglia, trascorso ore e ore nelle librerías de viejo (specializzate nei documenti antichi, ndr), parlato con esperti. Ho persino viaggiato su un vero galeone per immergermi nel mondo della navigazione. Vivere le sensazioni provate dai miei personaggi mi ha permesso di descriverle meglio e in modo più immediato: un thriller deve pur sempre avere capitoli corti e ritmo incalzante».
Dove è nata la sua passione per la scrittura e per il mistero?
«Ho sempre letto e scritto gialli: mia madre mi portava in biblioteca, mia nonna aveva un’ammirazione per Agatha Christie. Il giallo mi piace perché mi dà la possibilità di immergermi nelle radici della disuguaglianza: nella mia penna c’è sempre un po’ di denuncia sociale».
Un libro ti porta lontano
Se ami leggere e viaggiare, dai un’occhiata a Mappa Letteraria (www.mappaletteraria.it). Il progetto – ideato dall’Associazione L’Impronta in collaborazione con il Centro per il Libro e la Lettura del ministero della Cultura – unisce luoghi e libri in una mappa virtuale aperta al contributo di tutti. Puoi prepararti ai tuoi viaggi futuri assaggiandone la meta tra le pagine degli oltre 3.000 titoli caricati sulla piattaforma o, al contrario, lasciare che un libro che hai amato ti conduca nella sua ambientazione. Un po’ come è successo a me, con il romanzo di Susana Martín Gijón.