Si chiama “gap year” e se ne parla molto da quando Malia Obama ha dichiarato che lo farà prima del college. Cos’è? Letteralmente, in inglese, vuol dire “anno di intervallo” ed è un periodo sabbatico che molti ragazzi, dopo il liceo, usano per viaggiare, fare volontariato e raccogliere esperienze di lavoro. Nel mondo anglosassone è una tradizione ben radicata e una voce del curriculum importante, considerata al livello di laurea e master, tanto che le aziende assumono con più facilità candidati che hanno fatto questo tipo di esperienza. In America facoltà prestigiose come Harvard e Princeton lo caldeggiano e, secondo i dati della American Gap Association, in media, sono tra i 30 e 40 mila i giovani che intraprendono questo percorso.
E in Italia? «È ancora poco diffuso. In parte perché da noi per iscriversi a qualsiasi facoltà basta andare in segreteria, mentre all’estero è obbligatorio aver esperienza (è sufficiente uno stage) nella materia che si andrà a studiare» spiega Beatrice Cito Filomarino, fondatrice di Educational Consultants, società di consulenza per lo studio all’estero (educationalconsultants.it). «Pesa anche il fatto che i nostri studenti arrivino all’università almeno un anno più tardi rispetto al resto dell’Europa. Da noi, fra elementari, medie e liceo servono 13 anni di studi, all’estero 12. E questo ritardo spaventa i genitori» commenta Domenico Squillace, preside del Liceo scientifico Volta di Milano. In realtà, il gap year può essere un ottimo investimento sul futuro dei nostri figli: l’importante è saperlo affrontare nel modo giusto. Scopri qui come.
Perché fa bene ai ragazzi
Secondo uno studio condotto dall’associazione Gap Year (gapyear.com), durante l’anno sabbatico all’estero si registrano significativi miglioramenti nella capacità di adattarsi, di comunicare, di lavorare in team e di parlare una lingua straniera. «Un periodo passato fuori dall’Italia (o anche semplicemente fuori casa) è un’occasione di grande arricchimento» fa notare il preside Squillace. «Per i professori l’anno sabbatico non è mai stato un anno di riposo, ma di formazione profonda. Lo stesso per i ragazzi, che si mettono alla prova “facendo”, sperimentando, prendendo iniziative. Non solo: l’esperienza è sempre sprovincializzante, proietta nel mondo vero, non accademico».
Le possibilità sono tante. «Per esempio il job shadowing, che si sta diffondendo anche in Italia: consiste nell’affiancare un professionista durante uno stage in azienda. Una prassi che aiuta ad acquisire competenze specifiche» spiega Beatrice Cito Filomarino. È un modo per toccare con mano il mestiere che nostro figlio vuole fare da grande e capire se è davvero giusto per lui. «Sperimentare mette al riparo da una possibile scelta sbagliata, e i dati lo dimostrano: in Gran Bretagna, dove il gap year è più diffuso, il 90% degli iscritti all’università si laurea; in Italia non si arriva nemmeno al 50%» aggiunge l’esperta. E se il ragazzo torna insoddisfatto? «Bene! Si sarà reso conto che quella strada non fa per lui. E capirà cosa lo appassiona davvero» commenta il professor Squillace.
Perché i genitori non devono avere paura
«Il segreto per la buona riuscita di un anno all’estero sta nel cercare le esperienze giuste, legate all’indirizzo di studi che il ragazzo pensa di scegliere. Tuo figlio vuole iscriversi a medicina? Può andare in Africa, Sud America o India con una onlus a assistere i malati del luogo. Lui ti propone l’isola dei Caraibi? Vorrà dire che si impegna a seguire un corso di primo soccorso e a prendere contatti con il medico del villaggio per fargli da assistente o curargli lo studio».
C’è da dire poi che, sebbene si chiami “anno sabbatico”, la durata è flessibile e può ridursi a sei mesi. «In Italia non è possibile iscriversi all’università anche a febbraio (cosa prevista in Olanda, per esempio). Ma se il ragazzo sceglie una facoltà senza obbligo di frequenza e si impegna a recuperare da solo le lezioni che ha perso, puoi pensare di farlo partire dopo la maturità e rientrare a anno accademico iniziato». Ma le spese sono tutte a carico di mamma e papà? «In tutto il mondo ci sono progetti di “work and stay”: si lavora in un ostello o in una famiglia dando un aiuto e in cambio si riceve vitto e alloggio» risponde l’esperta. «Così, l’unico costo da affrontare è il volo». E quello potrebbe essere il tuo regalo per la maturità.