Un paio di anni fa, camminando per un parco, mia figlia ed io incontrammo un uomo che abbracciava un albero. Marta mi tirò la mano, era stupita: «Perché quel signore abbraccia un albero? Non ce l’ha una mamma?» mi chiese. La domanda mi fece sorridere ma non seppi dare una risposta esaustiva. Quel quesito mi è tornato alla memoria ora che il mondo vegetale è al centro di un trend, protagonista di una ricca letteratura capace di scalare le classifiche. Una vasta saggistica che tratta tematiche legate alla botanica in percorsi poetici o scientifici, divulgativi o persino mistici, ma sempre partendo da un presupposto: senza l’uomo le piante vivrebbero benissimo, l’uomo invece senza le piante morirebbe soffocato fisicamente e spiritualmente. E proprio da un’urgenza spirituale prende le mosse il monumentale lavoro di Tiziano Fratus, poeta, narratore e soprattutto cercatore d’alberi, che dal 6 settembre arriva in libreria con “Giganti Silenziosi” (Bompiani), un itinerario di carta (e corteccia) alla scoperta delle creature più longeve della Terra che affondano le radici nelle nostre città.
C’è chi vi cerca solidità
Da anni Fratus cerca i fratelli vegetali per i boschi e le foreste di tutto il mondo, li studia, ne fa una mappatura, li ascolta. «Ho iniziato quando avevo 30 anni» spiega. «Era un periodo di sradicamento, la mia famiglia non esisteva più e in California ho incontrato le sequoie millenarie. È lì che ho coniato il termine homo radix, una persona che vive un rapporto di stretta connessione con gli elementi naturali, cercando ospitalità nella solitudine dei grandi alberi, una sorta di cittadinanza con altre forme di esistenza e con la Madre Terra». Così Fratus, senza saperlo, ha risposto al quesito di mia figlia. Quel signore del parco magari una mamma ce l’aveva, ma stava abbracciando la Madre, con la M maiuscola, inconsapevolmente era un “uomo radice” e forse stava cercando pace in un momento di crisi. Sì, perché rifugiarsi nel verde induce calma e serenità, regolarizza il battito cardiaco, riduce l’aggressività, alza le difese immunitarie, aumenta l’energia, stimola la memoria… lo sostengono Marco Mencagli e Marco Nieri ne “La terapia segreta degli alberi” (Sperling & Kupfer), un manuale che tratta l’interazione tra piante e organismo per ottenere un profondo benessere psicofisico. Come a dire che per fare un albero ci vuole un seme, ma per fare un uomo (sano) ci vuole sicuramente un albero.
C’è chi vi cerca pace
Mentre leggevo questi autori mi è parso chiaro che le persone si possano dividere in due macro categorie: quelle che di fronte a una grande quercia o larice frondoso prendono posto all’ombra, con gli occhi verso la sommità, toccando la corteccia con le dita; e quelli che non resistono all’istinto di salirci sopra, arrampicarsi fino a dominare il panorama dalla sua cima. Un albero o lo si contempla o lo si esplora. Se Fratus, Mencagli e Nieri fanno parte della prima categoria, lo scienziato Stefano Mancuso con “Plant revolution” (Giunti) ha, verso il mondo vegetale, l’atteggiamento dell’esploratore, metaforicamente si arrampica fin sulla punta della pianta per dominare il paesaggio e il futuro dall’alto. «Le piante consumano pochissima energia, hanno un’architettura modulare, un’intelligenza distribuita e nessun centro di comando, non c’è nulla di meglio sulla Terra a cui ispirarsi» scrive lo scienziato. Le piante hanno una struttura e un “comportamento” più evoluto di quello animale, non potendo muoversi per esempio, l’unica maniera per sopravvivere è essere indistruttibili, sviluppare soluzioni intelligenti. Da quelle soluzioni dovrebbe iniziare la plant revolution.
C’è chi vi cerca la bellezza
Ma perché questo “tree trend” proprio ora? «Le piante sono la rappresentazione di un concetto caro ai nostri anni, quello della resilienza» mi spiega Valentina Paracchi, (www.facebook.com/Plantsittertorino/) 40enne torinese che dopo una carriera da marketing manager si è inventata il fortunato mestiere di plant sitter, offrendo consulenze per la gestione casalinga del verde. «Le piante sono in grado di rimarginare le loro ferite, lentamente ma con efficacia e forse anche rimarginare le nostre. Basta pensare al successo che ha la garden therapy. È un’onda lunga iniziata almeno 5 anni fa che ha coinvolto il design, la moda floreale, il turismo: da anni in provincia di Viterbo vengono da tutta Europa per dormire in una maison sull’albero nell’agriturismo La Piantata. È che siamo tutti alla ricerca di uno spazio di bellezza dove ritrovarci». E mentre medito sulla poca resilienza delle mie piante agonizzanti sul terrazzo e mi riprometto di occuparmene con più cura, ripenso all’uomo dell’abbraccio e mi sembra che la risposta più calzante alla domanda di mia figlia l’abbia data Christian Bobin, poeta e scrittore francese quando scrive: «Amo appoggiare la mia mano sul tronco di un albero davanti il quale passo, non per assicurarmi dell’esistenza dell’albero – di cui non dubito – ma della mia».