«Acidity is not a crime». È la scritta che campeggia sopra l’ingresso de La Caffeteca, a Forlì, dove si assaggiano caffè selezionati e tostati dal campione del mondo 2017 di roasting, Rubens Gardelli, italianissimo. Questa frase invita chi entra nel locale a sorseggiare l’espresso con più consapevolezza e a percepirne tutte le sue sfumature di gusto. Acidità compresa (che, per chi se ne intende, è un pregio). D’altronde qui, si bevono solo “specialty coffee” che, tradotto, significa micro produzioni monorigine, di alta qualità, ognuna con il Paese di provenienza ben specificato e la sua peculiarità, che può andare dal sentore di frutti rossi a quello di marzapane fino allo zest di limone.
In Italia ci sono 400 caffetterie
La Caffeteca è solo una delle circa 400 caffetterie italiane (su 200.000 bar) che in Italia ce la stanno mettendo tutta per mantenere i riflettori puntati su una bevanda che, pur essendo uno dei simboli del nostro Paese (è stato premiato da poco anche con il Superior Taste Award 2021 dall’International Taste Institute di Bruxelles), non è valorizzata come dovrebbe. Sorseggiare una tazzina al bar spesso è un’abitudine a cui non prestiamo molta attenzione. Quanti di noi si accontentano di un espresso annacquato, che sa di bruciato o addirittura di stantio? «Finalmente il caffè inizia a essere percepito come un alimento di qualità, che merita di essere pagato anche qualche euro in più. Ora lo si geolocalizza, ripercorrendo ogni fase della sua filiera di produzione, poi lo si racconta e lo si degusta. Un po’ come è successo negli ultimi anni con la pizza, il vino o la birra» spiega Gianni Tratzi, barista professionista e titolare di Mezzatazza Consulting, società di consulenza per la coffee industry (mezzatazza.com).
E tante saranno le iniziative in questa direzione, a partire dalla Giornata internazionale del caffè, in programma il 1° ottobre. Ma ci sono anche una sfilza di festival a tema, come quello che si è appena concluso, inmmaginate un po’, a Londra: anche la patria del tè subisce il fascino della tazzina! Seguiranno Amsterdam, Parigi e poi, a novembre 2022, Milano (globalcoffeefestival.com).
Come si prepara un buon caffè espresso
In questo scenario, la figura del barista acquista sempre più importanza. Ed è sempre più richiesta dalle caffetterie specializzate. Perché è lui che si occupa della pulizia della macchina, sa come valorizzare le miscele e può spiegare al cliente cosa sta bevendo. «Avete mai osservato come si muove chi ci prepara l’espresso al bancone? Ci sono alcuni aspetti da osservare per capire se sta facendo un buon lavoro. A partire dalle basi: guardate se utilizza spugne differenti per pulire la macchina del caffè e il bancone, se macina i chicchi al momento o fa scorrere (in gergo “flussa”) l’acqua dopo aver schiumato il latte per il cappuccino. Poi, contate i secondi che impiega l’espresso a scendere: se rientra tra i 20-30 è un caffè estratto bene, altrimenti no. Sarà acquoso, dal sapore troppo forte o amaro» continua Tratzi, che dal 27 settembre sale anche in cattedra al primo corso italiano per Maître del caffè, certificato a livello europeo e proposto dal Congusto Gourmet Institute (congusto.com).
Il ritorno delle torrefazioni
Intanto le torrefazioni, con o senza la caffetteria interna, dopo anni difficili, stanno tornando alla grande. E si tratta di realtà sempre più attive, variegate, che non solo tostano e vendono caffè, ma organizzano lezioni di coffee sensory skills, come Garage Coffee Bros, a Verona (garagecoffeebros.com). Un altro esempio è Ditta Artigianale, che ha tre locali a Firenze ed è l’unica che per ora è riuscita a piazzare alcuni dei suoi caffè di qualità anche sugli scaffali dell’Esselunga (dittaartigianale.it). «Il merito di queste caffetterie di qualità è anche quello di averci spalancato le porte del “brewing”, un nuovo trend di consumo che valorizza i chicchi estratti in modi diversi» sottolinea Tratzi. Il termine si può tradurre proprio con la parola “estrazione” e si riferisce ai tanti tipi di caffè filtro, dalla classica moka alla french press fino alla chemex.
Non solo espresso
Sì, perché non c’è più solo l’espresso. Ognuno di questi infusi permette di gustare, proprio come si fa con il vino, una bevanda ogni volta diversa: più intensa e corposa oppure dolce e aromatica. A patto però che la materia prima sia di qualità, con la giusta macinatura e il giusto grado di tostatura.
Ma il mondo del caffè cresce anche al grido di “girl power”: in Inghilterra, dalle parti di Bath, è nata Girls who grind coffee (girlswhogrindcoffee.com), una torrefazione tutta al femminile, dallo staff fino alle lavoratrici delle piantagioni. E sono solo un esempio perché miscele o monorigini provenienti da farm gestite al femminile si diffondono sempre di più. Tanto che adesso le donne del caffè si sono create un’associazione tutta loro, la International Women’s Coffee Alliance, per tutelarsi in tutto il mondo (womenincoffee.org).