Uma Thurman in Cowgirl. Il nuovo sesso (1993)

Il cappello seduce, maschera, diverte ed è legato indissolubilmente al cinema come in una grande storia d’amore. E lo si scopre nel suggestivo percorso dell’esposizione Il cinema con il cappello. Borsalino e altre storie (Triennale di Milano, tel. 0272434208, www.triennale.org, fino al 20 marzo, ingresso libero). La mostra, curata dal critico cinematografico Gianni Canova, si apre sotto un grande cilindro multimediale, e narra non solo la storia del classico cappello maschile in feltro, che ancora oggi porta il nome del fondatore Giuseppe Borsalino, ma propone tutte le evoluzioni di cui il copricapo è stato ed è protagonista, nella vita come nel cinema.

Jean-Paul Belmondo e Jean Seberg in Fino all'ultimo respiro (1960)

Spinto sulla nuca dai gangster o sventolato su guêpière e giarrettiere nel linguaggio dell’eros, rigirato tra le mani per colpa o timidezza, segna le tappe della storia del costume. Al cinema crea mode e tendenze: dal colbacco, che con Il dottor Zivago entra nel guardaroba occidentale, al berretto di lana di Rocky, che diventa l’accessorio popolare degli anni Settanta.

La fabbricazione dei cappelli Borsalino (1912)

La mostra si conclude dove tutto ha inizio, con una carrellata dei Borsalino più famosi nella storia della cinematografia, introdotta dai due celebri film cult con Jean-Paul Belmondo e Alain Delon, Borsalino e Borsalino & Co., entrambi di Jacques Deray, accompagnati dagli originali bozzetti d’epoca di Jacques Fonteray, costumista parigino delle due pellicole. Infine, un documento storico per il made in Italy: la versione integrale restaurata di un documentario realizzato nel 1912 dalla ditta Borsalino, in cui la fabbricazione del cappello viene raccontata con una fiction.