In barba a chi crede che un vestito sia una cosa da poco, Camilla Cederna, giornalista e scrittrice dalla penna multiforme, che fece del trattare con serietà le cose frivole il suo credo, nel 1957 gli dedicò un intero articolo, Discorsi in V, parlando solo di lui. Perché un vestito può dare la svolta, soprattutto nella settima delle arti, il cinema. Così accade che uno spettatore digiuno del fashion se ne innamori perdutamente. O che un altro, come faceva la giornalista di moda Anna Piaggi, guardi i film solo per vedere i vestiti. Al fortunato binomio cinema e moda, Grazia d’Annunzio, giornalista e docente dell’Università degli Studi di Milano, e Sara Martin, che all’Università di Parma insegna Storia del cinema e Teorie e tecniche della televisione, dedicano Ciak si sfila. I défilé di moda in trenta film (Postmedia Books).
Moda e cinema: una storia di lunga data
Partendo dal 1925 per arrivare a oggi, le autrici passano in rassegna il momento della “sfilata di moda”, vero e proprio sottogenere cinematografico, sottolineandone i valori simbolici: ora mezzo d’informazione e veicolo «per far circolare e vendere i guardaroba delle star», ora metafora dell’evoluzione di una società, ora percorso di formazione. D’Annunzio e Martin puntano i riflettori anche sulla figura del costumista che, dalla fine degli anni ’20 del secolo scorso, inizia la propria ascesa con l’arduo compito di «raccontare visualmente la psicologia» dei personaggi e collocarli in un determinato contesto. Image maker come Travis Banton e Adrian, che lavoravano per le major 20th Century Fox e Metro Goldwyn Mayer, contribuirono a rendere vere e proprie icone di stile le attrici Marlene Dietrich e Joan Crawford. Dagli anni ’50 anche i couturier, e in seguito gli stilisti, iniziano la collaborazione fra cinema e moda: i costumi di Sabrina, Cenerentola a Parigi e Colazione da Tiffany, per esempio, sancirono il sodalizio e l’amicizia tra Hubert de Givenchy e Audrey Hepburn.
Dal Diavolo veste Prada a Marie Antoinette
Da classici come Roberta, Cantando sotto la pioggia e 8 ½, le autrici del saggio arrivano ai giorni nostri. Il diavolo veste Prada, ambientato nella redazione di una rivista di moda che ricorda quella di Vogue America, ha segnato una generazione, spalancando le porte di un mondo opulento e esclusivo. Chanel, Valentino, Marc Jacobs, Jimmy Choo e Christian Louboutin sono alcuni dei nomi con cui la costumista Patricia Field (la stessa di Sex and the City) ha vestito i personaggi di Meryl Streep e Anne Hathaway. E grazie alle sue scelte abbiamo imparato, come fosse un mantra, il potere salvifico di indossare il nostro outfit migliore. C’è poi l’italiana Milena Canonero, Oscar per i costumi di Marie Antoinette, dove realizza «un perfetto esempio di veridicità storica e contemporaneità» mescolando settecentesche crinoline a preziose scarpe firmate Manolo Blahnik e persino a un paio di Converse Chuck Taylor All-Star. Così gli eccessi di sfarzo della regina del “se non hanno pane, mangino brioches!” diventano un gioco da ragazzine pazze per lo shopping, sigillando la sintonia fra cinema e moda. In La Signora Harris va a Parigi, del 2022, ritroviamo il sogno di cui fu artefice Monsieur Dior: la protagonista Ada, donna delle pulizie londinese, rincorre il desiderio di avere un abito della maison e finisce per portare anche noi spettatori nell’incantevole atelier di Avenue Montaigne.
Moda e cinema: il fondamentale ruolo dei costumisti
Il libro traccia l’evoluzione della sfilata di moda nel cinema, da intrattenimento a mezzo di riflessione, e ci aiuta a guardare con occhi più attenti anche i film del momento. Come Napoleon di Ridley Scott. Firmano i costumi David Crossman e Janty Yates e, già dalla scena dell’incoronazione di Napoleone che ricalca l’omonimo dipinto di Jean Louis David, è chiaro il loro lavoro filologico. In particolare, Yates (già Oscar per i costumi del Gladiatore) realizza gli abiti di Josephine de Beauharnais, prima moglie dell’imperatore francese e icona di stile ante litteram. Nella complicità fra cinema e moda, i costumi giocano un ruolo fondamentale anche in molti titoli candidati ai Golden Globes del 7 gennaio. Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese vede la collaborazione di Jacqueline West e Julie O’Keefe. Con un sapiente lavoro di ricerca con gli artisti nativi Osage, protagonisti della storia, le costumiste hanno coniugato la cultura originaria americana e la moda.
Il vestito fa il personaggio
Mark Bridges, attraverso le forme degli abiti, le lunghezze degli orli e la palette di colori, ci racconta lo scorrere del tempo in Maestro, diretto e interpretato da Bradley Cooper (ora su Netflix) e dedicato alla storia d’amore tra il compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein e l’attrice Felicia Montealegre. Scandire il tempo esteriore e interiore per raccontare l’evoluzione psicologica dei personaggi è quello che fanno gli abiti di altri due titoli attesissimi nel 2024: Priscilla di Sofia Coppola (d’altronde la moda è il suo ingrediente “non segreto”) e Povere creature di Yorgos Lanthimos. Stacey Battat cura i costumi del film ispirato alle memorie di Priscilla Presley e vanta la collaborazione di Valentino e Chanel per gli abiti delle nozze con Elvis.
Il fascino delle serie in costume
Impossibile poi dimenticare le serie tv. Da Orgoglio e pregiudizio fino a Downton Abbey e Bridgerton, quelle in costume hanno provocato una dipendenza da alta società inglese, crinoline, corsetti e colori pastello. Per chi è in astinenza, arriva The Buccaneers, ispirata all’omonimo libro di Edith Wharton, su Apple TV+. Le protagoniste sono 5 ereditiere americane, giovani, belle e ricche, che nel 1870 da New York migrano in Inghilterra alla ricerca di un marito con un titolo nobiliare. La serie non è solo un frivolo trastullo, ma un’efficace rappresentazione della società del tempo. Per chi è immune dalla febbre da fiction in costume e preferisce la verità storica (seppure relativa), il 19 gennaio arriva su Disney+ la serie dedicata al couturier Cristóbal Balenciaga, il designer spagnolo più influente di tutti i tempi.
Gli stilisti sul piccolo schermo
Sempre su Disney+ debutterà la miniserie in 6 episodi Kaiser Karl, che racconta la vita di Karl Lagerfeld. Ripercorre, nei primi anni ’70, l’ascesa dello stilista che ha resuscitato la maison Chanel, mentre il genio di Yves Saint Laurent spiccava il volo. Dal 14 febbraio sarà, ancora su Apple TV+, The New Look, ambientata durante l’occupazione nazista di Parigi nella Seconda Guerra Mondiale, racconta la vita e la carriera di Christian Dior. La ricostruzione minuziosa dei dress designer costituisce buona parte del fascino di queste storie. Che parliamo di serie o di cinema e moda, il lavoro dei costumisti prova che un vestito è una macchina per generare infiniti mondi possibili. Passati e presenti e, perché no, futuri. Occhi aperti in sala perché l’abito non solo fa il monaco, ma anche il costumista.