Dopo 38 anni di strada insieme Elio e le Storie Tese si preparano allo scioglimento. Un ultimo album, il 9 febbraio, che raccoglie il testamento della band con i più grandi successi registrati al Mediolanum Forum di Assago e due inediti. Un ultimo tour, dal 20 aprile al 25 maggio con tappa il 1 maggio all’Arena di Verona. E un’ultima partecipazione al Festival di Sanremo con il brano Arrivedorci che nella chiave ironica a cui ci hanno abituato, dà l’addio al pubblico. Dirige l’orchestra, per la gioia di tutti, il maestro Beppe Vessicchio e nella serata dei duetti porteranno sul palco I Neri per caso. Nel brano raccontano di essere stati donne e così, con la stessa chiave ironica, giochiamo con il testo della loro canzone.
Quando eravate donne avevate un accessorio preferito?
Il piegaciglia. Eravamo un po’ maldestre e lo usavamo al contrario, per cui le ciglia si giravano all’ingiù e col mascara tendevano ad incollarsi. Ma vuoi mettere il fascino? Ci toccava tenere gli occhi un po’ storti per mantenere un minimo di campo visivo, ma i ragazzi impazzivano e per noi divenne un metodo codificato. Noi donne tendiamo a disfarci dei peli, ma quelli delle palpebre sono un mezzo di seduzione ineguagliabile.
La trasformazione è stata dolorosa?
A parziale discolpa dei marziani, no. A parte un po’ di fastidio quando ci hanno messo le sonde, eravamo più spaventate che altro. Insomma, risucchiate su un’astronave, con le lucine e gli omini verdi alti e magri che comunicano telepaticamente, chi non si troverebbe spaesata? I veri inconvenienti sono arrivati dopo: andare nei bagni degli uomini, che spesso sono un porcile; i peli sulla schiena; le occhiate seduttive delle ragazze. E le nostre famiglie che non ci riconoscevano e ci davano dei millantatori.
Cosa vi ha colpito di più dei marziani?
Le mani lunghe e affusolate, quasi femminili. A parte che magari erano aliene e non alieni – non abbiamo chiesto la cartà d’identità! – quindi la cosa era giustificata; ma indipendentemente dal sesso gli arti superiori ci colpirono per le proporzioni, decisamente esagerate, ed il colore: un verde-maggiolino un po’ fluo.
Cosa vi manca di più? Non so, mettersi il rossetto, indossare i tacchi, avere gli uomini che vi aprono le porte, gli sbalzi d’umore, la lotta allo stereotipo femminile?
Leggere Donna Moderna nei luoghi pubblici senza dare nell’occhio. Esiste questo pregiudizio odioso per cui un uomo non può essere abbonato ad un giornale femminile se non ha donne in casa. Diversi fra noi sono single, e le assicuro che il sarcasmo del portinaio quando ti consegna la tua copia con la posta diventa alla lunga insopportabile. Non le dico poi se la sfogli in tram, o in sala d’aspetto dall’andrologo. Ma ci sono anche le piccole-grandi soddisfazioni come non far impazzire la maionese, o riuscire a montare la chiara dell’uovo tutti i giorni del mese, nessuno escluso.
L’apertura della vostra bocca quanto è grande? (il finale è valido?)
Se si riferisce al testo della nostra canzone sanremese – “l’ampiezza della bocca” intesa come sorriso, soddisfazione per un risultato raggiunto – la nostra bocca si apre come quella dell’anaconda quando ingoia un capretto, dislocando la mascella, da tanto siamo soddisfatte dei risultati raggiunti in carriera. Certo, se avessimo potuto conseguire gli stessi obiettivi affermandoci come musiciste in quello che è un ambiente prevalentemente maschile sarebbe stato ancora più entusiasmante.
Team Stanlio o team Ollio?
50 e 50. Stanlio rappresenta la mai sopita – e per fortuna – parte femminile della nostra natura. È una creatura imprevedibile, facile alle risa come alla malinconia, si commuove con facilità, ricorda i torti subìti ma sa perdonare. Ollio è il fratello grande che forse ci è mancato nel momento della grande transizione di gender. Burbero ma generoso, a volte ti dice “stiupìdo” ma sa essere anche protettivo.
Cosa c’è scritto nei titoli di coda?
L’elenco dei protagonisti, il nome del personaggio di fianco a quello di chi lo ha interpretato nella vita. Elio: Stefania. Faso: Nicole. Cesareo: Davida. Christian Meyer: Cristiana. Jantoman: Antonella. Rocco: Rocchina. Feiez: Paola.
Ultimo Sanremo davvero?
Da giovani dicevamo: a Sanremo si va solo due volte, la prima e l’ultima. Noi abbiamo già sgarrato del 200% partecipando quattro volte. Se mai in futuro dovessimo rivedere le nostre decisioni lo faremmo ricominciando dalle origini di questa professione: il festival delle voci nuove di Castrocaro. O perché no, lo Zecchino d’Oro, ma solo quando aprirà ai bambini transgender.
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