A fine aprile Zoom ha superato i 300 milioni di utenti giornalieri. Meno di un mese prima erano 200 milioni al giorno le persone collegate sulla piattaforma. Una crescita vertiginosa, per via della quarantena imposta dall’emergenza sanitaria in tutto il mondo, ma che si è accompagnata a qualche problema di sicurezza.
Le incursioni nelle videochiamate
È spuntato persino un neologismo, zoombombing – che richiama il photobombing, le presenze indesiderate nelle foto e nei selfie. Indica le incursioni non volute nelle videochiamate di studenti, nei meeting di lavoro, nelle conferenze e in altri appuntamenti, ad opera di troll che hanno il solo obiettivo di disturbare, offendendo e proponendo contenuti razzisti o pornografici. Segnalazioni ce ne sono state a volontà, sia negli Usa che in Gran Bretagna: sessioni di laurea interrotte da attacchi razzisti, meeting di grandi società bloccati da immagini osé. Anche una sessione di preghiera organizzata da una sinagoga di Londra è finita oggetto di una grave intromissione a sfondo antisemita.
Non è la sola rogna per l’azienda di software che ha creato Zoom. Ad aprile un attacco hacker avrebbe riversato sul dark web circa 500 mila credenziali (nome utente e password), mentre un precedente “passaggio” di dati su server cinesi ha alimentato sospetti di collusione con il regime di Pechino. La società ha scelto un consulente di prima grandezza per risolvere i guai: Alex Stamos, ex capo della sicurezza di Facebook. Ha poi rilasciato la versione 5.0.1, con importanti migliorie proprio sul tema privacy.
Come fare videochiamate e riunioni sicure
L’aggiornamento all’ultima versione viene suggerito dalla applicazione stessa quando si effettua il login (si vede nella pagina principale). È stato introdotto un sistema di crittografia – si chiama AES-256 GCM – che protegge i dati dell’utente e la sua connessione. Ma soprattuto ci sono semplici accorgimenti anti-zoombombing. I disturbatori avevano vita facile perché l’ID – il numero identificativo del meeting – veniva mostrato nella finestra principale di Zoom. Bastava una condivisione sui social di uno screenshot della riunione, per diffondere a tutti una chiave d’accesso all’incontro.
Ora il meeting ID non si visualizza più automaticamente. Le impostazioni di sicurezza sono facilmente raggiungibili dalla schermata principale di un meeting. Basta avviarne uno per provare: in basso, al centro, c’è l’icona di uno scudo. Cliccandoci sopra, compare un menu che permette di abilitare “lock meeting” (nessuno potrà più entrare), “waiting room” (la sala d’attesa, che permette di controllare chi tenta di entrare e di autorizzare solo chi si desidera), e altri tre comandi per permettere o no ai partecipanti di condividere il loro schermo, usare la chat e rinominarsi. «Basta attivare la “sala d’attesa”, disattivare l’audio ai partecipanti appena entrano nel meeting e bloccare l’accesso (“lock meeting”) dopo che la riunione è iniziata e sono presenti tutti quelli che ci aspettavamo», spiega Andrea Maricelli. «Così saremo ragionevolmente tranquilli: troll o “zoombombers” non verranno a disturbare».
“Ogni giorno più smart” è un progetto di Donna Moderna. Sul web, sul magazine e sui social ti accompagniamo alla scoperta degli strumenti digitali che ti permettono di restare a casa ma anche di vivere da protagonista tutto quello che succede nel mondo.
Questi giorni convulsi e confusi, mentre tutti siamo immersi in una emergenza sanitaria che stravolge le routine di lavoro, di studio e di vita, hanno costretto i bambini a casa insieme a noi. Il coronavirus sta costringendo molte scuole chiuse a sperimentare le lezioni a distanza, mentre poche, pochissime, erano già avvezze alla didattica digitale e si sono fatte trovare pronte.
Lezioni da remoto
Quello delle lezioni da remoto, via Web, non è un “vezzo”: le indicazioni del Ministero dell’Istruzione diramate in una circolare dell’8 marzo, sono molto chiare. Il Miur «consiglia comunque di evitare, soprattutto nella Scuola primaria, la mera trasmissione di compiti ed esercitazioni, quando non accompagnata da una qualche forma di azione didattica o anche semplicemente di contatto a distanza».
