Sono passati dieci anni dall’uscita del mio libro MAAM – la maternità è un master e in questo periodo capita che mi chiedano che cosa è cambiato da allora per le madri che lavorano. La risposta che mi sale istintiva alle labbra è “dieci anni passati invano”, ma mi sforzo di non dirlo. Non voglio sembrare depressa, anche se un po’ lo sono. Certo, sono felice che il libro MAAM sia un long seller: che ancora oggi venga regalato alle neo madri (e magari anche a qualche neo padre). Che mi chiedano di parlarne ai convegni di pediatria, che lo si citi in un podcast indiano… ma in questi dieci anni due cose non sono successe.
La maternità è un arricchimento per il lavoro
La prima è che qualcun altro abbia scritto qualcosa di analogo. Che l’idea insomma sia “fiorita”, generando cose diverse, ispirando punti di vista che la arricchissero, dando vita a un cambiamento culturale a più voci. MAAM è rimasto isolato e in parte ne do la colpa al mio stesso isolamento. Io sono una solitaria e questo mio figlio non ho saputo mandarlo in giro, lasciarlo andare a dovere. La seconda cosa che non è successa è che il “problema” della maternità sul lavoro si sia risolto o, come avevo sognato con MAAM, che la prospettiva si sia davvero capovolta, vedendo la nascita di un figlio come un vantaggio – non solo perché è bello dirlo, ma perché è proprio e davvero vero che diventare madri è un’opportunità di sviluppo che arricchisce anche il mondo del lavoro. È proprio e davvero vero: dieci anni fa era una proposta, seppur con basi scientifiche, oggi ci sono dati e testimonianze di migliaia di madri a confermarlo.
Ma che cosa è cambiato davvero?
A maggio si tengono di solito conferenze su maternità e lavoro, e quest’anno ne ho seguita qualcuna. Mi è sembrato di entrare in una macchina del tempo. Le madri si dimettono, le madri hanno carriere più fragili, facciamo sempre meno figli perché non vogliamo dover scegliere, l’occupazione femminile stenta a decollare perché tutte le donne pagano ancora il “prezzo della maternità”: che siano madri oppure no. Se ne parla solo di meno, mi sembra, nel quotidiano: come se fosse un tema superato, o come se fosse davvero ormai un tema condiviso tra uomini e donne, e quindi basta parlare di “madri”, parliamo di “genitori”. Ma la vera verità è che non parlarne non solo non lo ha risolto, ci ha invece lasciate abbastanza da sole a capire quale passaggio abbiamo mancato, dalle lotte degli anni Settanta a oggi, quando ci siamo distratte e abbiamo lasciato derubricare la faccenda senza aver potuto dire la nostra. È passato anche il Covid, che doveva lasciarci diversi, e maternità e lavoro sono rimasti due conoscenti formali, due estranei, come quei vicini che sanno di doversi vedere tutti i giorni e proprio per questo evitano di diventare amici.
Maternità e lavoro: qual è il futuro?
Vorrei rispondere “dieci anni passati invano”, ma non mi rassegno. Oggi più di dieci anni fa, è il mondo del lavoro ad aver bisogno della cura che essere madri (ma non solo) insegna: è più urgente ed evidente oggi di allora. E allora mi dico: diamocene altri dieci, di anni, e raccontiamo molte più storie su maternità e lavoro, sulla vita delle donne oggi, sulle reali capacità che mettono in campo, sullo sguardo trasversale che sanno dare al mondo. Dai, proviamoci ancora.