Più difficile di diventare famosa è rimanere popolare. Nel documentario che racconta i suoi primi 15 anni di celebrità, Miss Americana su Netflix, di Taylor Swift esistono quantomeno 5 versioni: bambina prodigio del country; popstar al debutto globale; cantautrice di disgrazie amorose; sexy macchina da guerra; paladina dei diritti propri e altrui. Un percorso estenuante, che lei descrive con lucidità: «Le artiste che conosco si sono dovute reinventare almeno 20 volte più dei colleghi maschi. È un dovere, altrimenti sei fuori. Bisogna trovare sempre nuove sfaccettature da mostrare al pubblico. Essere giovane, essere nuova, ma nella maniera che vogliono loro. Abbastanza interessante da intrattenerli, ma non così fuori di testa da metterli a disagio».
Lo stesso documentario, in fondo, è un tentativo di riposizionare la reginetta dei cuori infranti presso un pubblico adulto. Un’operazione anche cosmetica, senz’altro, ma in una direzione coraggiosa: per diventare grande Taylor Swift ha scelto di respingere lo sguardo maschile, smettere di giocare all’ingenua, rivendicare il diritto di essere sazia – «Pensavo che sentirsi svenire a metà concerto fosse normale» – e persino un po’ goffa, ma con la testa piena di opinioni.
Non sta improvvisando: nel 2015 fu lei a costringere Apple Music a pagare meglio gli artisti offerti in streaming; nel 2017 denunciò un fan molesto e finì sulla copertina di Time con le “Silence Breakers”, le donne che hanno restituito voce alle vittime; durante le elezioni americane di Midterm nel 2018 invitò i fan a votare, con conseguente record di registrazioni; dallo scorso giugno combatte contro i manager della sua ex casa discografica per il controllo dei suoi primi dischi. Non è una tipa accomodante, Taylor Swift: non lo è mai stata. Adesso ha anche smesso di far finta.
Una bambola che rifiuta di mostrarsi innocua fa sempre un po’ paura
Per una bionda bella e con l’ambizione del successo, d’altra parte, fin qui era doveroso tra le competenze artistiche coltivare anche una certa arrendevolezza. Il carattere viene perdonato alle bruttine (fa colore) oppure alle inesorabilmente vecchie (è una medaglia) ma una bambola che rifiuta di mostrarsi innocua fa sempre un po’ paura. Quando nel 2013 Margot Robbie venne scelta per la parte della sventola smutandata in The Wolf of Wall Street sembrava avere il destino segnato: ruoli da preda splendente, sentimenti vivisezionati per il pubblico intrattenimento, magari un paio di gravidanze da copertina.
Invece ha deciso di sfidare il branco: «Non volevo essere sempre “la moglie di” o “la fidanzata di”, soltanto un catalizzatore per la storia del maschio protagonista» ha detto a Harper’s Bazaar. Per questo ha fondato una casa di produzione, la LuckyChap, e i ruoli ha cominciato a crearseli da sé. È stata candidata all’Oscar per Io, Tonya, pattinatrice feroce e ferita, e ancora quest’anno per Bombshell, cronaca vera di molestie in tv. Al cinema in questi giorni è la Harley Quinn di Birds of Prey, la risposta delle super-cattive ai dolori del giovane Joker, e intanto si appresta al triplo salto mortale: rendere femminista il nuovo film sulla Barbie, con l’aiuto in regia di Greta Gerwig. «Qualità, varietà, longevità», dice, sono i suoi criteri di selezione: non mi pare si faccia mancare niente.
Per essere prese sul serio non è più necessario fare come Saoirse Ronan, la Jo di Piccole donne: film in costume, riga in mezzo, trucco invisibile. Non serve più Nascondersi dietro un’aria ieratica e abdicare a ogni frivolezza
La vanità non è una controindicazione all’intelligenza
Per Jennifer Lawrence è stato più laborioso. All’inizio è rimasta incastrata nello stampino della bella e sfacciata, campionessa olimpica di rutto in abito da sera: quella che sa sempre stare al gioco. Poi un anonimo ha caricato sul web alcune sue foto private, e a lei è passata la voglia di scherzare: «Non è uno scandalo: è una molestia. E solo perché faccio l’attrice non significa che me la sia andata a cercare». Certi maschi hanno scosso la testa: che rigidona. Ma Lawrence ha guadagnato padronanza, e la determinazione per scegliersi un futuro su misura. Addirittura, dopo l’esperienza horror di Mother!, ha fatto quello che per un’attrice all’apice della popolarità era impensabile: ha preso una pausa, un anno tutto per sé. Si è sposata, persino, e adesso sta per tornare con progetti inusuali e cachet da grande diva. Anche i privilegi si possono scegliere: è questa la novità.
Per essere prese sul serio non è più necessario fare come Saoirse Ronan, la Jo di Piccole donne: film in costume, riga in mezzo, trucco invisibile. Nascondersi dietro un’aria ieratica e abdicare a ogni frivolezza. La vanità non è una controindicazione all’intelligenza, la risolutezza non è un ostacolo alla femminilità. È solo il modo nuovo che hanno le ragazze di stare al mondo.