L’educazione di un figlio maschio deve passare dall’insegnamento della cultura della non violenza e del rispetto reciproco. Un percorso non sempre facile, a causa di conflitti interiori e influenze esterne negative. Ma, attraverso l‘esempio e l’accettazione delle emozioni , si può formare un futuro adulto in grado di rispettare e amare in modo sano il prossimo
Un rapporto da valorizzare
Per crescere un figlio che sappia rispettare il prossimo ( indipendentemente dal sesso) e che sia in grado i costruire relazioni sane , la figura del padre resta sempre un punto di riferimento fondamentale .
In particolare, è importante che il bambino trascorra del tempo (anche esclusivo) con il papà e non solo per dedicarsi ad attività “maschili” (considerando anche che, nella realtà, non esiste un divertimento “di genere” ).
Il tempo vissuto con il padre è importante perché rappresenta un terreno di sperimentazione per i figli maschi. Il ruolo paterno , infatti, è fondamentale nello sviluppo morale dei figli.
Come sostengono le teorie di Terrance Olson e James Marshall, rispettivamente della Brigham Young University e della University of Kansas , il papà esercita l’influenza morale in modi differenti . A partire dall‘esempio, nonché dalle diverse modalità di gestire le emozioni e le conseguenti reazioni.
Il valore del sentire
Non solo “fare”, al bambino andrebbe insegnato anche il valore del sentire . Spesso, infatti, dietro a uomini violenti c’è un’infanzia di emozioni represse , taciute, ignorate o, meglio, non riconosciute . Dunque, durante la crescita, spetta anche ai genitori far comprendere al bambino l’importanza che riveste il suo mondo emozionale , di qualsiasi natura esso sia.
Ed è sempre compito del genitore aiutare il figlio a riconoscere ciò che prova così come a gestire ed esprimere la sensazione . La popolazione maschile, infatti, tende a confidarsi meno e pare si tratti addirittura di una sorta di questione biologica. Secondo una recente ricerca dell‘Università del Missouri , condotta su un campione di oltre duemila bambini e adolescenti, i maschi si confidano meno delle femmine già durante la prima infanzia , poiché lo considerano come “una perdita di tempo” , come un qualcosa che va archiviato e non invece valorizzato.
Gestione della collera
Come si fa a imparare a gestire al meglio una sensazione devastante e accecante come la rabbia ? Riconoscendola nelle modalità soggettive in cui si presenta. E visto che la rabbia non risparmia l‘infanzia, è importante che sin da bambini si inizi a riconoscerla e a individuare le reazioni che essa provoca.
Il ruolo del genitore non è quello di indurre il figlio a soffocare sentimenti di collera nella speranza che non cresca violento. Il conflitto e la delusione sono fasi necessarie per crescere e porsi in relazione con il mondo. Il primo passo, quindi, è imparare a riconoscere la sensazione di tensione o dolore e darle il suo nome: rabbia.
Secondo uno studio pubblicato su Child Development , ad aiutare i bambini a crescere con una maggiore capacità di gestire il conflitto e la collera , sono le competenze linguistiche . Riconoscere e verbalizzare correttamente il proprio stato d’animo (tristezza, delusione, rabbia, tensione), infatti, contribuirebbe a canalizzare l’aggressività.
Gestione condivisa? Bella e giusta
Il bambino apprende alcune modalità di comportamento in casa, osservando e “vivendo” la relazione dei genitori. Un figlio maschio che vive in una famiglia in cui il carico di lavoro e incombenze è condiviso, vedrà il rapporto paritario tra uomo e donna come condizione di normalità .
Più che la suddivisione precisa ed equa delle incombenze domestiche , si deve puntare sul valore della condivisione : il peso della famiglia e delle responsabilità non deve, dunque, gravare su uno solo tra i coniugi ma essere “portato insieme”. Questo tipo di modalità è percepita positivamente dal bambino.