La scorsa settimana sui social si discuteva solo di lei: Armine Harutyunyan, l’artista e modella armena (la vedi nella foto sotto) che ha sfilato sulle passerelle di Gucci primavera-estate 2020. Secondo le voci, sarebbe la nuova musa della griffe diretta dallo stilista Alessandro Michele. Una bufala. Che ha alimentato un fiume di commenti violenti e misogini sulla ragazza, giudicata «non abbastanza bella» per fare l’indossatrice. E che ha fatto balzare il marchio Gucci in testa alle ricerche su Google. Un’abile mossa di marketing da parte della storica casa di moda?
La verità è che da quando c’è Alessandro Michele alla guida, la maison fiorentina scatena sempre il “buzz”. Come era successo con i look del cantante Achille Lauro all’ultimo Sanremo o con Ellie Goldstein, modella con la sindrome di Down scelta per promuovere il mascara della linea make up. Del resto, per lanciare i rossetti, Alessandro Michele aveva scelto di accompagnare le foto di modelle dalle labbra accese di rosso e dai sorrisi irregolari con lo slogan “La vera bellezza sta nell’imperfezione”. Chiaro, no ?
Alessandro Michele sa sparigliare le carte
Dunque no, non è solo pubblicità. Per lo stilista è un credo sincero, una filosofia di vita: chiunque può esprimere se stesso ed essere ciò che vuole. Concetto chiarito già con la sfilata A-I 17/18 quando, mandando in passerella la moda donna e la moda uomo insieme, Michele aveva dichiarato: «Non mi interessano le modelle, mi interessano le facce. L’epoca delle “modelle” è finita». Un modo per affermare che il particolare e l’inatteso, quello che fino a poco tempo fa era considerato strano, bizzarro o brutto, può cambiare verso e costituire il paradigma di una nuova bellezza cangiante e multiforme.
Già dal suo debutto come direttore creativo con la collezione uomo autunno 2015 (realizzata in appena 5 giorni dopo l’uscita di scena di Frida Giannini), Alessandro Michele aveva sparigliato le carte azzerando i generi e sfidando le convenzioni. Da lì non ha mai smesso di tracciare nuove strade. Se con Tom Ford alla direzione creativa, nella seconda metà degli anni ’90, Gucci era diventato il brand sexy e opulento, con il designer romano la griffe non solo si è trasformata in una delle più influenti degli ultimi anni ma ha fatto la rivoluzione. Nella moda, si intende.
Le sfilate, che ogni volta colpiscono e impressionano, per Alessandro Michele sono «accadimenti magici capaci di sprigionare incantesimi». Le passerelle possono essere asettiche sale operatorie popolate di cuccioli di draghi e teste mozzate (sfilata Cyborg 2018) o variopinti circhi che rivelano il dietro le quinte dello show (A-I 2020). Sul ruolo innovativo di Alessandro Michele concordano tutti. Scrive il New York Times che con lui Gucci non propone solo abiti, borse e oggetti, ma «vende una sensibilità: eccentrica, eclettica, inclusiva». L’attore Jared Leto (quasi un alter ego dello stilista romano) lo ha definito lo “Steve Jobs della moda” per le sue intuizioni e per la capacità di intercettare lo spirito del tempo.
Alessandro Michele sa parlare alle nuove generazioni
Lo scorso maggio, a fine lockdown, Alessandro Michele ha annunciato che ridurrà il numero di show annuali da 5 a 2: eliminata la distinzione donna e uomo, via anche quella fra stagioni e mezze stagioni, si sfilerà quando ci sarà qualcosa da dire. «Abbiamo bisogno di nuovo ossigeno per permettere a questo complesso sistema di rinascere» dice della moda.
Forse è proprio il suo stare fuori dagli schemi a conquistare Millennial e Generazione Z. Se il 55% degli acquirenti di Gucci è under 35, è perché il designer romano ha saputo intercettare la volontà dei giovani di rivendicare la loro unicità. Lo fa con i social media (su Instagram lui ha 700.000 follower, il brand quasi 41 milioni), condivide con i ragazzi l’attenzione alla sostenibilità e all’ambiente, l’amore per il vintage e l’arte in ogni sua forma.
Le tante giovani celebrities come le popstar Billie Eilish e Harry Styles, che non solo vestono il marchio ma ne sposano i valori, sono la conferma. Insomma, è grazie ad Alessandro Michele se Gucci non è più solo una griffe, ma una community di persone che concepiscono la moda come un ponte per la libertà, un contenitore incredibile e potente in cui sta tutto. È istinto, ma anche consapevolezza. Come dice lui: «Quando qualcuno vuole mettere dei recinti alla tua vita, allora bisogna rompere le barriere».