Devo dire che la metro di Milano, alle otto e mezza del mattino, è un osservatorio ben denso e piuttosto realistico di zaini. Quando sono appoggiata alla porta del treno (mi scuserà ATM), o ferma in attesa sul gradino prescelto delle scale mobili, e sono sovrappensiero, mi capita di lasciar cadere l’occhio sulle più o meno ingombranti estensioni delle schiene attorno e di fronte a me. Perdonami, la mia curiosità non è impicciona ma assonnata. O meglio, obbligata dalla prossimità. Di zaini ce ne sono di ogni tipo. C’è quello da professore, quello da consulente, quello da it-girl, quello da studente, quello da turista. Distese di sconosciuti di cui posso vedere solo le spalle, e ciò che reggono. E, immaginando, anche ciò che trasportano verso chissà quale noiosa o eccitante meta. Tutto questo preambolo mi è servito per catapultarti nella giungla milanese più o meno sotterranea, in cui da qualche tempo ho iniziato a distinguere una specie animale particolare. Molto piccola ma abbastanza diffusa. A volte ha le sembianze di un gattino, altre di un coniglietto, altre ancora di cagnolini, pulcini, tigrotti, paperelle. Pupazzetti per lo più zoomorfi, terminanti quasi sempre per “etto”, “ino” o “uccio”, morbidi, colorati, dolci, divertenti. In una parola che adoro: cute. Tenerezza portatile, attaccata a manici, cursori di zip, moschettoni e anelli vari. Penzolano da zaini Eastpak, marsupi Uniqlo, persino bauletti Louis Vuitton. Gli zoologi ben più esperti di me hanno già catalogato la specie come tendenza (o meglio, tendenza di ritorno, come praticamente tutte le altre che di recente finiscono sotto i loro binocoli): charms di peluche che si riproducono sugli e-commerce, si nutrono di desideri intimi e vivono agli angoli delle nostre borse. Come mai?
Da TikTok (e Jane Birkin) è tutto
Ne abbiamo visti tantissimi all’ultima Fashion Week, tanto in passerella quanto nei look streetstyle. Charms colorati e preziosi, spesso in morbido peluche, spesso in formato XL, a ornare borse di ogni genere. «Ho pensato fosse più divertente appenderci qualcosa, come l’orologio e tutti i miei braccialetti, che quando cammino tintinnano», aveva raccontato Jane Birkin in un’intervista alla CBS.
Lei era solita impreziosire la sua omonima borsa Hermès con ciondoli, rosari buddisti, frammenti di nastri e una moltitudine di altri piccoli oggetti. Oggi su TikTok ci pensa l’hashtag Jane Birkinifying a onorarne la memoria e la creatività: il trend consiste nell’accessoriare le borse con ninnoli personali per renderle più “nostre”, meno anonime. Appesi ai manici ci sono souvenir, portachiavi, portafortuna. Persino amuleti, portafoto in versione mini, tamagotchi. Ma soprattutto loro: i peluche.
Nella moda, più movimento e nostalgia
«A mio ricordo (sono cresciuta negli anni Novanta), quello dei charms in peluche appesi alle borse è uno dei “corsi e ricorsi storici” nella storia della moda. Quando ero piccola si usava appendere i Tamagotchi ai cellulari: più ne avevi più valevi. Le “grandi” li appendevano alla borsa insieme ai Truciolones. Il trend è comparso qualche anno dopo sotto forma di charms pelosi da appendere alle borse e agli zaini, catene di perline e portachiavi pompon di visone o altri (poveri) animaletti. È andato di nuovo in letargo ed è ricomparso intorno al 2015-16 proposto dai brand luxury; mi ricordo il pompon con il ciuffo rosso di Fendi. Era ovunque», mi racconta Anastasia Giangrande, Psicologa e Clothing Therapist. «Tutti i trend moda trovano uno spazio e un tempo per riproporsi. Ora più che mai la moda sembra un riciclo di vecchie idee, antiche ispirazioni, rimescolamento di cose datate. Ascriverei anche la tendenza dei charms in peluche a un tentativo di portare movimento e nostalgia in un ambiente moda sempre più percepito come noioso, piatto, appiattente e privo di stimoli vitali».
