La mostra di punta del Costume Institute al Metropolitan Museum of Art di New York è Sleeping Beauties: Reawakening Fashion (Belle addormentate: il risveglio della moda) che, dal 10 maggio al 2 settembre, si prefigge di resuscitare 250 creazioni tessili tra le 33.000 “addormentate” nei suoi archivi, per dar vita a un’esperienza immersiva memorabile. La mostra del Met è curata da Andrew Bolton, il genio che ha trasformato l’istituto fondato da Diana Vreeland nel più importante centro mondiale per lo studio della moda. Tra i capi, che abbracciano quattro secoli di storia, alcuni sono talmente fragili da non poter più essere appesi o indossati da un manichino. E qui viene il bello: ognuno di loro, come una principessa in attesa di riaprire gli occhi, è sdraiato in una teca di vetro per rianimare, nel frattempo, i sensi di chi lo può ammirare in ogni dettaglio, difetti compresi.

Un abito di Francesco Risso per Marni, primavera 2024, alla mostra del Met Sleeping Beauties: Reawakening Fashion

La mostra del Met parla anche della natura

«Quando gli abiti entrano al Met, il loro status cambia per sempre» ha spiegato il curatore Andrew Bolton. Diventano opere d’arte immobili, non possono più essere toccati, vissuti. Lo scopo di questa esposizione è rianimarli attraverso tecnologie che a tratti sanno di fantascienza, per evocare l’effetto di quando, ancora perfetti, venivano indossati. C’è un motivo tutt’altro che lieve alla base di Sleeping Beauties: i capi sono uniti da un’iconografia legata alla natura, che serve a rafforzare la metafora della fragilità, della fugacità e dell’effimero della moda attorno a cui ruota il percorso. Ma in ogni sala sono evidenti anche i temi ciclici della rinascita e del rinnovamento, della capacità intrinseca in ogni capolavoro – qualsiasi sia la sua natura – di emozionare anche attraverso i segni lasciati dal tempo. Per questo su ogni teca sono installati dei microscopi che invitano a verificare il deterioramento degli abiti che lì giacciono.

Abito alla francese, manifattura inglese, 1740 circa, esposto alla mostra del Met

Pezzi storici e fiabeschi

Alla mostra del Met ci si trova circondati da meravigliosi capolavori: cavalli di battaglia di grandi couturier, sperimentazioni contemporanee e inestimabili pezzi storici. Tra i più toccanti, un cappotto disegnato da Jonathan Anderson per Loewe, piantato con semi di avena, segale ed erba di grano, che crescono e muoiono nel corso dell’esposizione. Poi, il Terrarium Dress che Jun Takahashi ha creato per la sfilata di Undercover estate 2024: in passerella si presentava come un abito di velo a palloncino, la cui gonna conteneva fiori (veri) e farfalle (vere) svolazzanti, un microcosmo pieno di vita e privo di libertà, metafora della condizione umana (che scatenò le ire ambientaliste); nella sala del Met fiori e farfalle imprigionate sono di seta e velluto ma il loro significato non cambia. O ancora l’abito Venus che Christian Dior creò nel ’49, ricamato di paillettes iridescenti e perle, ispirato alla Nascita di Venere del Botticelli. Curiosa la sua presenza in questa mostra, che fa riflettere anche quando maneggia l’opera di un couturier per il quale la bellezza risiedeva nell’artificio, e che un giorno scrisse: «Sogno di liberare le donne dalla natura».

Il Terrarium Dress disegnato da Jun Takahashi per la sfilata di Undercover estate 2024, in mostra al Met

Una tecnologia strabiliante

La resurrezione fashion punta sull’uso di tecnologie strabilianti che rendono ancora più suggestivo il percorso. L’abito da sera di Jeanne Hallée con la hobble skirt (la gonna “zoppicante” che, stretta attorno alle ginocchia e all’orlo, costringeva a un’andatura instabile) risalente al 1913-14, è riportato in vita con la tecnica dell’illusione Pepper’s ghost, utilizzata nell’800 per far apparire i fantasmi sul palcoscenico. Ci sono carte da parati interattive a rilievo che ricoprono intere sale e permettono di toccare con mano la complessità tessile delle ricche decorazioni di un panciotto del 1600, sofisticati ricami elisabettiani di fiori e insetti. Ci sono corvi (finti) che volteggiano su un abito da sera di tulle nero che Madeleine Vionnet creò poco prima della Seconda guerra mondiale. C’è una sala dedicata ai cappelli a forma di fiori, immersi in delicati paesaggi olfattivi.

Il Physalia dress di Iris van Herpen, Alta Moda 2024, è alla mostra del Met

La mostra del Met è anche da toccare e odorare

E poiché la moda va anche annusata, olfatto e udito fanno parte di questo percorso multisensoriale. Ogni vestito o accessorio assorbe gli odori di chi lo abita e ne racconta vita e abitudini. Per questo l’artista olfattiva Sissel Tolaas ha studiato le strutture molecolari delle creazioni in mostra, riproducendo e diffondendo nell’ambiente le fragranze delle quali sono impregnate. E, ancora, i vestiti generano suoni: a ogni movimento, tessuti e materiali vibrano in modo diverso, emettendo rumori unici. L’esempio perfetto arriva da un Alexander McQueen tempestato di cannolicchi che lo stilista visionario aveva raccolto sulle spiagge inglesi di Norfolk per la leggendaria collezione Voss 2001. Troppo fragile per essere scosso al fine di registrarne il suono, l’abito è stato duplicato dal Met, che poi ne ha isolato e registrato l’effetto acustico.

May, il vestito da ballo creato da Christian Dior nel 1953, alla mostra del Met

Prima il ballo, poi la mostra

L’inaugurazione della mostra del Met è preceduta dal Met Gala, dal 1948 il party più ambito e la fonte di finanziamento per il museo, che si svolge sempre il primo lunedì di maggio. Il tema intonato, quest’anno, è The Garden of Time (Il Giardino del Tempo, da un racconto dark di J.G. Ballard), che indica anche il dresscode per gli invitati, tutti super vip, tra i quali Bad Bunny, Chris Hemsworth, Jennifer Lopez e Zendaya saranno co-chair accanto ad Anna Wintour, la presidente del gala. Eppure c’è da scommetterci: nessun look potrà mai eguagliare la poesia e la potenza dell’abito da ballo in raso di seta cipria che Charles Frederick Worth plasmò nel 1877, la Bella Addormentata da cui tutto questo lavoro ha preso vita. Seppur sdraiato in una teca e svuotato di un corpo che lo indossi, con i suoi ricami magistrali e le infinite fragilità, alla faccia delle mode mordi e fuggi, sa ancora oggi raccontare tutte le memorie e le emozioni di cui è intessuto.

L’attrice Lili Reinhart al Met Gala 2021
L’attrice Lili Reinhart al Met Gala 2021