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ACQUISTA AUTOREVOLEZZA
Urlare è espressione di una rabbia così potente da travolgere tutto: in questi momenti la tensione esplode, si perde il controllo e spiegarsi con calma diventa un miraggio. Che cosa esprime un corpo pieno di rabbia? Lo psicologo e psicoterapeuta Davide Algeri spiega che urlando il genitore mostra tutta la sua fragilità emotiva. Chi strilla di più ha ragione, ecco l’idea che viene trasmessa. Il rischio è che un comportamento isolato diventi un’abitudine costante e venga seguita dai bambini stessi, che tenderanno a imporre il loro punto di vista urlando. L’80% della comunicazione è non verbale e i bambini più degli adulti sono guidati da antenne molto sensibili: quando vengono sgridati da un adulto poco sicuro di sé, se ne accorgono immediatamente. Recupera il contatto con il tuo corpo e la tua mente. Usa uno sguardo diretto insieme a un tono di voce basso, profondo. Parla lentamente: quando la nostra sicurezza abita nel profondo di noi stessi, un semplice sguardo riesce a veicolare autorità e incutere rispetto arrivando all’altro carico di senso.
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SEI COERENTE?
Fai in modo che in casa vigano regole chiare e precise, per un bambino sarà più facile capire e seguire qualcosa sempre uguale, anziché brancolare nel buio e tentare di distinguere ciò che ieri si poteva fare e oggi non vale più. Anche per questo motivo è strategico usare un linguaggio impersonale e oggettivo quando esponiamo ai bambini una regola, anziché comandare con un imperativo. Ecco un chiaro esempio di Daniele Novara, che nel libro Urlare non serve a nulla spiega la differenza fra «Stai seduto!», un comando, e «A tavola si mangia seduti», una regola educativa. Modificare il linguaggio quotidiano ha conseguenze positive perché aiuta a comunicare in una modalità più legata ai fatti che alla rabbia del momento. Per esempio, al classico «Di chi è la colpa?», che si basa su un concetto di bene, male e la ricerca di un colpevole, meglio sostituire «Che cos’è successo?», che punta a una spiegazione più obiettiva. Perché è sbagliato dire «Sei cattivo!» a un bambino: per una comunicazione efficace è fondamentale distinguere la persona dal comportamento. Dunque, possiamo fare i cattivi, ma non siamo cattivi.
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ASCOLTA LE TUE EMOZIONI
Come è possibile difendersi da qualcuno che urla in continuazione? Smettendo di ascoltare. A volte le giornate possono essere davvero difficili e una gridata può involontariamente diventare un punto di non ritorno in cui esplodono emozioni profonde. Evita di trasformare una sgridata verso qualcosa che è accaduto qui e ora in un flusso interminabile di esempi del passato. Concentrati sul presente. L’autocontrollo non nasce all’improvviso, dobbiamo ammetterlo. Imparare a fermarsi e evitare di aggiungere ai fatti del momento il nostro carico emotivo a volte è quasi impossibile. Si tratta di un lungo lavoro su se stessi, per questo trovare degli spazi in cui esprimere e sfogare emozioni forti, come il senso di frustrazione e rabbia che talvolta travolgono, può aiutare gli adulti a gestire meglio i momenti in cui la tensione cresce.
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PUNTA SULL’AUTONOMIA
Gli adulti non sanno tutto, ecco perché non esiste un manuale del genitore perfetto, non sentirti in colpa quando non saprai come comportarti di fronte a tuo figlio. Il vero compito di un bambino è crescere e diventare una persona autonoma. Come sottolineava Maria Montessori già all’inizio del Novecento, aiutare a sviluppare l’indipendenza può essere sperimentato fin piccolissimi e costituisce un processo di crescita in grado di cambiare radicalmente il rapporto con se stessi e l’autorità. Tagliare il cibo nel piatto dei bambini, vestirli anziché guardare mentre si vestono, allacciare loro le scarpe fa guadagnare tempo, ma per i piccoli è la perdita di un momento in cui mettersi alla prova, imparare a fare, diventare più esperti e sicuri. Il fine dell’educazione è aiutare un bambino a diventare un adulto consapevole: ricorda che nessun bambino è uguale a un altro, perché ogni essere umano è unico. Dunque, ciò che vale per qualcuno può non essere adatto per altri. Lavora su di te e usa le regole per indicare, non per mortificare.