Una deviazione dal quiet luxury: si urla, non si sussurra
Nella suddetta giungla milanese mi è capitato di venire catturata da pupazzi morbidi al pensiero e divertenti alla vista. In un mare di omonimi zaini neri, o di altri cosiddetti “non-colori”, le versioni soffici e portatili di Hello Kitty e Winnie the Pooh sono una bella e amabile pennellata di tinta. Soprattutto in metro, alle otto e mezza, il lunedì mattina. «Per anni ci hanno e ci siamo fatti appiattire con questi richiami al lusso quiet luxury, colori neutri non in palette ma riverberanti la percezione di far parte di una certa classe sociale, con la tendenza alla repressione della spontaneità, dell’autenticità, a favore della creazione di personaggi statici creati con il copia-e-incolla – riflette Giangrande – Alla luce di questo è ragionevole pensare che il ritorno dei cuddle charms sia come una rivendicazione della spontaneità e della ludicità nell’abbigliamento cui si è abdicato per lunghi periodi.
«E poi ci rivedo anche un richiamo allo stile Kawaii, molto cute e divertente», aggiunge Anastasia. L’aggettivo giapponese kawaii, che si traduce con “carino”, si applica alla moda ma anche al design, al divertimento, al disegno, ai videogame, etc. per riferirsi a un’estetica fatta di colori pastello, volti buffi, forme tondeggianti e linee adorabili.
Charms sulle borse, pennellate sulla tela della nostra identità
Ma come mai, ciclicamente, peschiamo dai cartoni del passato i nostri personaggi preferiti e li facciamo danzare sulle nostre bags? «La borsa è la nostra tela bianca, contenuto e contenitore dei nostri vissuti mentali più intimi, delle nostre storie, origini, famiglie, desideri, proiezioni, identificazioni, scissioni, espressioni…», mi racconta la psicologa Anastasia Giangrande, che indaga il ruolo che l’abbigliamento ha nell’espressione della psiche e nella costruzione del sé. «Io trovo affascinante quanto una borsa possa dire di una persona, e allo stesso tempo quanto siamo inconsapevoli di ciò che manifestiamo di noi attraverso essa e ciò che contiene». Allora accessoriarla è forse un po’ come personalizzare ulteriormente il bagaglio – più o meno visibile – di suggestioni con cui ci muoviamo e presentiamo nel mondo.
«La borsa è poi manifestazione di dinamiche sociali e di gruppo. Quello di cui facciamo parte, o non vogliamo far parte, quello cui aspiriamo, quello cui ci illudiamo di appartenere. Per cui l’inserimento di cuddle toys può essere visto come ulteriore elemento di espressione, stratificazione e traslazione esterna dell’immagine interna che abbiamo di noi». Conclude Giangrande:
Sono anche un ottimo stratagemma per rappresentare la nostra parte bimba, tanto spesso messa a tacere o nascosta nella vita quotidiana; un modo per dire qualcosa in più di sé senza bisogno di parole.
Di peluche, infanzia e “scudi psicologici”
A proposito di bimbi… Quando (sempre in quell’ambiente-osservatorio underground di cui sopra) vedo ondeggiare dagli zaini quei simpatici peluche, non posso fare a meno di pensarmi bambina. Quei volti buffi mi teletrasportano nella mia prima cameretta dove, un po’ sul comodino, un po’ sul cuscino e un po’ tra le mie piccole dita paffutelle, abitava Trudi. Una paperella gialla morbidissima, regalo di mamma, che mi portavo alla pelle della guancia per non arrivare sola al cospetto di Morfeo. Non mi piaceva separarmene, così ogni tanto viaggiava con me nell’armadietto della scuola materna o nel portaoggetti del passeggino. Come fosse una comfort zone portatile, sempre pronta all’uso. «Secondo il pediatra e psicoanalista Winnicott, nello sviluppo infantile i bambini utilizzano l’oggetto transazionale, solitamente una copertina, un peluche o una bambola, che fornisce loro il conforto psicologico necessario per uscire progressivamente dal legame simbolico con il genitore», mi spiega Anastasia Giangrande.
