Da un po’ di tempo il fenomeno dei Non-fungible token ha cominciato a seminare curiosità nel mondo della moda. Una serie di fashion brand, compresi alcuni marchi luxury, hanno sviluppato e stanno sviluppando abiti e accessori (sneakers) che sono solo digitali.
Cosa significa? Che non c’è nulla di realmente indossabile né toccabile: si tratta di capi unici (per davvero), che entrano a far parte del sistema della criptovaluta. Ma vediamo, nello specifico, di cosa si tratta.
Che cosa sono i NFT
Per comprendere meglio il fenomeno, è meglio partire dalle basi. I Non-fungible token, spesso abbreviati nell’acronimo NFT, sono dei gettoni digitali la cui esistenza è documentata all’interno della blockchain.
Quest’ultima, a sua volta, è un registro (distribuito in Rete) che è alla base delle criptovalute. A differenza di altre monete virtuali, come i Bitcoin, Ethereum, etc, i Non-fungible token sono unici e non scambiabili.
Si possono definire, grossomodo, come dei certificati di autenticità digitale. Sì, perché attraverso gli NFT, infatti, è possibile certificare che un bene digitale è del tutto originale, non replicabile: unico, come una stella o un raro fiocco di neve.
Ciò apre la strada a un mercato che prima non esisteva. Questo strumento si sta diffondendo nel mondo dell’arte, del collezionismo del gaming (app e marketplace) e della moda, ovviamente: in buona sostanza possedere un NTF, quindi un originale digitale, corrisponde ad avere un pezzo unico, inimitabile e iconico nella realtà.
Come si applicano nella moda
Dunque, come abbiamo detto, anche la moda sta cominciando a esplorare il fenomeno dei Non-fungible token. Tra i pionieri dell’applicazione dei NFT moda c’è stato lo studio di design RTFKT, che ha collaborato con un giovanissimo designer digitale (Fewocious, 18 anni) per realizzare un paio di sneaker virtuali, vendute per un totale di 3,1 milioni di dollari con prezzi che oscillano dai 3 ai 10mila dollari a paia (ne hanno vendute circa 613).
Di fatto, gli acquirenti hanno poi ricevuto delle scarpe vere e proprie, ma il vero prodotto è quello visibile dal display dello smartphone, su Snapchat e sulle piattaforme di realtà virtuale come Decentraland.
Si è trattato, dunque, di un esperimento, un po’ NFT, un po’ no. Il nuovo progetto di RTFKT Studios, adesso, è quello di jeans virtuali, chiamati Metaverse Denim.
Prima, Gucci ha provato a fare un’operazione simile, lanciando paio di sneakers insieme alla fashion-tech company Wanna Kicks. In passato l’app dell’azienda Wanna Kicks era già stata usata da aziende come Reebook, Puma per consentire ai propri utenti dei “fitting” virtuali su Snapchat.
Le scarpe di Gucci, tuttavia, non avevano l’autenticazione tramite blockchain, quindi, pur essendo esclusivamente virtuali al costo di 12 dollari, le Gucci Virtual 25 non erano NFT pure, ma piuttosto un prodotto virtuale di massa (poiché replicabile).
L’applicazione dei NFT nella moda, infatti, non è così intuitiva come si può pensare da parte di brand tradizionali. Alcuni marketplace specializzati come Digitalax e Dematerialised, al contrario, stanno emergendo come fashion player virtuali al posto dei brand di lusso. Per esempio, la maison digitale Fabricant ha collaborato con l’azienda blockchain Dapper Labs: il risultato è un abito Nft venduto a 9.500 dollari.
Perché comprare abbigliamento NFT
Il primo pensiero sull’applicazione dei NFT nella moda potrebbe essere di perplessità. Perché spendere per possedere qualcosa che è solo virtuale? Può sembrare assurdo, soprattutto considerando che la moda è fatta di abiti e accessori da toccare, indossare, usare. In realtà, i collezionisti e chi coltiva una vera passione per la moda lo sa bene.
