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Vivere meglio in famiglia educando con la libertà
di Maddalena De Bernardi
17.06.2015
CAMBIA LA COMUNICAZIONE
Secondo l'American Academy of Pediatrics le sculacciate bloccano l'azione dei bambini solo nell'immediato: sono la paura e il senso di colpa a dettare un limite, tuttavia questo metodo non aiuta i piccoli a diventare più consapevoli dei comportamenti adeguati da seguire. Il concetto di sfida appare direttamente collegato a questa modalità, perché se la regola viene seguita con paura, a cui si aggiunge il timore per le conseguenze provocate, di frequente accade che la proibizione si ammanti di fascino e possa diventare un'esca tentatrice. Prima di nascosto poi per provocazione come reazione all'autorità, il passo verso la sfida è breve, secondo i pediatri statunitensi. Ecco perché la prima regola utile per interrompere il meccanismo è cambiare la comunicazione: vediamo che cosa può aiutarci a sviluppare un linguaggio educativo nuovo.
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Urlare è espressione di una rabbia così potente da travolgere tutto: in questi momenti la tensione esplode, si perde il controllo e spiegarsi con calma diventa un miraggio. Che cosa esprime un corpo pieno di rabbia? Lo psicologo e psicoterapeuta Davide Algeri spiega che urlando il genitore mostra tutta la sua fragilità emotiva. Chi strilla di più ha ragione, ecco l’idea che viene trasmessa. Il rischio è che un comportamento isolato diventi un’abitudine costante e venga seguita dai bambini stessi, che tenderanno a imporre il loro punto di vista urlando. L’80% della comunicazione è non verbale e i bambini più degli adulti sono guidati da antenne molto sensibili: quando vengono sgridati da un adulto poco sicuro di sé, se ne accorgono immediatamente. Recupera il contatto con il tuo corpo e la tua mente. Usa uno sguardo diretto insieme a un tono di voce basso, profondo. Parla lentamente: quando la nostra sicurezza abita nel profondo di noi stessi, un semplice sguardo riesce a veicolare autorità e incutere rispetto arrivando all’altro carico di senso.
SEI COERENTE?
Fai in modo che in casa vigano regole chiare e precise, per un bambino sarà più facile capire e seguire qualcosa sempre uguale, anziché brancolare nel buio e tentare di distinguere ciò che ieri si poteva fare e oggi non vale più. Anche per questo motivo è strategico usare un linguaggio impersonale e oggettivo quando esponiamo ai bambini una regola, anziché comandare con un imperativo. Ecco un chiaro esempio di Daniele Novara, che nel libro Urlare non serve a nulla spiega la differenza fra «Stai seduto!», un comando, e «A tavola si mangia seduti», una regola educativa. Modificare il linguaggio quotidiano ha conseguenze positive perché aiuta a comunicare in una modalità più legata ai fatti che alla rabbia del momento. Per esempio, al classico «Di chi è la colpa?», che si basa su un concetto di bene, male e la ricerca di un colpevole, meglio sostituire «Che cos’è successo?», che punta a una spiegazione più obiettiva. Perché è sbagliato dire «Sei cattivo!» a un bambino: per una comunicazione efficace è fondamentale distinguere la persona dal comportamento. Dunque, possiamo fare i cattivi, ma non siamo cattivi.
ASCOLTA LE TUE EMOZIONI
Come è possibile difendersi da qualcuno che urla in continuazione? Smettendo di ascoltare. A volte le giornate possono essere davvero difficili e una gridata può involontariamente diventare un punto di non ritorno in cui esplodono emozioni profonde. Evita di trasformare una sgridata verso qualcosa che è accaduto qui e ora in un flusso interminabile di esempi del passato. Concentrati sul presente. L’autocontrollo non nasce all’improvviso, dobbiamo ammetterlo. Imparare a fermarsi e evitare di aggiungere ai fatti del momento il nostro carico emotivo a volte è quasi impossibile. Si tratta di un lungo lavoro su se stessi, per questo trovare degli spazi in cui esprimere e sfogare emozioni forti, come il senso di frustrazione e rabbia che talvolta travolgono, può aiutare gli adulti a gestire meglio i momenti in cui la tensione cresce.
PUNTA SULL’AUTONOMIA
Gli adulti non sanno tutto, ecco perché non esiste un manuale del genitore perfetto, non sentirti in colpa quando non saprai come comportarti di fronte a tuo figlio. Il vero compito di un bambino è crescere e diventare una persona autonoma. Come sottolineava Maria Montessori già all’inizio del Novecento, aiutare a sviluppare l’indipendenza può essere sperimentato fin piccolissimi e costituisce un processo di crescita in grado di cambiare radicalmente il rapporto con se stessi e l’autorità. Tagliare il cibo nel piatto dei bambini, vestirli anziché guardare mentre si vestono, allacciare loro le scarpe fa guadagnare tempo, ma per i piccoli è la perdita di un momento in cui mettersi alla prova, imparare a fare, diventare più esperti e sicuri. Il fine dell’educazione è aiutare un bambino a diventare un adulto consapevole: ricorda che nessun bambino è uguale a un altro, perché ogni essere umano è unico. Dunque, ciò che vale per qualcuno può non essere adatto per altri. Lavora su di te e usa le regole per indicare, non per mortificare.
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