Avremo bisogno di portare con noi molte cose, questa primavera. Altrimenti come si spiegherebbero tutte quelle tasche, tante, XL, portate in trionfo su ogni tipo di capo? È l’apoteosi del workwear e della praticità o c’è dell’altro? Sì, perché le tasche non sono mai state solo un dettaglio di stile. Simbolo della lotta per l’indipendenza, della scalata delle donne verso la conquista dei diritti, sono tutt’altro che un vezzo e la loro mancanza nell’abbigliamento femminile è stata discussa per secoli.
Per Christian Dior negli anni ’50, gli uomini avevano le tasche per riporci le cose, le donne per decorazione. Ma il ruolo delle tasche non è mai stato solo quello di contenere le chiavi, un fazzoletto o – parlando di indispensabili oggetti contemporanei – uno smartphone (peraltro i modelli di ultima generazione nelle tasche dei jeans da donna, più corte e strette, non ci stanno proprio). Per capire il significato delle tasche in cui infileremo le mani, bisogna fare un salto indietro nella storia.
Le tasche, in origine un dettaglio proibitissimo
Nel Medioevo non si ha traccia di tasche, solo di piccole borse legate alla cintura e poi protette sotto le giacche maschili e tra le sottogonne. Dalla fine del ’600, però, su cappotti, panciotti e pantaloni vengono cucite pratiche tasche in bella mostra: ma solo per i maschi, le donne continuano a portare le loro sacche nascoste. Quando, dopo la Rivoluzione Francese, nasce la moda degli abiti stile Impero più aderenti al corpo, anche quelle spariscono: non c’è più posto. Le donne ripongono i loro oggetti personali in sacchettini di stoffa decorata, contenuti in retine, le reticules. Risolto? Tutt’altro: pantaloni e tasche creano un nuovo tipo di disuguaglianza dato che le borsette, occupando mani o avambracci, limitano il movimento delle signore. In più, considerate le dimensioni ridotte, rendono difficile essere indipendenti in pubblico.
Oggi nelle tasche riponiamo di tutto o ci affondiamo le mani, assumendo un’aria rilassata e sicura. Proprio questa “attitude” potrebbe aver infastidito chi era al potere: quando ci si sente sicure, è più facile mettere in discussione le decisioni prese da altri al nostro posto, per esempio.
Le tasche al loro giro di boa
Le differenze funzionali tra abbigliamento maschile e femminile resistono nel tempo fino a fine ’800, quando alcune donne coraggiose e tenaci tentano di ripristinare l’equilibrio e, nel 1881, fondano a Londra la Rational Dress Society. Convinte che abiti e corsetti impediscano i movimenti e mettano a rischio la salute, le partecipanti incoraggiano l’uso di capi comodi, che permettano di fare ciò che fanno gli uomini, come andare in bicicletta o respirare senza svenire. Ed ecco anche comparire abiti dotati di tasche per riporre il necessario o semplicemente le mani (gesto considerato poco educato e femminile). Così quelle inermi fessure di stoffa diventano simbolo della lotta per i diritti politici delle donne.
A dare un’ulteriore spinta al concetto ci pensano le Suffragette, che ai primi del ’900 manifestano indossando completi pieni di tasche, piazzate in gran numero, per reclamare indipendenza e libertà. Esigenza che pervade tuttora le nostre ribelli scelte fashion, come sostiene la dottoressa Eleonora Noia del centro di ricerca ModaCult di Sociologia, Organizzazioni e Culture dell’Università Cattolica di Milano: «Il tema delle tasche spiega cosa cerchiamo oggi nell’abbigliamento: quello che indossiamo deve permetterci in modo agevole la conduzione delle nostre vite ritrovate. L’exploit delle tasche risponde a un desiderio di allontanamento dalle costrizioni, a una voglia di facilità di movimento e praticità legati al piacere di vestirci solo con ciò che ci fa sentire a nostro agio e che, proprio attraverso la comodità, ci rende più libere, forti e indipendenti». Il potere in tasca, ora come allora.
Tasche, la tendenza moda primavera-estate 2023
Oggi l’onnipresenza delle tasche ha diverse spiegazioni. Sono tante perché di battaglie da vincere in materia di gender gap ne abbiamo ancora parecchie. Sono ovunque (sui cargo pants, sulle tute da lavoro portate coi tacchi, sulle gonne-borsa due in una, sui little black dress multipocket, sulle classiche gonne di tweed con tanto di spacco, perfino sugli abiti da red carpet), perché testimoniano la necessità di una utility fashion, ovvero di abiti capaci di coniugare stile e funzione. Lo spiega bene Eugenio Gallavotti, docente di Giornalismo e Comunicazione della moda nelle università Iulm e Statale di Milano: «Le tasche sono figlie della sneakers culture di questi nostri tempi calamitosi in cui la parola chiave è la comodità, il desiderio di vivere in una perenne comfort zone, senza distinzioni di età, sesso, cluster, area geografica».
Secondo il professore, la moltitudine di tasche nelle collezioni moda primavera-estate 2023 non deve stupire per altri due motivi: la spinta della Gen Z verso la fluidità dei sessi e il risveglio delle istanze femministe avviato dal mo- vimento MeToo. «Però scommetterei che il numero delle saccocce disegnate per lei – e la loro ampiezza – non supe- rerà quello dedicato a lui». Ha ragione: il sistema moda non può compromettere la sovranità della borsa, accessorio fondamentale per il suo business globale. Quindi, indossa tutte le tasche che vuoi, mettiti comoda, sii stilosa e pronta a tutto, ma stai pur certa che non è ancora arrivato il momento di svuotare tracolle & Co. e relegarle in soffitta. Abbiamo pur sempre una casa da portarci dietro, no?