È la più giovane miliardaria che si è fatta da sé, secondo Forbes. Whitney Wolfe Herd – anni 31, professione imprenditrice femminista – ha detronizzato Kylie Jenner, recente chiacchieratissima detentrice del titolo, non solo perché a una conta effettiva dei soldi la più piccola del Klan Kardashian non risultava ricca quanto dichiarato (molto fumo e poco arrosto: chi l’avrebbe mai detto), ma soprattutto perché Whitney è davvero una che ce l’ha fatta. Senza avere alle spalle un impero di famiglia, né una fama da influencer internazionale, ma solo una storia costruita su buone idee, qualche sconfitta e una titanica determinazione. Poi, sì, ha anche un marito petroliere, ma non divaghiamo.

Chi è Whitney Wolfe Herd

Whitney Wolfe Herd è diventata miliardaria lo scorso 11 febbraio con il debutto in Borsa di Bumble, l’azienda che ha fondato nel 2015 per produrre un’app di incontri caratterizzata da un’inedita modalità di funzionamento: se l’aspirante coppia è eterosessuale, a fare la prima mossa può essere solo la donna. Basta con quei messaggi invadenti e volgarotti ai quali certi maschi si sentono autorizzati in virtù di una generica disponibilità: su Bumble, se lei non gli rivolge la parola entro 24 ore, lui scompare. Comodo, no? D’altra parte, Whitney è sempre stata una tipa sveglia: quando era ancora all’università a studiare Relazioni internazionali aveva messo in piedi un piccolo progetto per aiutare le zone colpite dalla fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico, vendendo borse di bambù alle celebrità. Certo, bisognava avere i contatti giusti, ma pure una certa intraprendenza.

Nel 2012 comincia a lavorare a Tinder

A 22 anni viene chiamata in Hatch Labs, un incubatore di start up, e nel 2012 comincia a lavorare a Tinder, l’app di incontri di cui – sostiene – ha inventato il nome, oltre che la strategia di marketing. Come spesso capita quando si collabora a un progetto entusiasmante, nello stesso periodo Whitney la sera esce con uno degli altri 2 fondatori di Tinder, Justin Mateen: niente di serio. Almeno fino a che lei non conosce un altro – incidentalmente: Michael Herd, il suo futuro marito – e lui diventa «verbalmente prepotente e molesto».

Quando si lasciano, Whitney scopre di essere stata cancellata dall’elenco dei co-fondatori nella presentazione della società, e alla sua richiesta di spiegazioni, “i ragazzi” rispondono che, suvvia, nessuno prenderebbe mai sul serio una start up fondata da una ragazzina. Lei li denuncia, con contestuale pubblicazione di alcuni sgradevolissimi sms dell’ex, e si ingegna subito per ricominciare. Vuole assolutamente evitare che la pubblica diatriba, conclusa con un accordo economico privato, diventi la caratteristica biografica che la definisce: non intende passare alle cronache come “quella che ha fatto causa a Tinder”. Vuole lasciare un segno.

Silicon Valley e misoginia

Il problema della misoginia negli ambienti a elevato tasso tecnologico è noto e documentato da tempo: nella Silicon Valley le donne rappresentano solo il 25% della forza lavoro (una percentuale che precipita al 12, se si considerano solo le posizioni dirigenziali). Per molti osservatori, e anche per considerazioni di banale buon senso, questa è la ragione per cui nessuna delle grandi piattaforme di social networking ha mai implementato misure anti-molestie sin dalla fase di progetto, e il web tende a diventare in fretta un posto spiacevole, quando non proprio pericoloso, per le ragazze.

La prima idea di Whitney è di sviluppare una app dedicata agli adolescenti, dove sia possibile postare solo commenti positivi: «Volevo fare qualcosa che promuovesse un comportamento responsabile online: c’è fin troppo spazio per essere osceni e menefreghisti» dirà nel 2015 a Insider. Ma Andrey Andreev, il co-fondatore di Badoo, concorrente di Tinder, la convince che è soprattutto l’industria del dating ad aver bisogno di questo approccio. Whitney Wolfe Herd si trasferisce a Austin, Texas – dove vive il fidanzato, sì, ma anche dove non arrivano echi dalla California – e alla fine del 2014 fonda Bumble.

Bumble ha più di 100 milioni di utenti

Oggi la app ha oltre 100 milioni di utenti in tutto il mondo, e lei è autonomamente miliardaria. Nel 2017 si è sposata con quel Michael Herd a Positano. Nel dettagliatissimo articolo che su Vogue America descrive la maratona nuziale (3 giorni, come una Kardashian) Whitney racconta che quando si sono conosciuti, a sciare, è stata lei a fare la prima mossa. Naturalmente. Ma non basta reclamare il controllo per garantire il diritto alla pari dignità: serve una modifica strutturale.

Bumble può contare sull’80% di dirigenti donne, 9 su 11, e un’attenzione meticolosa al principio di “accountability”: ognuno è chiamato a rendere conto di quello che fa, nessuno si senta impunito. Le foto che ci si scambia hanno sempre sovrimpresso il nome del mittente, e quando un’utente ha denunciato il comportamento aggressivo di un certo “Connor”, sul blog di Bumble è comparsa una fenomenale lettera aperta per spiegare a lui – e a quelli come lui – i principi cardine della civiltà. «Non è un’app di dating: è un movimento» sostiene Whitney Wolfe Herd. Per cambiare la società, bisogna cominciare dal primo appuntamento.

→ Bumble, un successo da manuale
Nata 7 anni fa, la app di dating Bumble nel primo giorno di quotazione in Borsa, l’11 febbraio, ha capitalizzato 7,7 miliardi di dollari (fonte Cnbc). È la piattaforma di dating più utilizzata negli Stati Uniti, dopo Tinder. L’80% di dirigenti è donna.