In un Paese in cui solo il 21% della popolazione possiede un buon livello di alfabetizzazione digitale (dati Ocse del 2019), avvicinare genitori e nonni all’uso di strumenti per videolezioni su computer e tablet non è cosa così scontata. Soprattutto quando parliamo di bambini della primaria, magari già avvezzi all’uso di smartphone e tablet per gioco, ma impreparati a seguire una vera lezione da remoto.
Abbiamo chiesto ad Andrea Maricelli, docente degli Istituti De Amicis di Milano, Apple Education Specialist presso C&C consulting e formatore certificato che aiuta decine di scuole ad adottare la didattica digitale, di accompagnarci in un rapido e concreto percorso di apprendimento: cos’è e come funziona Zoom, la piattaforma di videoconferenza online che molti stanno scoprendo in queste settimane.
Cos’è Zoom
«Zoom Cloud Meetings è una piattaforma web che serve a fare lezione in diretta, da remoto. L’insegnante, dalla propria casa, tiene una videoconferenza, una lezione a distanza a cui possono accedere tutti gli alunni, contemporaneamente, da qualsiasi dispositivo abbiano. Purché ovviamente sia connesso a Internet», spiega Maricelli. Durante la lezione tutti vedono la loro maestra e, in riquadri più piccoli, i compagni di classe collegati. L’insegnante può mostrare sullo schermo schede o esercizi per i ragazzi. Zoom non è poi così difficile da usare: è una piattaforma gratuita e si può accedere alle lezioni anche senza registrarsi.
Zoom: come si scarica
«Zoom si può installare su qualunque dispositivo, sia esso un Pc o uno smartphone o un tablet. Si può accedere alla piattaforma direttamente dal browser se lo si utilizza sul computer, o scaricando l’applicazione Zoom gratis per Android e iOS», spiega l’esperto. Basterà andare sullo store delle app (si chiama App store sui dispositivi iOS, Play Store su quelli Android) e cercare “Zoom cloud meeting”. Poi scaricare e installare la app, contraddistinta da una icona azzurra con il simbolo di una videocamera bianca all’interno.
Come si usa Zoom
Zoom può essere utilizzato in due modi. «La scuola può scegliere di mettere a disposizione – di norma sul registro elettronico – il link di ogni singolo docente, oppure un codice numerico per ciascun docente. Nel primo caso basta cliccare il link dell’insegnante all’orario stabilito per la sua lezione. Si apre automaticamente l’applicazione Zoom e ci si ritrova già dentro l’aula virtuale del docente», spiega Maricelli.
Se invece la scuola ha diffuso i codici numerici, bisogna procedere diversamente. «Prima aprire l’app Zoom e poi cliccare sul tasto “Join meeting”. Nella schermata successiva si inserisce il codice del docente, il nome dell’utente (del bambino) e si clicca su “Join”. Seguono altri due clic: uno su “Join with video” per poter usare la telecamera del dispositivo, e uno su “Call using internet audio” che permette di utilizzare l’audio via web e sentire così maestra e compagni».
Zoom: la lezione
Inizia così una sessione gratuita di 40 minuti. Il docente tiene la sua lezione, può gestire audio e video di tutti gli alunni (silenziandoli se necessario). «L’insegnante può condividere sullo schermo schede o materiali di studio mentre parla: può mostrare il suo schermo duplicato, condividere un documento, un sito web da mostrare ai ragazzi e una lavagna virtuale su cui scrivere e eventualmente far scrivere i ragazzi stessi». Lo studente, toccando lo schermo, vede alcune funzioni in alto a destra. «I comandi importanti sono due: “Raise hand” è l’alzata di mano, il docente vede visualizzata una manina blu e sa che il ragazzo sta chiedendo di essere ascoltato o di intervenire. L’altro è la “Chat”, per scrivere al docente se si vuole comunicare qualcosa di più articolato».
A conclusione, si lascia il meeting cliccando in alto a sinistra, su “Leave meeting”. «Naturalmente, per una didattica completa, serve una seconda applicazione di supporto», chiude l’esperto. «Una app di condivisione che consenta di assegnare compiti e lavori agli studenti, normalmente è sufficiente il registro elettronico».