Quella dell’abbigliamento è una delle industrie più inquinanti, seconda solo alla petrolifera. Ogni livello della catena, infatti, dalla realizzazione dei tessuti alla produzione dei capi, fino al trasporto e al loro commercio, produce effetti devastanti in termini di impatto ambientale.

È arrivato quindi il momento di una presa di coscienza collettiva e di un’inversione di tendenza che viri verso tessuti sostenibili. Ma anche riciclaggio, supporto alle imprese green e soprattutto maggiore consapevolezza verso ciò che decidiamo di far entrare nel nostro guardaroba.

Cos’è il Repeat Dressing?

Oltre a fare attenzione che ciò che acquistiamo venga realizzato seguendo determinati parametri etici, una filosofia che potremmo sicuramente abbracciare è quella del Repeat dressing. Di che cosa si tratta? In pratica, indossare gli stessi abiti per più di una volta, senza sentirci a disagio.

Nata in Inghilterra, questa teoria si basa su un concetto semplicissimo ma che, negli ultimi anni, anche per colpa di un’industria della moda che propone nuove collezioni e tendenze a cadenza quasi mensile, si era un po’ perso tra spinte consumistiche portate all’estremo.

Sui social network la moda corre troppo veloce

Tra i fautori dell’idea di cambiare costantemente abbigliamento e apparire a tutti i costi ci sono i media tradizionali. Ma sul banco degli imputati, ci sono in particolar modo le piattaforme social che vanno per la maggiore, soprattutto tra i giovanissimi.

Non passa giorno, infatti, in cui l’influencer di turno non sponsorizzi l’ennesimo capo d’abbigliamento o accessorio di un brand in voga, narrato come un must have da possedere subito. O che la stessa influencer si faccia fotografare con dieci look diversi nella stessa giornata.

Nonostante si tratti nella maggior parte dei casi di accordi commerciali, il rapporto di vicinanza ed empatia che molte star social riescono a instaurare con la propria community fa sì che, spesso, anche molte ragazze comuni non si sentano a proprio agio postando foto o video su Instagram, Facebook o Tik Tok indossando gli stessi abiti.

A confermarlo anche uno studio dell’organizzazione benefica per l’ambiente Hubbub, che ha rivelato che un giovane su sei non indosserebbe lo stesso vestito una volta che è stato visto sui social media. Invertire la rotta si può Come? «È importante che tutti noi facciamo la nostra parte apportando piccoli cambiamenti individuali, per questo è iniziato un movimento che invita le persone a fare la loro parte indossando più volte gli stessi abiti senza vergogna» sottolinea il fondatore di Hubbub e ideatore del Repeat Dressing, Trewin Restorick.

Anche perché dal virtuale al reale spesso il passo è molto breve.

Kate Middleton Regina del riciclo

Fortunatamente, però, anche grazie a iniziative di questo tipo, sembra che la tendenza al consumismo estremo stia iniziando a perdere i primi colpi.

D’altra parte, che non ci sia nulla di cui vergognarsi nel riciclare i propri outfit, oltre ad essere abbastanza ovvio, ce lo insegnano anche alcune celebrities.

Prima tra tutte la Duchessa di Cambridge e futura Regina d’Inghilterra, Kate Middleton. Nonostante le evidenti possibilità economiche, Kate è una vera e propria maestra del riciclo. Infatti, non ha problemi a farsi spesso fotografare a eventi mondani con look già sfoggiati in precedenza, riscuotendo sempre molto successo.

Nonostante quella in cui stiamo vivendo sia l’era dell’apparire, dunque, se anche le teste coronate non hanno problemi a usare gli stessi abiti più volte, perché dovremmo farceli noi?

Via libera, dunque, a quella maglietta tanto amata che non tiriamo fuori dal cassetto da tempo pensando «l’ho messa mille volte, ormai me l’hanno già vista addosso tutti». O ancora di più a quell’abito indossato una volta e poi dimenticato nel fondo dell’armadio.

L’industria del fast fashion deve fare la propria parte

Quello del Repeat Dressing è solo l’ultimo tassello di un impegno verso la salvaguardia del Pianeta che dovrebbe vederci tutti coinvolti in prima linea. Compresi i colossi del fast fashion, ovvero la moda veloce e spesso usa e getta che guarda costantemente alle ultime tendenze. Inoltre, fonda le proprie strategie di marketing proprio sulla velocità di accantonare abiti ancora assolutamente usabili, per acquistarne di nuovi, spesso non così diversi.

Tali brand d’abbigliamento, inoltre, non di rado dietro a prezzi decisamente abbordabili si nascondono storie di sfruttamento ambientale o, peggio ancora, dei lavoratori.

Un motivo in più per limitare i nostri acquisti presso i loro store, come sostiene anche Katie Williams della Youth Climate Coalition del Regno Unito «Le tre parole che dobbiamo tutti ricordare sono ridurre, riutilizzare, riciclare».

L’idea del Repeat Dressing, se ci pensiamo bene, è fin troppo scontata. Perché dovremmo spendere soldi per comprare un nuovo capo quando potremmo indossare qualche volta in più e senza porci alcun problema, uno che abbiamo già?

Se questa nuova tendenza avrà il riscontro che merita, le parole buon senso e sostenibilità sostituiranno presto il vocabolo consumismo. Si tratterebbe di un successo che ci libererebbe, almeno in parte, dalla schiavitù dell’apparire, al quale applaudire tutte insieme.