Il mercato del lusso si basa sul concetto di brand: possedere una borsa firmata, un abito o un paio di scarpe significa appartenere a una comunità esclusiva, quasi un’élite di pensiero.
Non per niente, parallelamente al mercato dell’alta moda si è sviluppato quello delle imitazioni. Ecco, la moda NFT in un certo senso rappresenta la quintessenza del lusso: si tratta di singoli pezzi davvero unici, certificati e autentici, che nessuno potrà mai avere né replicare.
Come sono arrivati i NFT nella moda
La moda è uno dei settori in cui stanno applicando i Non-fungible token. Il loro arrivo è stato consequenziale allo sbarco nel mercato dell’arte virtuale.
Con il termine crypto-art, infatti, si intende il mercato delle opere d’arte vendute attraverso sistemi blockchain, cioè un mercato che consente agli acquirenti di poter rivendicare la proprietà del proprio acquisto digitale in maniera sicura attraverso l’emissione di un “certificato” basato su blockchain.
I NFT sono stati quasi un vettore nell’arte, trasformando immagini d’autore in beni unici. Un esempio? Il primo tweet di Jack Dorsey, fondatore di Twitter, è stato scritto il 21 marzo 2006 ed è stato messo all’asta come NFT per 2,5 milioni di dollari.
Nel il 2017, e il sito web CryptoKitties è stato preso d’assalto: i suoi utenti hanno speso complessivamente spesi più di un milione di dollari per l’acquisto dei gattini virtuali. Per restare in tema di gatti digitali, lo scorso febbraio, la GIF Nyan Cat è stata battuta per 590mila dollari.
A marzo 2021, alla casa d’aste Christie’s è stata battuta l’opera d’arte digitale più costosa di sempre. Si tratta di The First 5.000 days di Beeple, graphic designer americano (il cui vero nome è Mike Winkelmann): un collage di immagini che è stata poi venduta a 69.346.250 dollari.
L’asta ha segnato l’esordio di Christie’s nel mondo della criptoarte e ha reso Winkelmann il terzo artista vivente per prezzo di vendita di un’opera.
Alla luce di ciò, diversi stilisti e molti brand occhieggiano gli NFT: se c’è chi si batte per le famose Diamond Dream Stiletto di Stuart Weitzman e chi darebbe la vita per sfoggiare una Birkin di Hermes, perché non dovrebbe esserci chi, seppur solo online, possiede un accessorio esclusivo che può persino superare in valore i succitati pezzi iconici?
Gli sviluppi futuri
Certo, per sfruttare i Non-fungible token applicati alla moda, i brand tradizionali devono considerare che non tutti i clienti sono così avvezzi agli ambienti virtuali, né abituati alle criptovalute.
«Se i fashion brand voglio abbracciare i Nft dovranno iniziare a soddisfare i bisogni di una clientela demografica nuova, con un set differente di preferenze. A causa di queste barriere, le aziende del fashion dovranno collaborare con player con esperienza nel settore» commentano su Business of Fashion.
Non stupisce, infatti, che RTFKT Studios, prossimi a lanciare jeans NFT, si siano appoggiati a un designer giovanissimo per le sneaker “di prova”. È un dato di fatto che i Non-fungible token e gli ambienti virtuali trovino maggiore reattività nei Millennail più tecnologici o, meglio ancora, nella Generazione Z.
I giovani che appartengono alla Generazione Z, del resto, sanno destreggiarsi meglio nel mondo virtuale e sui social, ma sono anche particolarmente attenti alla causa ecologica. In questo senso, i NFT potrebbero essere anche una via da sviluppare dal punto di vista energetico.
Secondo uno studio della University of Cambridge, infatti, l’emissione di energia necessaria per fare affidamento sulla tecnologia Bitcoin in un anno supera quella utilizzata dall’intera Argentina. La speranza, quindi, è che i Non-fungible token trovino applicazioni e sviluppi più green delle altre monete digitali.