Un cataclisma è un’inondazione. Ma come è proprio della maggior parte delle parole di derivazione greca, il significato è ambivalente. Così il kataklysmós è una calamità, un diluvio che distrugge tutto ciò che trova, ma che una volta terminato può purificare e preparare terreno fertile per ciò che verrà. È così che bisogna accogliere Catheclisma, il marchio artigianale e sostenibile fondato quattro anni fa da Caterina Grieco, 25enne di Bergamo. Che mi racconta:
Il mio brand vuole essere qualcosa che arriva e lascia un segno positivo, ma il nome che porta si rifà anche alla mia personalità: sono molto dinamica e quando mi metto in testa una cosa devo farla
E considerando che la sua nuova collezione, online da pochi giorni, va già a ruba, Caterina non sbaglia a perseverare. Lo dimostra anche la crescita del suo progetto. Ha iniziato da sola, con il supporto dei suoi genitori, di una modellista e tre sarte a Bergamo. Ora invece – lo dice con orgoglio – ha un collaboratore che l’aiuta con la parte di management, una stagista e un laboratorio di circa dieci persone che cuciono i suoi abiti, a Milano.
Did you lock the door? La nuova collezione di Catheclisma
“Ho chiuso la porta?” Capita di chiederselo in giornate particolarmente frenetiche, quando tenere insieme tutti i pezzi insieme è pressoché impossibile. E allora che si fa? La scelta più saggia è mollare un po’ il colpo, prenderla come va e abbandonare qualsiasi ambizione di perfezione. È un po’ questo lo spirito della nuova collezione di Catheclisma. «Ho immaginato una ragazza che esce di casa e una volta fuori si accorge di essersi portata dietro qualcosa che non dovrebbe avere. Magari le è rimasta addosso una canottiera e allora la fa diventare un complemento di styling. Questo concetto è molto legato alla mia personalità. Sono molto sbadata, quindi mi capita di uscire senza borsa e me ne procuro una legando una camicia» dice Caterina che si è laureata lo scorso aprile in Fashion Design, al Politecnico di Milano. Ora, si dedica a tempo pieno al suo progetto, «bellissimo e faticoso», che inevitabilmente si evolve insieme a lei. La nuova collezione, quindi, si rivolge a giovani donne con un’anima un po’ da signorina, un po’ sofisticate, ma con piglio ironico e una personalità che non vede l’ora di farsi sentire.
Capi continuativi, ma sempre nuovi
La voglia di fare, di sperimentare, ma anche la fame di creare qualcosa di duraturo caratterizzano Caterina Grieco. La ricordo nel 2020, quando in pieno lockdown mostrava su Instagram alcuni abiti che aveva cucito. È così che è nato Catheclisma. «Ho aperto l’armadio dei tessuti di mia mamma e mi sono fatta un vestito, filmandomi. Poi le mie amiche hanno iniziato a chiedermi di farne uno anche per loro. Era un modello strategico: taglia unica, oversize, molto semplice», ricorda lei. E la formula non è cambiata. Inizia tutto con la ricerca dei tessuti: delle rimanenze di magazzino con cui verranno cuciti i modelli disegnati da Caterina. Ha scelto di lavorare su una collezione permanente di dieci o dodici capi, ma l’entusiasmo non manca. Perché Catheclisma è soprattutto sperimentazione di materiali: stoffe differenti creano utilizzi e silhouette diverse.
E allora, nella nuova collezione, Did you lock the door?, torna l’abito a balze, con maniche a palloncino, Isabelle in seta shantung oro, da portare da solo o con la gonna Margot nello stesso tessuto. La sartorialità della gonna midi a portafoglio Madeleine, abbinata alla camicia oversize diventano un’uniforme grintosa grazie all’utilizzo di un cotone spalmato color cioccolato. E poi non mancano i pantaloni fluidi in lana, un classico del brand, insieme ai gilet in pendant. Per l’autunno/inverno, infine, non potevano mancare il tartan e un pizzico di lurex in vista delle prossime festività. Si tratta di una collezione essenziale e trasversale, pensata per chi – proprio come Caterina – ama così tanto i suoi capi da volerli indossare sempre e in modi nuovi.
La dialettica del desiderio nel dna di Catheclisma
«Le persone che comprano Catheclisma hanno tra i tra i 25 e i 35 anni. È una bolla che cerca di acquistare in modo un po’ più consapevole. Desidera capi con una buona fattura, un bel tessuto e un prezzo accessibile» aggiunge Caterina che definisce il suo brand “relazionale”. Perché intorno vi gravita una vera e propria community che lei, in mancanza di un negozio fisico, incontra in occasione dei pop up. Le ragazze arrivano lì per provare i capi, di cui spesso sanno a memoria i nomi, e farle domande. E lei che con i suoi abiti cerca di educare a un nuovo modo di vivere la moda è ben contenta. «Chi compra un capo Catheclisma non lo fa in modo compulsivo perché c’è una dialettica dell’attesa. Dovrai aspettare quindici o venti giorni per avere il tuo ordine, quindi comprerai solo perché sei sicura di volerlo.
Questo tempo ci permette di fare le cose in modo etico: dare alle sarte il giusto tempo e produrre solo quando è necessario
E poi l’attesa ha un valore educativo: ci permette di abituare i clienti ad acquistare in modo consapevole».
Un nuovo modo di vivere la moda
Comprare quello che serve, quando occorre, è la filosofia di Catheclisma e di una parte di Gen Z e Millenials sempre più attenta alla sostenibilità. Hanno capito che non serve avere un armadio pieno di abiti inutilizzati. Meglio investire su pochi pezzi che rispecchino il loro gusto e che siano versatili. Per la maggior parte di loro, infatti, non esistono più le occasioni d’uso. Amano i loro vestiti perché li fanno sentire bene.
«C’è una grande svalorizzazione, una generale una perdita di valore legato al prodotto. È data dal fatto che ormai non si va più in negozio, si compra tutto online. Così si perde anche la tattilità, la possibilità di toccare i pezzi, di guardare le cuciture. Credo che molti pensino che i vestiti siano fatti dalle macchine, ma ci sono sempre delle persone dietro a un capo» dice la designer. Ma lungi da idealismi, in una società legata al consumo e a trend che ci vorrebbero tutti uguali, sa che ci vuole tempo per cambiare le proprie abitudini. Anche per questo guarda lontano, fuori dai confini italiani, dove vorrebbe che arrivassero i suoi abiti, magari in America o a Copenaghen.