Il “coro” è tutto al femminile, a partire dalla scrittrice Celeste Ng dalla cui penna è nata la storia fino ad arrivare alle due protagoniste, Reese Witherspoon e Kerry Washington, sia interpreti che produttrici della serie.
Il mondo di cui parla e da cui viene questo “ritratto di signora” attualissimo è tutto in rosa, tant’è che l’unico personaggio maschile (il marito della protagonista Elena Richardson, interpretato da Joshua Jackson) è più che altro un’appendice della personalità sfaccettata e poliedrica della moglie.
Insomma, quello che a noi donne piace vedere, quello in cui meglio ci proiettiamo e in cui ci caliamo con tutte noi stesse: donne che parlano a donne. E come in tutti i rapporti tra donne, non sono solo rose e fiori: rose sì, ma piene di spine. Proprio “spinoso” è come si potrebbe definire il rapporto che lega le due protagoniste, da un lato Elena Richardson interpretata da Reese Whiterspoon e dall’altro Mia Warren impersonata da Kerry Washington.
Elena è una giornalista sposata con un avvocato e madre di quattro figli, vive in un quartiere altolocato ed è soggiogata dalla tirannia dell’apparenza: la forma è tutto, purtroppo è questa la regola di vita quando vuoi dimostrarti perfetta all’intero vicinato, alle amiche e al parentado.
Dall’altra parte del ring c’è Mia, un’artista bohémienne che non sguazza di certo nei soldi che si trasferirà in quel quartiere assieme alla figlia Pearl, dopo che Elena accetta di affittarle un suo appartamento.
Le due donne sono facce della stessa medaglia che però sembrano contrapporsi totalmente: dal lavoro allo stile di vita, dall’educazione dei figli fino all’ostentazione della ricchezza, Elena e Mia sono agli antipodi. Nonostante siano così distanti, entrambi i personaggi provano l’uno per l’altro un’attrazione che li porterà continuamente a cercarsi, rincorrendosi in un circolo infinito di scontri. Le due donne incarnano modelli di maternità diametralmente opposti ma la loro tenacia e femminilità che ostentano con orgoglio è ciò che fa da collante.
Essere madri è il filo conduttore della serie, un tema che emerge da praticamente ogni puntata e sequenza. Dalle prime scene, quelle in cui si scopre che qualcuno ha dato fuoco alla casa di Elena e si sospetta della figlia ribelle, Izzy (interpretata da Megan Scott), fino alla dolorosa storia di Bebe Chow (impersonata da Huang Lu), un’immigrata clandestina che si vede costretta ad abbandonare la figlia neonata che ritroverà nella sofferenza, “Little Fires Everywhere” mette in scena la maternità in ogni sua sfumatura.
Come il titolo suggerisce (Little Fires Everywhere significa letteralmente “fiammelle ovunque”), ogni personaggio è una fiammella ardente che, unita alle altre, crea un incendio che divampa. L’ardore della donna, madre o meno che sia, è ciò che infuoca questa serie e chiunque la guardi.
Non manca poi l’ingrediente fondamentale della suspense: tinte gialle da thriller e un mistero che avvolge la storia spingono il pubblico ad appassionarsi ancora di più alla serie. Da un lato personaggi così ben delineati da uscire quasi dallo schermo, come se li avessimo davanti a noi in carne e ossa, dall’altro una trama che non lascia scampo (né a loro né a noi che guardiamo). “Little Fires Everywhere” è quello che aspettavamo di vedere da tanto. Finalmente è arrivato.