La voce di Jasmine Trinca, che ride dall’altra parte del telefono, è di quelle che stai davvero ad ascoltare. Così qualcuno ha pensato bene di farla diventare lettrice speciale di un (audio)libro speciale. L’Ickabog di J.K. Rowling – appena uscito per Salani e in versione audio, appunto, per Audible – è la più classica delle fiabe: la creatura del titolo vive nelle Paludi del Nord e minaccia il felice Regno di Cornucopia e i suoi bambini. Ma è anche, come sempre quando c’è di mezzo l’autrice di Harry Potter, un evento globale.
Com’è stato farne parte? «Bellissimo, anche perché all’inizio, prima che la Rowling pubblicasse in Inghilterra la sua storia a puntate durante la prima ondata della pandemia, era tutto segretissimo. Mi piaceva l’idea di una fiaba che ha in sé stilemi classici ma anche aspetti moderni, che parlano del mondo qui e ora. Mentre la leggevo, cercavo il modo di arrivare alle orecchie forse distratte ma sempre pure dei bambini, di raccontare quel mondo pieno di ambiguità, dove i cattivi potrebbero essere i buoni e i più piccoli la vera salvezza. Ho pensato ai bambini come a “lettori” maturi, non quelli a cui fai le vocine, ma a cui parli chiaro, dritto».
C’è anche la responsabilità di entrare nell’universo della scrittrice che ha inventato Hogwarts. «Ho dovuto fare un provino, non so chi l’abbia sentito: immagino non la Rowling, però i piani alti hanno dato l’ok. Di Harry Potter sono stata una lettrice tardiva. Quando è uscito ero una specie di punk-skinhead, l’ho recuperato dopo leggendolo a mia figlia, l’ho amato molto. Poi, com’è naturale che sia, lei ha voluto continuare da sola».
Quest’anno si è parlato tanto dell’importanza delle storie. «Mi ha fatto pensare a quando ero piccola io: mi mettevo sul soppalco col mangiadischi ad ascoltare Paolo Poli, era così che passavo i pomeriggi. Quelle storie e il suo modo di raccontare hanno trasformato qualcosa del mio immaginario. Anche adesso, nella fatica di trascorrere tante giornate chiusi in casa, possono succedere questi incontri accidentali e bellissimi».
La letteratura è parte rilevante della tua vita. Tua figlia, hai detto, si chiama Elsa per Elsa Morante. Anche se oggi molti associano quel nome a Frozen… «Pensa che gloria le ho dato prima del tempo (ride). L’altro giorno parlavo con una giovane attrice, e lei mi diceva: “Ho visto tutto Lynch, tutto Almodóvar…”. Pensavo: “Beata te”. Ma anche che per certe cose ci vuole un’età. Da piccola mi sono formata sui film di Zemeckis (il regista di Ritorno al futuro e Chi ha incastrato Roger Rabbit?, ndr), racconti “adulti” ma sempre per l’infanzia. Lo stesso con i libri. Non leggevo i russi ma Bianca Pitzorno, e tutto Roald Dahl. Andavo a prendere i libri in biblioteca, ma era un altro mondo».
Oggi, anche attraverso tua figlia, noti una differenza? «Non è una differenza: è un cambiamento che mi dispera. Sarà che sono un’antichista di formazione (ha studiato Archeologia all’università, ndr), però ormai faccio discorsi da bacchettona (ride). Mi sconvolge il fatto che i ragazzini di oggi abbiano poca dimestichezza con la lettura, con la scrittura, con la curiosità. O meglio, che la loro curiosità stia tutta in quella roba immediata che passa dai dispositivi tecnologici. Penso a mia figlia, che ha 12 anni, e ai suoi coetanei. Forse un audiolibro, o un podcast, può attrarre la loro attenzione. Può renderli partecipi di una storia come quelle che leggevamo noi da piccoli. E, allora, la nostalgica che è in me è contenta».
Parlando di nostalgia: l’anno prossimo La stanza del figlio di Nanni Moretti, il tuo film d’esordio, compie 20 anni. «Grazie di avermelo ricordato (ride). Sono 20 anni, ma in realtà è una vita. Quando abbiamo girato era il 1999, io ero già maggiorenne. Ma a 18 anni era come se venissi dai boschi, avevo un’ingenuità che era insieme purezza e ruvidezza, ma che non è comunque paragonabile all’atteggiamento di una 18enne che fa un film oggi. Il cinema mi ha sopraffatta perché, anche se era finzione, è stato l’incontro con la vita reale. E negli ultimi 20 anni sono sempre esistita, e cresciuta, nel cinema».
Continui a farlo. Quest’anno hai vinto sia il David di Donatello sia il Nastro d’argento per La dea fortuna di Özpetek e hai debuttato alla regia con il corto BMM – Being my mother, presentato a Venezia e con protagonista Alba Rohrwacher. «Ebbasta, dirai tu… (ride). Anche quest’anno in cui tutto doveva fermarsi, è come se non mi fossi fermata. Invece credo che gli attori abbiano bisogno di ricaricarsi, di respirare un po’ di vita reale».
L’esperienza della regia ti ha fatta respirare? «Non ho mai pensato: “Voglio fare la regista”. Però ho visto tanti attori, Valeria Golino su tutti (Jasmine era protagonista del suo esordio, Miele, ndr), che hanno sentito il bisogno di ribaltare lo sguardo. E allora ho provato anch’io. Mettere in scena qualcosa e guardare gli altri recitare mi ha dato una grande eccitazione, un senso di libertà. Il cinema è il luogo dei registi: da attrice puoi fare tante cose, ma sei sempre dentro una gabbia. Non mi dispiacerebbe continuare a raccontare, come dicevamo prima, le mie storie. E poi, dopo 20 anni, di vedermi sullo schermo non ne avete abbastanza?».
L’Ickabog, un’avventura magica
L’Ickabog (Salani) è la favola della buonanotte che J.K. Rowling ha scritto oltre 10 anni fa per i suoi figli. L’autrice inglese l’ha pubblicata gratis online in estate, pensando ai bambini chiusi in casa per la pandemia. Parla di un mostro leggendario, 2 ragazzini coraggiosi e un’avventura sorprendente. L’audiolibro in italiano (Audible) è letto da Jasmine Trinca, diventata fan di Harry Potter quando ha iniziato a leggere la saga del maghetto alla figlia Elsa.