I charms che evocano dolcezza, coccole, tenerezza, dalla forma e dalla consistenza tipicamente legate al mondo dell’infanzia, possono rappresentare un desiderio di comfort e sicurezza
E/o un bisogno di avere con sé un oggetto transazionale che funga da conforto nelle situazioni quotidiane, restituendo un senso di calore, calma e familiarità. Come per i bambini in fase di transizione dal legame genitoriale, i cuddle toys possono rappresentare uno “scudo psicologico”, un simbolo di protezione e rassicurazione cui attingere per affrontare l’ambiente esterno».
Tendenza dei charms per borse in peluche: effetto nostalgia?
«Come scritto prima, l’uso dei cuddle toys può anche essere un modo per esprimere il proprio lato tenero, affettuoso, ludico e infantile; il mezzo per portare fuori la nostra parte giocosa e spontanea in una maniera socialmente accettata – continua la psicologa – Possono anche essere utilizzati per stemperare outfit (e luoghi) molto seri portando in sé e fuori da sé un po’ di leggerezza ed allegria. E, mi viene in mente, il loro uso può anche essere riconnesso all’effetto nostalgia, uno stratagemma per riconnetterci a parti di noi del passato che sembra poter avere spazio solo nei nostri ricordi. In una accezione forse un po’ meno romantica, l’uso dei cuddle toys potrebbe essere anche un tentativo di esorcizzare e tener lontano il tempo che inesorabilmente trascorre e ci trasforma».
La cuteness è anche una questione di scienza
Quindi a guidarci sono a volte le tendenze (e dunque, conseguentemente, quello che troviamo sugli scaffali dei negozi o nella sezione “novità” degli e-commerce), a volte desideri o bisogni profondi che noi magari nemmeno avevamo messo a fuoco, a volte il potere che la moda ci consegna nel nostro tentativo di raccontarci al mondo. O tutti questi fattori insieme. Più la neuroscienza. «La pelle è l’organo sensoriale più esteso del corpo umano e le sensazioni che rileviamo attraverso essa, nel contatto con corpi e materiali, ha effetti a livello neurologico e psicologico», mi spiega Giangrande. «Esiste una pratica che si chiama Hug Therapy, la terapia dell’abbraccio, che ha influenzato molto il contesto moda nell’ambito del wellness fashion. Parte dal presupposto che i tessuti morbidi (come cashmere, cotone organico, velluto) e il peluche inducono sensazioni di morbidezza e accoglienza, le quali a loro volta stimolano il sistema nervoso parasimpatico fornendo un effetto calmante e rilassante, che può contrastare percezione di stress e ansia.
Il contatto con oggetti teneri evoca l’immagine del nido, della quiete domestica, la sensazione di essere coccolati e quindi richiama sensazioni di sicurezza e protezione
Questi materiali – continua la psicologa – fanno percepire la sensazione di essere avvolti, al sicuro, donano un’aura di comfort sensoriale. Possono avere un effetto calmante sulla pelle, ridurre la tensione fisica, muscolare e la percezione di stress. Stilisti come Rick Owens hanno riprodotto la sensazione rassicurante di un abbraccio mediante il design e la scelta dei tessuti. Molti accessori evocano benessere e comfort: sciarpe, coperte indossate come capi spalla (vedi Rihanna) o gonne, come visto nello street style della Copenhagen Fashion Week. E anche i cuddle toys». Così i charms in peluche hanno finito per ammorbidire non solo gli spigoli delle nostre borse (o zaini del lunedì), ma anche del nostro umore.